Alpha e Beta non bastano per stimare un fondo

A cura di Daniele Bernardi, Ad Diaman Scf
La scorsa settimana con il post Come stimare l’Alpha e il Beta di un fondo abbiamo visto insieme come si calcola il Beta e l’Alpha di un fondo o un titolo rispetto al proprio benchmark o indice. Perché è tanto utile stimare il Beta e l’Alpha di un fondo?
Supponiamo di avere un fondo che, mentre il mercato di riferimento guadagna il 10%, si apprezza del 15%. L’apprezzamento è dovuto al maggior rischio preso rispetto al mercato (Beta maggiore) oppure alla abilità del gestore (Aplha maggiore di zero)?
Facciamo due esempi: il gestore A ottiene rispetto al benchmark tali risultati (tabella A)

che si traducono in un grafico cartesiano dove sulle X ci sono i rendimenti (sia positivi che negativi) dell’indice e sulle Y i rendimenti (sia positivi che negativi) del gestore A per ogni periodo di osservazione.

Come vedete l’Alpha è leggermente negativa, il Beta è poco inferiore a 1.
Questo si traduce in un fondo che va leggermente peggio del benchmark.
Supponiamo invece un gestore molto più bravo del primo che ottiene sistematicamente un rendimento leggermente migliore al gestore A.
Il beta è lo stesso, ma l’Alpha è positivo, quindi significa che il rendimento del fondo sarà superiore sia al Benchmark che al primo fondo, pur avendo un Beta (esposizione al mercato) leggermente inferiore a 1.

Tutto questo si può vedere anche in forma tabellare con le serie storiche.

Fantastico, quindi abbiamo un sistema per capire se un gestore è più bravo dell’altro; ehm, si, forse, con alcune eccezioni in realtà.
Tutte queste valutazioni hanno significato se un numero che vedete nei grafici è elevato, ovvero il cosiddetto R2, ovvero R quadro, ovvero il cosiddetto coefficiente di determinazione.
Come funziona?
se ipotizziamo che il Benchmark e il fondo crescano perfettamente in maniera sincronica, per esempio un buon ETF e il proprio indice, allora il Beta sarà uguale 1, l’Alpha sarà uguale a zero, i punti perfettamente allineati e quindi il cosiddetto R2 sarà uguale ad 1, perché gli scostamenti tra la retta di regressione ed i punti saranno uguali a zero.
Questo coefficiente di determinazione Rquadro può oscillare da 1 a 0, più i punti si allontanano dalla retta, più il coefficiente di determinazione tende a zero e quindi la validità di questa analisi non ha significato.

Come potete vedere, molte rette potrebbero interpolare i punti abbastanza bene, trascurandone altri però, quindi nella realtà non è possibile rappresentare bene la relazione tra i rendimenti del gestore rispetto all’indice e questo viene rappresentato bene dal Rquadro molto vicino a Zero.
Ho trovato su internet questa vignetta molto carina che esemplifica il concetto (scusate l’inglese).

Un altro problema a cui stare attenti e che può inficiare i risultati di valutazione sono i cosiddetti “outlayer”, ovvero i dati estremi che per come è costruita la matematica della regressione lineare può portare a valutazioni errate.
ATTENZIONE A…
Vi faccio un esempio concreto, vi ricordate il gestore A dell’inizio del post? Beta=0,98 e Alpha=-0,02; un po’ scarsino, non sarebbe sicuramente selezionato da un gestore patrimoniale.
Supponiamo  però che i dati siano settimanali e che la settimana prima del comitato investimenti il mercato cresca del 3% e il fondo solo dell’1%.

La nuova analisi sarebbe completamente diversa, con un beta di 0,68 e un’Alpha che diventa positiva del 0,03 (quindi buono); tutto questo per un solo dato diverso rispetto alla regressione precedente.
Per fortuna che ci viene in contro il R2 che crolla a 0,69 e che ci fa capire che la nuova regressione  ha meno significato statistico rispetto a quella precedente.
Quindi bisogna fare attenzione ai dati e agli outlayer, perché è facile inficiarne il risultato e prendere anche forti abbagli.

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