Falle nel consensus

A cura di Pierre Olivier Beffy, Chief Economist di Exane Bnp Paribas

Nelle ultime settimane ho avuto la possibilità di incontrare molti investitori europei. In generale, gli investitori sono bull sull’andamento dei mercati azionari e in particolare su quelli europei. In effetti, attualmente avere una posizione bull sull’Europa è una delle opinioni maggiormente condivise dal consensus. Nel Gruppo Exane siamo positivi sull’Europa sin dall’inizio dell’anno e abbiamo recentemente rivisto al rialzo le nostre stime relativa alla crescita del PIL dell’Eurozona nel 2017 al 2%, livello superiore al consensus. Pensiamo inoltre che il rischio riguardante la BCE sia che l’Istituto possa sorprenderci per una posizione più accomodante rispetto a quanto atteso. L’apprezzamento dell’euro, ad esempio, influenzerà negativamente l’inflazione core e potrebbe scatenare una revisione verso il basso dell’inflazione da parte della BCE e del consensus.

Da un punto di vista fondamentale, le stelle sembra stiano sorridendo all’Europa: accelerazione economica di metà ciclo, banca centrale ultra accomodante, posizione fiscale neutrale e rischi politici limitati nei prossimi trimestri. La preoccupazione principale sull’Europa è che il ciclo dell’Eurozona sia in ritardo rispetto al ciclo globale. In altri termini, l’Eurozona sta registrando un’accelerazione nel  momento in cui l’economia globale si trova in una fase di maturità. Per tal motivo, una possibile delusione relativa alla crescita del PIL americano nel Q2 o degli outflows di capitali cinesi durante l’estate potrebbero mettere in discussione lo scenario alla “boccoli d’oro” in Europa.

La seconda visione maggiormente condivisa dal consensus riguarda i prezzi del petrolio e la possibilità che rimangano sopra i 50 dollari per barile o che si attestino su 65 dollari. In effetti ci sono dei motivi che potrebbero permettere a questi scenari di materializzarsi: la domanda sta superando l’offerta e alcuni hanno sottolineato che l’Arabia Saudita ha bisogno che i prezzi del petrolio rimangano alti data la probabile IPO di Aramco nei prossimi 12 mesi. Come probabilmente già saprete, rimaniamo prudenti sui prezzi del petrolio perché pensiamo che il consensus possa sottostimare gli incrementi di produttività nell’industria shale oil USA. Dato che le società americane attive nell’ambito dello shale oil che si occupano di attività di esplorazione stanno vendendo petrolio su contratti future ad un prezzo superiore rispetto ai prezzi spot, l’offerta di petrolio potrebbe sorprenderci mostrandosi più forte delle attese. Allo stadio attuale il consensus potrebbe quindi non considerare in modo corretto il rischio di un crollo dei prezzi del petrolio con conseguente stress sul mercato creditizio come avvenuto nel 2015.

Gli investitori sono rimasti, inoltre, stupiti dal deprezzamento dell’USD. Nessuno scommette più sulla parità EURUSD come avveniva lo scorso anno. Comunque, pensiamo che il dollaro si sia deprezzato troppo e troppo velocemente, specialmente vs l’Euro. Infatti l’economia USA sta corroborando la visione della Fed cioè rialzo dei tassi a giugno e settembre e annuncio di una riduzione del proprio bilancio a dicembre mentre il consensus continua a scommettere su un atteggiamento più dovish di quanto suggerito dalle stime della Fed. Al contrario, sta, invece, diventando sempre più condivisa l’opinione che la BCE possa cambiare il suo tono dovish a giugno e annunciare a settembre una riduzione del QE l’anno prossimo. I mercati prevedono, addirittura, un aumento del tasso di rifinanziamento per la fine dell’anno prossimo. Anche se le prospettive economiche dell’Eurozona sono buone, il rischio è che la BCE potrebbe mantenere una posizione più accomodante rispetto alle attese del consensus dato che l’inflazione attesa è particolarmente bassa. Dato che il tasso di disoccupazione è ancora elevato, l’economia dell’Eurozona non si trova ancora in una situazione di tal tipo.

Il probabile decoupling monetario tra la Fed e la BCE potrebbe quindi spingere al ribasso il cross Euro/Dollaro. Inoltre, il rialzo nell’incertezza politica negli USA si configura come un fattore molto negativo per il dollaro. Ciononostante vi è un chiaro interesse comune tra Trump e i repubblicani del Congresso nel realizzare il minimo atteso nei prossimi 12 mesi, i.e. tagli delle tasse e deregolamentazione. In particolare, qualora i democratici vincano le elezioni per la Camera dei Rappresentanti l’anno prossimo, i repubblicani e Trump hanno bisogno di una vittoria sulla politica fiscale quest’anno. Detto ciò, anche se non dovremmo attenderci un grande stimolo fiscale, è probabile che qualcosa venga fatto nel breve termine dall’amministrazione Trump.

Per concludere, l’economia globale è a un crocevia. L’attività economica sarà forte nei prossimi 6 mesi, ma i leading indicators stanno cominciando a deludere, con conseguente rallentamento per la fine dell’anno. Tutti sono bull sull’Europa ma alcuni investitori sottolineano come i mercati europei siano solitamente gli ultimi a registrare un rialzo. Negli USA, la principale economia globale, i mercati del credito stanno registrando un ulteriore peggioramento nel settore immobiliare commerciale e nel settore auto, mentre la situazione è ancora buona nel settore corporate. Sarà interessante vedere come gli investitori reagiranno a questi segnali contrastanti nei prossimi mesi.

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