Il ritorno dell’inflazione favorisce i titoli value e i finanziari

di Stephen Mitchell, Head of Strategy Global Equities, di Jupiter AM

Nei prossimi dodici mesi, probabilmente assisteremo a un maggiore impiego di politiche fiscali volte a stimolare la crescita, al passaggio dalla deflazione all’inflazione con conseguente indebolimento dei mercati obbligazionari, e una modesta ripresa dei mercati emergenti quando cominceranno a sentirsi gli effetti dei tagli ai tassi di interesse.

Le politiche fiscali raccolgono il testimone delle politiche monetarie ormai in esaurimento  E così accadde… All’inizio del 2016, ci siamo chiesti se la politica fiscale potesse offrire “un po’ di supporto alla crescita” e ora abbiamo una risposta. Il Canada è stato uno dei primi Paesi ad intraprendere un percorso del genere quest’anno, introducendo un importante piano di spesa in infrastrutture nel proprio bilancio di marzo. La Corea del Sud è stata rapida a seguire l’esempio canadese, ma l’elezione di Donald Trump potrebbe essere la vera svolta. Se Trump portasse a compimento alcuni impegni che si è assunto in campagna elettorale e che gli hanno consentito di vincere le elezioni, ci si potrebbe aspettare ambiziosi programmi di riforma fiscale e di spesa in infrastrutture negli Stati Uniti.

Nel Regno Unito, uno stimolo fiscale simile dovrebbe essere implementato per supportare l’economia del Paese con l’avvento della Brexit. L’economia ha dei punti di forza peculiari e dovrebbe quindi cavarsela. I servizi rappresentano la fetta più grande dell’economia inglese, che vanta alcune società di punta nel settore dei media e della pubblicità, della tecnologia e della finanza. A meno che non si verifichi la cosiddetta ‘hard Brexit’, la sterlina dovrebbe iniziare a recuperare terreno, da un livello che sembra di leggera sottovaluzione.

Il ritorno dell’inflazione favorisce i titoli value e quelli finanziari Nei Paesi sviluppati, è probabile che il passaggio da una politica di austerità, in cui l’attenzione si è concentrata principalmente sulla riduzione del debito pubblico, ad una politica di stimolo fiscale generi un modesto aumento dell’inflazione, allontanando così lo spettro della deflazione sospeso sulle economie di questi Paesi da molto tempo. Questo importante cambiamento sta già causando diversi problemi sui mercati obbligazionari sopravvalutati ed è probabile che rimanga una costante nel corso del 2017. I rendimenti delle obbligazioni necessitano di un livello più sostenibile, che possa attrarre gli investitori a lungo termine come fondi pensione e fondi sovrani. Questo sembra voler dire che il rendimento del Treasury USA a dieci anni deve avvicinarsi al 3%, un livello non così lontano rispetto ad oggi. In Europa e nel Regno Unito la storia cambia, le obbligazioni devono riassestarsi maggiormente rispetto al livello attuale vicino allo zero per raggiungere livelli sostenibili di rendimento. La misura in cui aumenterà l’inflazione è quindi la chiave. Le azioni value, rispetto alle growth, normalmente hanno performance migliori quando i rendimenti obbligazionari iniziano a salire, e questo dovrebbe essere vero soprattutto per le società del settore finanziario nel corso del 2017.

In questo contesto, è probabile che le economie dei mercati sviluppati continuino a far registrare una crescita modesta, di pari passo con l’attuazione della politica fiscale. I mercati azionari nel 2017 dovrebbero offrire rendimenti bassi a singola cifra, forse un po’ trattenuti dagli sviluppi del mercato obbligazionario. Anche se le società leader globali con una solida crescita organica e le aziende che pagano dividendi potrebbero far assistere ad un cambio di rotta nel 2017, esse, assieme alle società dei mercati emergenti operanti in paesi con buoni trend demografici rimangono comunque un’opportunità di investimento interessante per investitori con un’ottica di lungo termine come noi. Contemporaneamente, un contesto di tassi di interesse più alti dovrebbe essere di beneficio per l’azionario globale, perciò terremo d’occhio gli altri settori che hanno una maggiore probabilità di beneficiare di un aumento della spesa in infrastrutture, come le società del comparto industriale.

Mercati emergenti: un ottimismo cauto Le prospettive sui mercati emergenti sono ampiamente positive, nonostante i mercati azionari stiano reagendo negativamente all’elezione di Trump.  Fondamentalmente, l’inflazione è smorzata dai prezzi bassi del petrolio e dei prodotti alimentari, anche se si stima che il prezzo del greggio potrebbe salire nel 2017 a $65-70 al barile dagli attuali $45-50, supportato da tre anni consecutivi di tagli senza precedenti della spesa da parte delle maggiori società petrolifere. La Russia e l’India dovrebbero mettere in campo ulteriori tagli dei tassi di interesse, mentre la crescita cinese si è stabilizzata nonostante il settore dei servizi sia ancora in rapida crescita. Nel 2017, invece, il Brasile affronta la sfida più grande: la spesa pubblica eccessiva. I tassi di interesse dei mercati emergenti sono diminuiti in modo importante nel corso degli ultimi 18 mesi e questo inizierà a favorire la crescita economica quando gli effetti dei tagli inizieranno a sentirsi con il consueto ritardo di dodici mesi.

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