Come valutare la competenza di un gestore di fondi: il punto di vista di un gestore

A cura di Stuart Canning, M&G Investments
Stuart Fowler, uno dei più lucidi commentatori dell’industria degli investimenti presenta con chiarezza i problemi incontrati da tutti gli investitori  alla ricerca di gestori a cui affidare la cura del loro patrimonio:

“Ipotizziamo che [l’investitore] sia convinto che esistano [gestori competenti]… In questo caso dovrà selezionare personalmente i gestori o scegliere un agente che abbia le competenze necessarie per selezionare dei gestori capaci. Stiamo parlando di tre competenze ben distinte…”

Se gli stessi studiosi sono divisi sull’esistenza di una reale competenza a livello di gestione attiva, quali criteri dobbiamo adottare per individuare chi possiede tali capacità? E se un privato decide di rivolgersi a un intermediario (un consulente finanziario) affinché scelga i gestori al suo posto, come potrà analizzare le capacità di tale intermediario?
L’industria cerca da tempo di trovare una risposta a tali quesiti. Ma in un momento in cui la tecnologia consente sempre più di replicare i processi decisionali utilizzati dai gestori, individuare competenze che giustifichino il pagamento di commissioni attive è diventato sempre più importante. Il testo che segue descrive l’approccio che noi gestori di fondi consideriamo più adeguato per affrontare questa sfida.
Fidarsi dei computer?
Come i gestori di fondi, i selezionatori di fondi hanno elaborato una gamma di strumenti statistici in grado di supportare i processi decisionali. Si va da semplici coefficienti, come l’indice di Sharpe, a formule più complesse.
Il problema insito in tutti i modelli quantitativi è che saranno sempre basati sui risultati passati (o altrimenti si appoggeranno sui postulati soggettivi che stanno cercando di evitare) e non saranno in grado di fare la differenza fra fortuna e reale capacità.
Se una persona acquista un biglietto della lotteria e vince il primo premio, non è detto che abbia fatto un investimento ragionevole. Allo stesso modo, un gestore che nel 2013 ha acquistato titoli di stato britannici indicizzati all’inflazione, con la convinzione che il QE avrebbe favorito l’inflazione e che la Gran Bretagna sarebbe finita in recessione, avrà ottenuto dei rendimenti superiori anche se in realtà nessuna delle due condizioni si è verificata. In entrambi i casi, i rendimenti ottenuti potrebbero essere simili o addirittura migliori di quelli conseguiti da un gestore che abbia correttamente valutato le condizioni del mercato.
Il diagramma seguente presenta una possibilità d´interpretazione di questi diversi scenari. Il rendimento ottenuto “per la ragione sbagliata” rientrerà nel quadrante superiore sinistro, mentre la “competenza autentica” figurerà in alto a destra.
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I modelli puramente quantitativi non sono in grado di distinguere fra i due quadranti superiori (e nemmeno fra i due inferiori). È inoltre possibile che gestori di successo combinino entrambi gli elementi, costruendo un portafoglio che massimizzi i rendimenti e minimizzi le perdite in presenza di eventi che non avevano previsto.
Comprendere la “marcia in più” del gestore e crederci
Per quanto sia allettante, sembra chiaro che non possiamo delegare la valutazione della competenza di un gestore a un modello. È invece essenziale che un selettore di fondi comprenda e creda in quello che il gestore è convinto di saper fare meglio del resto del mercato. In questo modo, si crea il contesto essenziale per analizzare un track record.
Per cercare di sviluppare tale comprensione, crediamo che sia necessario trovare risposta a quattro domande chiave.
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A volte, le risposte a queste domande saranno semplici e dirette. Il gestore può operare in una nicchia, una classe di attivi scarsamente analizzata o essere in posizione tale da poter concludere operazioni specifiche, non accessibili ad altri, come, ad esempio, nei mercati del real estate o dei prestiti.
Tuttavia, in molti casi, probabilmente la maggior parte, dare una risposta a queste domande non sarà facile. Questo non significa che dovranno essere ignorate. Accettare l’idea che un gestore è semplicemente molto intelligente è un atto di fede estremamente pericoloso. Senza una reale comprensione delle ragioni alla base delle decisioni d´investimento prese da un gestore, è impossibile distinguere tra fortuna e competenza.
Qual è l’orizzonte temporale di un gestore di fondi?
Ovviamente, la presenza di un lungo track record di successi potrà essere un argomento a favore della competenza piuttosto che della fortuna di un gestore. Ma i gestori che vantano una storia che potremmo considerare “statisticamente significativa” sono molto pochi. E considerato l’elevato numero di gestori attualmente disponibili, sarà sempre possibile imbattersi in professionisti che si sono trovati in una posizione fortunata in molteplici occasioni.
Comprendere la specifica “marcia in più” di un gestore diventa essenziale. È una filosofia che cerca di generare una piccola sovraperformance ogni mese o che punta a ottenere brevi periodi di grande guadagno? Il gestore ha bisogno di un contesto particolare affinché il suo approccio possa conseguire la migliore performance? E il suo track record è stato generato in tale contesto?
Senza queste considerazioni, è molto difficile fare la distinzione fra un gestore che “ha torto” e uno che “prima o poi avrà ragione”.
Le motivazioni e “il gap comportamentale”
Capire gli orizzonti temporali è importante anche in un altro senso: la comprensione delle motivazioni del gestore. Un paio di giorni fa, il CFA e State Street hanno pubblicato un rapporto in cui individuano una nuova “variabile di performance nascosta” definita “Phi”. Phi è l’essenza della motivazione alla base delle nostre decisioni e gli autori del rapporto affermano che trovare persone con le motivazioni giuste consentirà di individuare i soggetti con maggiori possibilità di successo.
Il rapporto sottolinea come gli esseri umani siano motivati da due fattori principali: le conseguenze negative di un insuccesso (il bastone) e il conseguimento di risultati positivi (la carota). Le conclusioni dello studio suggeriscono che, nonostante l’elevato livello dei compensi, la maggior parte dei professionisti dell’industria degli investimenti sia mossa dal primo fattore: il 36% dei gestori di attivi e patrimoniali ha rivelato che, agendo nel migliore interesse del cliente, si esponeva implicitamente a un rischio in termini di carriera.
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Il focus sul breve termine dell’industria è una conferma indiretta dell’esistenza del “gap comportamentale”. Il fenomeno è noto: l’investitore medio ottiene una performance inferiore all’investimento medio perché insegue i gestori con i rendimenti migliori e vende i titoli che sottoperformano nel momento sbagliato. Un’analisi di Morningstar pubblicata la settimana scorsa evidenziava come questo gap comportamentale sia stato chiaramente riscontrato in tutte le classi di attivi in Europa negli ultimi cinque anni. Un’analisi pubblicata all’inizio dell’anno suggeriva che anche un gestore azionario con una perfetta capacità di prevedere  le azioni meglio performanti nell’arco di cinque anni si sarebbe esposto a drawdown così violenti da essere probabilmente licenziato.
I dati disponibili suggeriscono che i consulenti in materia d´investimenti (almeno negli USA) sono meno propensi a formulare raccomandazioni basate sulle performance passate. È tuttavia facile immaginare che un consulente/advisor assunto dopo che il suo predecessore è stato licenziato troverà difficile dire a un cliente: “Il suo portafoglio è stato ben posizionato e deve solo essere paziente”.
Un gestore di successo sarà motivato a conseguire rendimenti positivi per il suo cliente. Questa posizione può essere definita di “care level”. Il gestore si considera come un custode del patrimonio del cliente o è più preoccupato di non mettere a repentaglio il proprio lavoro? È preparato a (e capace di) subire una performance negativa a breve termine? Potrà conservare il suo posto nell’industria se la crescita dei prodotti passivi e dei robo-advisor mettono in discussione lo status e le caratteristiche di “gestore di fondi superstar”?
Conclusioni
Quantificare molte delle osservazioni descritte finora è necessariamente difficile. Nessuno ha mai detto che investire fosse un’impresa facile e selezionare i gestori di fondi è un compito altrettanto arduo. Ma dovremmo resistere alla tentazione di delegare questo compito ai metodi quantitativi. A nostro avviso, è infatti essenziale credere nella tesi del gestore relativa ai fattori su cui intende far leva e comprendere quali siano le sue motivazioni (e questo va oltre la natura dei suoi compensi). È attraverso questi filtri che dovremmo analizzare ogni performance passata.

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