I consumi penalizzano il Pil Usa

A cura di Vincenzo Longo, market strategist di IG

La crescita del Pil negli Usa nei primi tre mesi dell’anno è stata dello 0,7% su base annualizzata, in calo rispetto al trimestre precedente (+2,1%) e rispetto alle stime (+1,2%). Il rallentamento della crescita è dipeso da una sensibile decelerazione della spesa per consumi personali, da un calo delle scorte private e della spesa governativa, il cui effetto è stato in parte compensato da una ripresa dell’export e un’accelerazione degli investimenti residenziali e non.

Il dato sul Pil è il più basso dal 1° trimestre del 2014 e la bassa crescita dei consumi, ai minimi dal 2009, è stato l’elemento che ha pesato maggiormente. Crediamo che l’accelerazione dell’inflazione degli ultimi mesi, non perfettamente accompagnata da un’altrettanta crescita dei salari, abbia ridotto il reddito reale delle famiglie, penalizzandone i consumi. L’esempio lampante è la crescita dei prezzi degli energetici, malgrado un inverno non particolarmente freddo.

L’accoglienza del mercato sinora non è stata troppo negativa. Gli investitori erano in qualche modo pronti a delle indicazioni non troppo brillanti e la stessa Fed di Atlanta aveva una proiezione di un +0,2% dopo le recenti figure. Ad ogni modo crediamo che le cifre siano ancora molto provvisorie e revisioni al rialzo sono ancora possibili (statisticamente il dato del primo trimestre è quello che viene rivisto di più tra tutti gli altri!). Infine, aggiungiamo anche che la crescita importante dei Non Farm Payrolls e la fiducia dei consumatori ai massimi da oltre un decennio lasciano ben sperare per un’accelerazione della ripresa nel secondo e terzo trimestre.

A questo punto non resta che attendere le indicazioni che arriveranno dalla riunione della Fed e dai NFP della prossima settimana. Tutti questi dati saranno utili per riponderare la possibilità di un rialzo dei tassi nel meeting di giugno. Per ora, stando ai Fed Fund Future, tale probabilità sosta poco sopra il 70%.

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