Il piano fiscale Usa affosserà le borse

“L’attuale fase di leverage innescata dalla finanza americana rischia di essere l’ultima ubriacatura da debito che ha caratterizzato e sostenuto l’economia Usa e internazionale dal 1970 a oggi. L’economia cresce al 2% negli Stati Uniti e occorre rassegnarsi che questo trend è il new normal. In questo contesto sarebbe meglio non intraprendere un piano di espansione fiscale: un aumento del debito in questo delicato momento non sembra infatti necessario”. È l’analisi di Maurizio Novelli, gestore del Lemanik Global Strategy Fund.
Il contesto macroeconomico attuale non brilla ed evidenzia una crescita decisamente inferiore rispetto ai cicli passati. Il debito è tornato a salire come prima e, in certi casi, più di prima. Mentre il sistema economico-finanziario si appresta a rivedere al rialzo stime di crescita e nuovi massimi per le borse internazionali, nessuno sembra chiedersi quale sarà il costo che il sistema dovrà pagare alla fina dell’ennesima “festa del debito”, perché si crede che questo scenario sia ancora molto lontano. Dai dati che invece si vedono sulla dinamica del credito e sui subprime già erogati a consumatori che non saranno in grado di rimborsarli, sembra che la fine dei festeggiamenti non sia così lontana come tutti pensano.
Oggi siamo in un altro ciclo di eccesso di debito sia privato che pubblico, oltre che in una fase di eccesso di investimenti finanziari. Inoltre, ci troviamo esposti alle dinamiche dei tassi d’interesse molto più che in passato, dato che abbiamo il 370% di debito sul Pil mondiale rispetto al 200% del 2003/2004. Saranno probabilmente due i fattori che potranno scatenare la prossima crisi, vale a dire il costo del debito e la sua insostenibilità rispetto al reddito reale.
“Se gli Stati Uniti non accettano l’attuale tasso di crescita, rischiano di pagare duramente il desiderio di tornare a crescere come in passato in un contesto che non lo rende possibile. Fare più spesa pubblica ora, mentre l’economia sembra non averne bisogno, porterebbe ad accettare tassi più alti. Se i tassi salgono, l’attuale livello di leverage sui privati consumatori non reggerà e l’economia avrà una recessione procurata da un calo dei consumi e da una nuova crisi di debito” spiega Novelli. “Una politica fiscale espansiva dovrebbe essere finanziata dalla Fed per non scatenare un aumento dei tassi, ma la Fed dichiara di voler ridurre il bilancio e dunque di vendere Treasuries. Se il piano fiscale non si farà, i tassi non saliranno ma le borse scenderanno perché lo hanno già dato per scontato. Se il piano fiscale si farà, i tassi saliranno e le borse scenderanno comunque perché l’economia sarà danneggiata dall’aumento del costo del debito finora accumulato”.
Oggi il credito all’economia passa dai fondi d’investimento che in caso di crisi subiranno l’impatto maggiore delle perdite, in un sistema dove il privato si indebita e acquista via mutual funds le cartolarizzazioni del proprio debito. Questo perverso sistema produrrà una crisi che andrà a colpire la domanda interna con evidenti rischi depressivi. Solo un ulteriore intervento di spesa pubblica finanziata dalla banca centrale potrà interrompere l’avvitamento.
Se il ciclo del credito è maturo, a causa dell’elevata percentuale di subprime già evidenziata, si può cercare di prolungare nel tempo aumentando i redditi reali che possono salire perché le imprese aumentano i salari oppure perché il governo riduce le imposte sul reddito. Quest’ultima soluzione aumenta però le aspettative di inflazione e produce un indesiderato aumento dei tassi che stronca la politica fiscale espansiva. Si ritorna dunque al punto chiave: il piano fiscale non si deve fare perché in questo momento non serve ma se non si fa la borsa scende. Per cercare di non far scendere la borsa si avrebbe comunque una nuova crisi molto peggiore della precedente perché colpirà il settore retail, motore della domanda e dei consumi.
“Se la Cina impone ai propri partner commerciali asiatici l’adozione dello Yuan al posto del Dollaro come divisa di scambio commerciale, processo appena iniziato, le banche centrali asiatiche dovranno accumulare riserve in Yuan e quindi andranno a sottrarre una importante domanda di Treasuries dal mercato perché avranno meno bisogno di Dollari. A quel punto l’America non potrà più permettersi di fare tutto il debito che vuole e il leverage nel sistema non potrà più salire come prima.
Questo conferma lo scenario che l’economia americana, come oggi già avviene, non potrà più permettersi i tassi di crescita del passato e che il Dollaro è destinato a diventare una divisa strutturalmente debole” conclude Novelli. “Le stime del conto da pagare alla fine dell’ennesima “festa del debito” che sostiene la bolla finanziaria attuale non le conoscono neppure le banche centrali, ma quello che sembra certo è che dopo un periodo di stabilità forzata e innaturale si aprirà un lungo periodo di instabilità finanziaria alla ricerca di nuovi equilibri che verranno imposti dai mercati e non più dalle banche centrali”.

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