Il braccio di ferro delle valute

A cura del team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management
I dati iniziano a segnalare una divergenza tra la fase favorevole dell’economia statunitense e quella europea. Dalle rilevazioni negli Stati Uniti emerge un quadro tuttora solido, che vede l’inflazione in aumento, le attese del PIL in rialzo e l’apparente inasprimento dei criteri di concessione dei crediti. L’economia mostra però alcune debolezze strutturali, in particolare i deficit gemelli (fiscale e delle partite correnti), dovuti alla recente riforma tributaria e all’accordo biennale sul budget federale. In Europa i fondamentali di lungo termine si mantengono solidi, ma i dati macroeconomici hanno iniziato a indebolirsi. L’inflazione è sempre ben al di sotto dell’obiettivo di lungo periodo e la fase di crescita favorevole indica un rallentamento legato al calo dei consumi privati a fronte di una domanda interna piatta. Questa attenuazione del momentum dovrebbe tuttavia essere considerata nel contesto dello straordinario tasso di crescita che dovrebbe attestarsi intorno al 2,5% registrato dal PIL europeo su base annua nel primo trimestre 2018 – un livello di gran lunga superiore al trend.
Valutazioni quantitative. Il lieve vantaggio dell’Europa sugli Stati Uniti in termini macroeconomici lascia presupporre una sovraperformance dell’Euro sul Dollaro, come già avvenuto nel 2017, quando la moneta unica ha guadagnato oltre il 14% nei confronti del biglietto verde. Questo trend è proseguito anche all’inizio del nuovo anno e l’apprezzamento del 3% segnato a gennaio ha portato il cambio Euro/Dollaro (EURUSD) a toccare un picco di 1,25. Da allora in poi la moneta europea ha però continuato a oscillare in un intervallo relativamente ristretto, perdendo anche lievemente terreno contro quella statunitense. I differenziali di rendimento tra i due mercati spiegano in parte la battuta d’arresto, dato che i tassi d’interesse più alti negli Stati Uniti potrebbero fungere da stabilizzatore del cambio EURUSD. È probabile che anche le aspettative sulla politica monetaria delle due economie abbiano il loro peso, con i mercati che scontano quasi tre strette da parte della Federal Reserve nel corso dell’anno contro pressoché un nulla di fatto della Banca Centrale Europea (BCE). Un mutato orientamento della BCE avrebbe probabilmente delle conseguenze sul corso di cambio delle due valute e potrebbe sbloccare la situazione.
Fattori tecnici. Negli ultimi mesi il posizionamento di consensus degli investitori si è spostato a favore dell’Euro. La nostra indagine proprietaria sui posizionamenti mostra che quelli sull’Euro sono prossimi ai recenti massimi, mentre per quanto riguarda il Dollaro appaiono i più ribassisti tra le valute del G10. In altre parole, è possibile che gli operatori considerino la moneta unica un interessante bene rifugio, alla luce dell’incertezza sulla Brexit e dei segnali di crescente protezionismo negli Stati Uniti. Tuttavia, questo potrebbe ostacolare ulteriori apprezzamenti del cambio EURUSD, anche se non escludiamo che lo scarto di posizionamento possa accentuarsi maggiormente, visti i dati storici sulle posizioni rialziste e ribassiste per questa coppia.
Cosa significa per gli investitori obbligazionari? Entrambe le valute presentano fattori favorevoli, anche se tutto sommato sorprende il fatto che l’avanzata dell’Euro abbia recentemente perso slancio. A prescindere dal motivo, questo scarto potrebbe avere ripercussioni sui mercati obbligazionari. Se l’Euro dovesse restare debole, contribuendo così a mantenere accomodanti le condizioni finanziarie, la BCE avrebbe più spazio di manovra per alzare i tassi e quindi i rischi per le obbligazioni europee sarebbero maggiori. Nel complesso ci attendiamo che durante l’anno prevalgano i timori sui deficit gemelli e che quindi il tasso di cambio EURUSD salga attorno a quota 1,30. In ogni caso consigliamo agli investitori di monitorare questo confronto e di tenersi pronti a fronteggiare le eventuali conseguenze sulle obbligazioni europee.

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