E’ davvero più difficile oggi generare reddito?

Di Maria Municchi, deputy fund manager del fondo M&G Income Allocation

A quanto pare, oggi gli investitori partono da due assunti subconsci (e collegati): il primo è che siamo in un mondo di bassi rendimenti e il secondo è che investire per ottenere un reddito è diventato più difficile. Entrambe queste convinzioni derivano, in ultima analisi, dai livelli estremamente bassi dei rendimenti offerti dai titoli di Stato. L’idea che ci troviamo in un mondo di rendimenti bassi non regge all’esame oggettivo delle performance effettivamente generate, ma funziona solo come previsione (per quanto basata in molti casi sulla valutazione).

E la tesi secondo cui è più difficile ottenere un reddito? Indubbiamente le aree del mercato obbligazionario su cui storicamente hanno fatto affidamento gli investitori orientati al reddito oggi offrono remunerazioni estremamente basse, il che non solo riduce in assoluto l’attrattiva di tali segmenti ma ne influenza anche le caratteristiche di rischio.

Si prospetta quindi una sfida per gli investitori a caccia di reddito sui mercati sviluppati come il Regno Unito e la Germania, che in passato potevano contare sui titoli di Stato nazionali (anche se chi già possedeva tali strumenti avrà ottenuto plusvalenze significative). Tuttavia, questo punto di vista ignora i numerosi sviluppi positivi di cui hanno beneficiato negli ultimi dieci anni gli investitori con un universo più ampio.

Molte più opportunità di reddito oggi in ambito azionario Si è parlato molto della “caccia al rendimento” dai tempi della crisi finanziaria e delle implicazioni negative collegate. Sono solidale con chi ha questa opinione: guardare ai rendimenti complessivi senza tenere conto del rischio è sempre stato un approccio rischioso.

Tuttavia, la crescente domanda di reddito ha avuto un impatto anche sul comportamento delle aziende: la propensione dei mercati a premiare le più disciplinate ha spinto i vertici societari ad adoperarsi per migliorare la politica dei dividendi. Il grafico di seguito riporta il numero di società nel mondo con una storia almeno triennale di incremento delle cedole.

Come prevedibile, il numero di aziende in grado di mantenere questo andamento è crollato dopo la crisi finanziaria, ma con le costanti aggiunte all’universo, oggi le società tra cui scegliere sono molte di più rispetto al periodo pre-crisi, e soprattutto sono distribuite in tutto il mondo. Da tempo gli investitori in cerca di aziende con bilanci sani e dividendi in aumento negli anni devono concentrare l’attenzione sul mercato statunitense e, in misura minore, su quello europeo. I Paesi che avevano almeno 20 titoli con una storia triennale di crescita del dividendo nel 2007.

Nel 2017 possiamo aggiungere alla lista sei nuovi Paesi, mentre solo la Finlandia e il Belgio ne sono usciti. La mappa beneficia delle dimensioni geografiche di Russia e Brasile, ma vale la pena di notare che tra le nuove regioni figurano anche Messico, Indonesia e Filippine, economie di rilievo con popolazioni numerose. Contestualmente, alcune aree dell’Asia tradizionalmente meno favorevoli agli azionisti rispetto ad altre parti del mondo mostrano profondi cambiamenti culturali. L’esempio più evidente è il Giappone, dove la “terza freccia” di Abe sta senza dubbio plasmando il comportamento delle società in modo positivo per gli investitori, anche per quanto riguarda l’erogazione di dividendi più elevati.

Queste nuove opportunità sono più rischiose? Una critica frequente è che la caccia alle remunerazioni abbia fatto scendere a livelli pericolosamente bassi il rendimento da dividendo dei titoli di qualità. Le azioni fra cui scegliere, per quanto aumentate di numero, sono tutte più rischiose? Secondo noi, non in tutte le aree: è importante distinguere fra le società che si sono apprezzate in misura consistente solo in virtù degli utili stabili e quelle che invece hanno costantemente incrementato sia gli utili che i dividendi erogati.

Da una semplice analisi in base al rendimento da dividendo e ai dati storici di aumento delle distribuzioni, emerge che le valutazioni restano ragionevoli e le società che hanno innalzato le cedole hanno in media un profilo di debito migliore rispetto al 2007 e una valutazione più favorevole, sia in termini di prezzo/flussi di cassa che di prezzo/valore contabile. Peraltro, in aggregato, i rendimenti da dividendo risultano relativamente alti (i picchi riportati di seguito sono dovuti alle flessioni dei prezzi azionari nel 1990 e nel 2008).

La domanda sorge spontanea: questa maggiore attenzione delle aziende verso i dividendi (e i riacquisti di azioni proprie) va a scapito delle opportunità di crescita? Resta da vedere se sia effettivamente così a livello aggregato: gli utili generati e le aspettative al momento sembrano ragionevolmente nella norma, anche se la spesa per investimenti (in base ai parametri) è stata fiacca, e nella maggior parte dei casi, il rischio appare adeguatamente remunerato. Oltre i mercati azionari Certamente, anche le azioni con dividendi in aumento possono essere più volatili di quanto desiderino molti investitori a caccia di reddito e inoltre tendono a mostrare un’alta correlazione nei periodi di tensione, anche al di là dei confini geografici. Fortunatamente per gli investitori multi-asset, c’è spazio per aggiungere una gamma di attivi finanziari interessanti associati a un flusso reddituale.

Per chi sa essere selettivo, mai come oggi le opzioni disponibili sono state tanto numerose e la situazione è ulteriormente accentuata dallo sviluppo attuale degli asset “alternativi”, che rappresentano una nuova via di accesso ad aree di investimento come gli immobili e le infrastrutture. Un universo più ampio implica più opportunità di diversificazione, ma anche una maggiore esigenza di selettività. In precedenza, ho citato quei segmenti del reddito fisso che offrono un potenziale margine di sicurezza nei confronti dei rialzi dei tassi negli Stati Uniti. Tuttavia, anche gli asset apparentemente “alternativi” (molti dei quali sono in circolazione da troppo poco tempo per essere stati messi alla prova in un ambiente di tassi in aumento) potrebbero rivelarsi sensibili ai movimenti dei tassi e alle pressioni sulla liquidità. Reddito come stile o come risultato.

I timori sulla capacità di generare reddito derivano in larga misura dai rendimenti molto bassi offerti dai titoli governativi, oltre che dalla paura che si insinua naturalmente nella mente quando un determinato “stile” o tema ha dato risultati particolarmente positivi. È molto probabile che il successo del reddito come stile abbia contribuito alla “moda” dell’investimento income che ha spinto alcune valutazioni a livelli rischiosi. Ciò non toglie che, per chi ha una reale esigenza di reddito regolare, come i pensionati e gli istituti con obblighi di esborso fissi, i benefici di un universo in espansione di asset che generano un flusso reddituale superano di gran lunga i possibili svantaggi.

Bisogna essere più selettivi, ma questo vale in ogni circostanza e, per gli investitori multi-asset, le opzioni disponibili sono più numerose che mai. Inoltre, mentre i rendimenti continuano ad aumentare in molte parti del mondo da inizio anno, è possibile che anche le fonti di reddito tradizionali recuperino un certo grado di attrattiva.

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