Azionario emergenti pronto a superare gli ostacoli di percorso

A cura di Gonzalo Pangaro, Portfolio Manager, Global Emerging Market Equities di T. Rowe Price

Le prospettive dei mercati emergenti sono sempre positive. Il miglioramento della crescita economica e la ripresa degli utili societari dovrebbero essere di buon auspicio per l’anno a venire. La crescita economica rispetto ai mercati sviluppati si è stabilizzata. Di fatto, il premio di crescita sta nuovamente aumentando, grazie ai segnali di ripresa in arrivo dalle economie più importanti – Russia e Brasile – che hanno attraversato un periodo di grave recessione. Le economie asiatiche continuano intanto a esibire un robusto andamento, in particolare l’India, la cui crescita mostra dinamiche estremamente vivaci. L’India è un ottimo esempio di un paese che non ha esitato a introdurre le difficili riforme necessarie per garantire il proprio futuro. Il primo ministro Narendra Modi ha dimostrato determinazione, adottando misure impopolari a breve termine per riposizionare l’economia nazionale in modo da promuoverne la crescita strutturale.

L’economia cinese, viceversa, continua a perdere slancio. Tuttavia, un rallentamento della crescita non va confuso, a nostro parere, con una crisi. La Cina possiede, in ultima analisi, la capacità e la volontà di adottare politiche per impedire che le proprie dinamiche economiche e del debito finiscano nel caos. È inoltre importante ricordare che il Paese sta attraversando una fase di radicale transizione da economia trainata da industria e investimenti a una basata sui servizi e la domanda al consumo. Si tratta di un processo di trasformazione pluriennale che dovrà essere attentamente seguito sul lungo periodo. A parte la Cina, la crescita economica dei mercati emergenti nel complesso appare in fase di accelerazione.

Il miglioramento della crescita economica sta creando un contesto più favorevole per gli utili aziendali. Nel 2016, si è prodotta una svolta degli utili nei mercati emergenti, dopo diversi anni di risultati deludenti. Questo miglioramento è riconducibile in parte alla ripresa delle materie prime, ma abbiamo assistito anche a un crescente numero di esempi di aziende che hanno cercato di risolvere i problemi con le proprie forze, concentrandosi sempre più spesso sul controllo dei costi, su una maggiore efficienza della spesa in conto capitale e sul miglioramento dei rendimenti per gli azionisti.

Nella maggior parte dei paesi emergenti i margini di utile si mantengono sotto le medie storiche, ma la ripresa della crescita e la maggiore disciplina nella gestione dei costi possono favorirne il miglioramento. Abbiamo già rilevato alcuni timidi segnali di espansione dei margini tra società esterne al settore finanziario. Soprattutto, per la prima volta in cinque anni, in alcuni mercati la produttività sta aumentando a un ritmo più elevato rispetto ai salari reali.

Malgrado il robusto rialzo messo a segno nel 2016 dai listini azionari, le valutazioni dei mercati emergenti presentano ancora uno sconto interessante rispetto a quelle dei paesi sviluppati, in particolare in termini di rapporto prezzo/valore contabile. In base ai rapporti prezzo/utili, i livelli valutativi sono meno uniformi, e in alcuni settori – come ad esempio i beni di consumo primari e l’assistenza sanitaria – appaiono leggermente superiori alle medie a lungo termine. La crescita degli utili, sinora relativamente anemica, potrebbe migliorare nel 2017, il che ci rende più positivi sui livelli attuali delle valutazioni.

Nel 2017 uno dei fattori sfavorevoli ai mercati potrebbe essere l’impatto delle politiche del presidente Trump. Se il nuovo presidente dovesse mettere in atto le politiche protezioniste promesse agli elettori, le esportazioni di numerosi paesi emergenti potrebbero risentirne.

È tuttavia ancora troppo presto per poter valutare tutte le conseguenze. Molto probabilmente la nuova amministrazione adotterà un programma di stimolo alla crescita composto da tagli alle imposte, minore regolamentazione e spesa per infrastrutture. Se così fosse, tali misure potrebbero dare impulso alla crescita globale, e in passato condizioni di questo tipo si sono sempre rivelate favorevoli ai mercati emergenti. Tuttavia, alla luce delle minacce ventilate da Trump in materia di commercio e dazi durante la campagna elettorale, è lecito chiedersi se i mercati in via di sviluppo saranno in grado di partecipare a tale crescita.

Pur nell’incertezza, riteniamo attualmente che Trump assumerà una posizione più pragmatica nelle priorità e nelle politiche perseguite. Prevediamo che, alla fine, adotterà una posizione più realistica e favorevole alle imprese, in particolare per quanto riguarda il commercio.

Per il momento, le aspettative di un’accelerazione della crescita statunitense stanno spingendo al rialzo le stime d’inflazione e la curva dei rendimenti si è irripidita. È pertanto possibile che, dopo un periodo durato diversi anni, il ciclo dei tassi d’interesse statunitensi sia arrivato al punto di svolta. L’aumento dei tassi sta risvegliando i timori di un calo dei flussi di capitale (IDE) e di un indebolimento delle valute nei mercati emergenti.

Tuttavia, oggi la maggior parte di queste economie è in grado di far fronte alle strette della Federal Reserve, che in ogni caso saranno probabilmente di modesta entità. In questi ultimi anni i saldi di parte corrente dei paesi emergenti sono migliorati, le riserve di valuta estera sono aumentate, i tassi d’interesse reali sono saliti e molte valute si sono deprezzate. Per questo motivo le nostre previsioni si sono fatte più rosee e solo una drastica accelerazione dei tassi d’interesse statunitensi potrebbe indurci a ritoccarle al ribasso. In effetti, sebbene i tassi d’interesse reali siano ancora relativamente alti in vari mercati emergenti, il rallentamento dell’inflazione dovrebbe consentire alle banche centrali di queste economie di reagire riducendo i tassi.

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