Fase di transizione per i rendimenti obbligazionari

A cura di Chris Iggo, Chief Investment Officer Obbligazionario, AXA Investment Managers
È da un po’ che non scrivo questo commento e molte cose sono cambiate nel mondo delle obbligazioni. I rendimenti sono saliti e lo scenario è cambiato. Prima delle elezioni negli Stati Uniti si pensava che le prospettive delle principali economie non sarebbero cambiate molto, e le stime sul Pil e sull’inflazione nel 2017 non erano molto più alte di quelle del 2016. Le banche centrali non potevano far altro che mantenere i tassi bassi e continuare ad ampliare la loro situazione patrimoniale, sebbene l’efficacia di queste politiche sembrava diminuire. In queste previsioni non si metteva però in dubbio la “stagnazione secolare”, una situazione caratterizzata da una domanda aggregata insufficiente, una crescita della produttività debole, vincoli di bilancio e dinamiche demografiche negative. A ogni falsa partenza, i più pessimisti nel mercato obbligazionario perdevano fiducia nella possibilità di un aumento sostenibile dei rendimenti. La curva del rischio si è appiattita a causa della politica monetaria, tanto che il fattore tecnico che condizionava i mercati obbligazionari era la caccia al rendimento. Gli investitori potevano muoversi verso il segmento a più lungo termine della curva e pescare in fondo all’universo del credito senza aver paura di un aumento dei tassi o di un deterioramento sistemico. L’opzione put della Banca centrale è stata alquanto efficace.
Tassi sui fed fund al rialzo nel 2017. E poi è arrivato Donald Trump con le sue promesse di tagliare le imposte e incrementare la spesa. Se riuscirà o meno nell’impresa conta poco, perché ciò che traina i mercati è il rischio che ci riesca. Se riuscirà a introdurre stimoli fiscali in un’economia che ha già raggiunto la piena capacità, allora è probabile che l’inflazione e i tassi di interesse saliranno. Dubitare della sua riuscita era troppo rischioso, considerati i rendimenti asimmetrici previsti sul mercato obbligazionario che già viaggia sui minimi storici. La reazione del mercato è stata impressionante. Dal giorno delle elezioni, il rendimento dei Treasury decennali è salito di 55 punti base, mentre il rendimento a 30 anni è salito di 40bps. e l’indice S&P 500 del 6,8%. Le aspettative sui tassi di interesse USA nel 2017 e 2018 sono molto più alte oggi rispetto al 7 novembre. Almeno una banca prevede che il tasso sui Fed funds sarà del 2,0% entro la fine del 2018, che lo riporterà sullo zero in termini reali se l’inflazione continuerà a salire. Non sono certo che il mercato obbligazionario abbia scontato pienamente le implicazioni di un aumento dei tassi di 150bps. nei prossimi due anni. Forse non sarà la disfatta del 1994, ma potrebbe danneggiare gli investitori che negli ultimi anni hanno incamerato asset a basso rendimento. Io credo che ci sia il rischio di sottostimare il potenziale di rialzo della crescita e dell’inflazione collegato a una nuova Amministrazione che ha convinto gli elettori che avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per stimolare la crescita economica e il reddito. Si sono levate molte voci a favore dell’introduzione di politiche fiscali per contrastare il malessere postcrisi, e apparentemente negli Stati Uniti ci siamo vicini.
Torna la propensione al rischio. Negli ultimi anni i rendimenti obbligazionari sono stati molto bassi a causa della politica monetaria, e tali dinamiche hanno continuato a caratterizzare i mercati a causa dei ripetuti insuccessi nella lotta contro la deflazione. Eppure gli Stati Uniti stanno entrando lentamente in una fase reflazionistica e l’elezione di Trump amplificherà questa tendenza. I rendimenti obbligazionari dipendono dalle dinamiche dei tassi di interesse e degli spread del credito. Io credo che i tassi siano troppo bassi per compensare il rischio di rialzi in futuro, pertanto stiamo per attraversare una fase di transizione in cui i rendimenti torneranno su livelli più normali. Per quanto concerne il credito, la chiave sta nella crescita economica e negli utili aziendali, quindi per il momento saremo ricompensati per il rischio di credito considerato che gli spread sono oltre i livelli minimi del 2014. Tuttavia, nei mercati investment grade la componente dei tassi supererà il rendimento del credito. La crescita molto positiva favorisce inoltre le azioni. Dunque sottopesiamo i tassi e sovrappesiamo il rischio. Ma attenzione, perché le cose possono cambiare rapidamente e il 2016 ci ha dimostrato che il futuro può essere estremamente imprevedibile.
E per il 2017? Fatti sotto 2017. I rendimenti obbligazionari saranno in fase di transizione. Come al solito, il sentiment e la volatilità dei mercati obbligazionari dipenderanno in buona parte dalle decisioni delle banche centrali. Se non ci saranno shock negativi per l’economia, le banche centrali non andranno avanti con le politiche accomodanti. Per la Federal Reserve di Janet Yellen sarà il momento di rispondere agli stimoli fiscali di fine ciclo. Draghi sarà impegnato a negare l’avvicinarsi del tapering il più a lungo possibile. Complessivamente, questo significa curve dei rendimenti più ripide e premi per l’inflazione più alti. Quanto sono certo dei pronostici? Beh, dopo il 2016 non ho proprio intenzione di fare previsioni!

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