Fondi, il modus operandi degli “high dividend”

A cura di MorningstarI dividendi non sono tutti uguali. Nemmeno per i fondi globali che investono sulle società che staccano cedole generose. Per vedere che cosa guida le performance di questi strumenti il fund analyst di Morningstar, Jeffrey Schumacher, ha messo a confronto, utilizzando il Risk model (uno strumento introdotto nel 2016 per misurare quanto del rendimento di un fondo è riconducibile ad una determinata causa e quindi qual è stato il premio per l’esposizione a certi rischi), quattro strategie del segmento Global high dividend sui quali ha un high conviction (in sostanza, sui quali è più ottimista): DWS Top Dividende, Kempen Global High Dividend, M&G Global Dividend, Veritas Global Equity Income (non venduto in Italia). Il periodo preso in considerazione va da dicembre 2013 a novembre 2016.

Il rendimento annualizzato del DWS Top Dividende è il doppio di quello di Veritas Global Equity income. Guardando gli elementi di rischio da una prospettiva storica emerge che il primo è uno strumento conservativo rispetto agli altri, come evidenziato dalla Deviazione standard, dal Down capture ratio e dal Max drawdown. “Ha faticato nelle fasi di salita dei mercati, come mostrato anche dal risultato dell’Up capture ratio”, spiega il fund analyst di Morningstar. “Tuttavia, aggiustando i rendimenti per il rischio preso, lo strumento DWS è stato il miglior performer nel periodo considerato come indicato dall’indice di Sharpe.  Queste variazioni di performance nascono dalle diverse esposizioni ai fattori di rischio”.

L’effetto small cap
In generale i fondi high dividend preferiscono la società a grande capitalizzazione. Il portafoglio del DWS Top Dividende è solitamente sbilanciato verso le mega e large cap. “Anche gli altri hanno un orientamento del genere, ma la loro esposizione non è così forte”, spiega l’analista. Questa differenza si è fatta sentire nel periodo che va dal 2015 a novembre 2016 quando l’indice Msci World micro cap ha guadagnato il 7,97% contro il +4,86% segnato dall’Msci small cap e il 3,21% registrato dall’Msci large cap. “La maggiore esposizione alla large stock ha pesato sullo strumento DWS, mentre il minore sovrappeso dato a questo segmento ha permesso agli altri di fare meglio”, spiega l’analista.

I bilanci robusti fanno bene
I fondi che hanno una esposizione alle società con i bilanci più forti sono stati premiati. Avere una scarsa leva finanziaria è l’elemento che contraddistingue le aziende di qualità. Queste ultime, a loro volta, sono la scelta principale degli investitori che cercano rendimento in una situazione di bassa crescita economica, come si è visto fin dall’inizio della crisi finanziaria. Le società di qualità sono quelle in grado di far crescere i profitti nel tempo a prescindere dall’andamento della congiuntura”, spiega l’analista. “Senza contare che le società più indebitate sono quelle più a rischio quando i mercati scendono, come abbiamo visto nel segmento dell’energia e in quello dei materiali di base”. L’esposizione ai titoli con una migliore salute finanziaria (financial health nel risk model di Morningstar) ha permesso a DWS Top Dividende di fare meglio degli altri strumenti presi in analisi che, in questo segmento, hanno solo un leggero sovrappeso.

Occhio ai settori
Uno degli elementi che fa la differenza nelle performance dei fondi è l’esposizione settoriale. Lo stesso vale per gli strumenti high dividend. “Secondo le elaborazioni del risk model il comparto dei consumi difensivi è stato un importante driver per il rendimento del DWS Top Dividende”, dice l’analista. “Questo strumento ha la maggiore esposizione al segmento è ha beneficiato appieno dalla sua corsa da metà 2015. Veritas Global Equity aveva un’esposizione simile, ma l’ha ridotta quando i cosumer hanno iniziato a correre sul serio. Kempen Global High Dividend e M&G Global Dividend erano sottopesati”.

Il barile a volte fa inciampare
Un settore che ha pesato sull’andamento – e non solo dei fondi high dividend – è stato quello del petrolio con la discesa del prezzo del barile iniziata nell’estate del 2014, continuata nel 2015 e trasformatasi in un rimbalzo nel 2016. “Questo andamento ha dato un significativo vantaggio ai fondi che hanno evitato il settore”, dice l’analista. “Una scelta che non ha fatto M&G Global Dividend che aveva una forte esposizione all’industria del petrolio attraverso l’investimento in società che costruiscono oleodotti. Situazione simile per Kempen Global High Dividend che aveva un’esposizione al di sopra della media in società di servizi all’industria petrolifera e a società petrolifere integrate”. DWS Top Dividende ha adottato un approccio più prudente. “Questa è stata una buona decisione che ha limitato il drawdown e la volatilità dei rendimenti”, dice l’analista. “I portafogli M&G, Kempen e Veritas, tuttavia, hanno aumentato poi l’esposizione e questo gli ha permesso di cavalcare la ripresa quando la Russia e l’Opec hanno annunciato il taglio della produzione”.

Il ritorno dei finanziari
Gli investitori nei titoli finanziari avrebbero guadagnato se avessero mantenuto le posizioni nel periodo di tre anni preso in considerazione. “Certo ci sarebbero voluti nervi d’acciaio visto che il settore non è stato fra i preferiti dal mercato per lungo tempo e ha iniziato a riprendersi nel 2016 quando si sono alzate le aspettative su una ripresa dell’inflazione”, dice l’analista. “Il fondo Kempen è stato quello che ha avuto la maggiore esposizione al segmento. Quella di DWS è stata limitata, mentre M&G e Veritas lo hanno occasionalmente sovrappesato. Nel 2016 la scelta di Kempen ha dato i suoi frutti”.

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