Il lunedì nero della Cina: un classico “episodio”?

A cura di Juan Nevado, M&G Investments
Nonostante il gran parlare in estate intorno all’ipotesi che il “lunedì nero” della Cina (24 agosto 2015) potesse innescare una nuova recessione globale, a ottobre è sembrato che i mercati si fossero quasi del tutto dimenticati dell’argomento. Cio’ è accaduto in assenza di prove che oggi l’economia cinese sia in uno stato di salute migliore o peggiore rispetto al 24 agosto o ai mesi precedenti alla svalutazione a sorpresa effettuata dalla Banca popolare cinese (“PBoC”) l’11 agosto, quando gli investitori non erano sembrati preoccupati dai segnali di rallentamento della crescita in Cina.
Mercati volubili. In un ambiente di “rumore” di mercato quasi continuo, sembra passato molto tempo, anche se in realtà sono trascorsi solo pochi mesi da quando la Grecia era al centro della scena e additata come la causa più probabile del deragliamento della ripresa globale. Come è spesso il caso, da luglio abbiamo visto l’attenzione del mercato spostarsi improvvisamente da un argomento all’altro, talvolta nel giro di pochi giorni.
Ciò sottolinea l’importanza di valutare in modo adeguato cosa stia accadendo realmente, evitando di lasciarsi condizionare dalla tentazione di semplificare situazioni complesse in storie facilmente digeribili. Tracciare confronti con altre crisi finanziarie storiche sulla base di rappresentazioni selettive dei movimenti di alcuni mercati può essere una storia allettante, ma non tiene conto della miriade di fattori sottesi a quei crolli del passato.
Far prevalere la razionalità sull’istinto. Effettuare una valutazione più ponderata è particolarmente importante durante gli “episodi” di volatilità del mercato, e non col senno di poi, quando è tutto finito e potrebbe essere troppo tardi per prendere le giuste decisioni in termini di rischi e opportunità.
Ovviamente è più facile a dirsi che a farsi, dato che spesso ci si trova a combattere uno degli istinti umani più basilari, ossia quello di lottare o fuggire di fronte ad un pericolo evidente. In molte situazioni, fuggire subito e valutare poi quanto fosse reale il pericolo può rivelarsi cruciale per la sopravvivenza. Tuttavia, quando si tratta di investimenti, può essere letale.
Nella fredda luce del giorno, essere avidi quando gli altri sono timorosi appare perfettamente logico. Tuttavia, nel pieno di una volatilità eccezionale come quella che ha travolto i mercati l’estate scorsa, siamo quasi tutti vulnerabili ed esposti al rischio che l’istinto abbia la meglio sulla razionalità.
Oggi siamo autorizzati a provare una certa soddisfazione per il fatto che avevamo identificato subito la vendita indiscriminata che ha portato al “lunedì nero” come una conseguenza del rumore di mercato e una potenziale opportunità nell’azionario dei mercati sviluppati. Dobbiamo comunque ricordarci due cose: primo, all’epoca non è stato affatto facile e, secondo, non avevamo più informazioni degli altri né eravamo meglio attrezzati per azzeccare i tempi di intervento sui mercati. Le nostre opinioni di allora non erano basate sulla previsione che i mercati sarebbero rimbalzati in modo così rapido e vigoroso, ma sull’esame delle valutazioni correnti nel contesto dei fatti.
Cosa è successo davvero. È stata la decisione a sorpresa della PBoC di svalutare lo yuan (l’11 agosto) a convogliare improvvisamente l’attenzione del mercato sulla situazione dell’economia cinese in senso ampio. Assistevamo già da qualche mese al rallentamento della Cina, ma il consenso sembrava distratto da altri fattori, come le preoccupazioni legate all’ipotesi “Grexit”. Di conseguenza, il mercato azionario cinese era avanzato avvicinandosi a un territorio di bolla, incoraggiato dalle autorità nazionali che si sono poi scoperte disarmate quando la bolla è scoppiata tra giugno e agosto. Il motivo resta tuttora poco chiaro, ma è stata questa la principale fonte dell’incertezza dominante nelle settimane successive.
La mossa sulla valuta cinese in sé è stata modesta. Abbiamo sottolineato in precedenza che, a nostro avviso, lo yuan è fortemente sopravvalutato, forse addirittura del 30%, quindi una svalutazione del 3% non risulta significativa in quel contesto. Le autorità cinesi forse guardano alla competitività, ma una svalutazione massiccia non è necessariamente nel loro interesse, dal momento che non vogliono incoraggiare una guerra valutaria con i paesi concorrenti asiatici. Inoltre, hanno a disposizione ingenti riserve in valuta estera per la spesa infrastrutturale e per intervenire sul mercato valutario in modo da gestire un declino della divisa graduale anziché brusco. Pertanto, resta un ampio margine per ulteriori misure volte alla stabilizzazione dell’economia e, di fatto, i banchieri centrali hanno già effettuato sei tagli dei tassi quest’anno.
La svalutazione di agosto, quindi, forse è stata solo un tentativo di convincere il Fondo monetario internazionale che la Cina è disposta ad accettare una maggiore influenza delle “forze di mercato”, per agevolare l’inserimento dello yuan tra le valute di riserva del paniere DSP. Dato che l’economia cinese stava già rallentando, più che una risposta urgente a un qualche “shock di crescita”, la svalutazione è stata probabilmente solo una mossa maldestra da parte della PBoC. Del resto, da qualche tempo le autorità cinesi manifestano il desiderio di passare da un’economia trainata dagli investimenti a un modello imperniato sui consumi. Si tratta di una transizione importante per un’economia e forse qualche incidente di percorso è prevedibile.
Indipendentemente dal motivo, quella mossa di per sé non eclatante ha comunque sorpreso i mercati. Come illustra il grafico sotto, in un contesto di breve termine era inevitabile che fosse percepito come rilevante, dopo 12 mesi di andamento sostanzialmente piatto della valuta.
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Come abbiamo visto ripetutamente in passato, quando gli investitori vengono colti di sorpresa, inizialmente sono più portati a reagire in modo inconsulto piuttosto che fare analisi ponderate. Il grafico 2 mostra che è andata così non solo  neimercati azionari della Cina e della regione emergente, ma anche in quelli del mondo sviluppato, dove il quadro di crescita dei fondamentali appariva ancora solido (si veda il grafico 3), e quindi una correzione così pesante era una risposta sproporzionata ai fatti.
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Vendita forzata. Ad esempio, ci sono stati giorni nel mese di agosto in cui ho visto l’indice tedesco DAX cedere il 3% in assenza di notizie rilevanti per il mercato della Germania. In effetti, diversi mercati azionari sviluppati hanno subito perdite a doppia cifra nell’arco di un paio di settimane. Un’azione sui prezzi di questo tipo, senza alcuna prova che i problemi cinesi fossero sul punto di mandare all’aria una ripresa saldamente avviata in Occidente, è apparsa frutto di fattori diversi dai fondamentali.
Quando vediamo i mercati sprofondare in questo modo, cerchiamo qualche segnale del fatto che gli investitori si stiano comportando in modo irrazionale: a causa della loro reazione emotiva o perché i rispettivi budget di rischio li inducono a ridurre l’esposizione ad asset rischiosi. Titoli come La corsa degli investitori per sfuggire il rischio e i commenti su Bloomberg del tipo se la situazione in Cina non si assesta, potremmo avere un’altra apertura negativa domani e sarebbe meglio non farsi sorprendere con le posizioni aperte stamattina ancora in portafoglio non hanno molto senso per noi, in quanto investitori a lungo termine. Ed essendo convinti che la volatilità non sia equivalente al rischio, siamo sempre attenti a notare quando i venditori “insensibili al prezzo” – che seguono processi di investimento basati su strategie di volatilità (volatility targeting), copertura (gamma hedging), limitazione delle perdite (stop-loss) e gestione del rischio (risk parity) – creano un ambiente di investimento fertile per chi opera in base alle teorie comportamentali. E’ musica per le nostre orecchie leggere articoli su investitori che “sostanzialmente devono ribilanciare a fine giornata” o pensano “se non tagliamo noi le partecipazioni, il fondo è a rischio di una chiusura forzata“, oppure sono costretti a vendere asset che non vorrebbero vendere, semplicemente perché sono i più liquidi e quindi il mezzo più rapido per ridurre l’esposizione nelle fasi di volatilità di breve termine.
L’ultimo tassello del puzzle che indicava il “lunedì nero” come un’opportunità di acquisto era il fatto che i mercati azionari del mondo sviluppato (FTSE 100, TOPIX, DAX 30, S&P 500) erano passati da quotazioni relativamente neutrali a prezzi chiaramente scontati, in base a quasi tutti i parametri di valore. Ad esempio, il DAX tedesco aveva raggiunto un rendimento degli utili dell’8,72% il 24 agosto (si veda il grafico 4), un livello al quale si può sostenere che gli investitori siano ampiamente remunerati per l’assunzione di rischio.
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La parte facile. È facile guardare indietro, ora che l’episodio del “lunedì nero” è stato archiviato, e sottolineare quanto fosse logico mantenere la calma e approfittare della situazione. In realtà, molte fasi di questo tipo non sono di breve durata e quando gli investitori si trovano nel mezzo di tali episodi, è impossibile sapere a che livello si troverà il fondo o quanto tempo passerà prima del rimbalzo. Quindi la parte difficile è avere la disciplina e la solidità emotiva per sopportare la volatilità se le proprie convinzioni riguardo ai fondamentali non sono cambiate. Ciò non toglie che la riflessione dopo l’evento sia un esercizio utile.
Il fattore trainante della ripresa dei mercati nelle ultime settimane non è stato un miglioramento dei fondamentali in Cina, ma una rivalutazione basata su fondamentali relativamente stabili, cui si è aggiunto il ruolo delle autorità monetarie nel rassicurare gli investitori, almeno per ora. Data la velocità di questa inversione di rotta (il DAX è risalito di circa il 14%, dal minimo toccato a fine agosto al picco della prima settimana di novembre), questo specifico episodio comportamentale a breve termine sembra ormai superato e l’opportunità di approfittarne è sfumata. Tuttavia, con gli internveti sul fronte della politica monetaria ancora al centro della scena, possiamo aspettarci altri episodi in cui gli investitori vengono distratti dai fondamentali. Di conseguenza, è probabile che la volatilità di mercato persista ancora per qualche tempo e per affrontarla sarà essenziale ricordare le lezioni degli episodi precedenti.

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