Intermonte Advisory e Gestione: “Ecco cosa non ci attendiamo nel 2017”

A cura di Massimo Saitta, Direttore Investimenti di Intermonte Advisory e Gestione

Per investire bisogna focalizzarsi sugli scenari di riferimento non sugli eventi…
Il 2016 è stato un anno in cui la maggior parte degli investitori ed operatori di mercato si sono focalizzati sugli eventi politico/economici. Il referendum sul Brexit prima e le elezioni negli Stati Uniti e il referendum costituzionale in Italia poi hanno catalizzato infatti l’attenzione. Una larga fetta del tempo è stata quindi utilizzata per analizzare i diversi aspetti di tali eventi, i possibili risultati, i sondaggi e gli effetti dei molteplici esiti sulle diverse categorie di attivo piuttosto che a livello di settori o in relazione alle valute, o come conseguenza sui tassi di interesse. Una buona parte di questo sforzo si è rivelata ex post inutile. Il trend che negli ultimi anni ha caratterizzato le chiamate elettorali di qualunque genere contraddistinto da un’elevata imprevedibilità dei risultati è divenuto la norma nel corso del 2016. Le disparità sociali amplificate dagli effetti collaterali delle politiche di allentamento monetario messe in atto per contrastare gli effetti della recessione degli scorsi anni e i movimenti populisti che ne sono derivati hanno stravolto le tradizionali dinamiche del voto. Probabilmente anche i cambiamenti demografici possono essere annoverati tra i motivi che stanno cambiando lo scenario politico del nostro paese così come del nostro continente. Alla vigilia di numerosi appuntamenti elettorali che si terranno nel corso del 2017 in Europa, la situazione prospettica non dovrebbe essere molto differente. Inoltre i mercati stanno diventando sempre più rapidi nel metabolizzare i risultati, attesi o meno, che scaturiscono dagli eventi politici. Ironicamente ormai si dice che i mercati hanno impiegato tre giorni per digerire il Brexit, tre ore per le elezioni americane e tre minuti per il referendum italiano. E’ una parziale forzatura ma che rende bene l’idea di quanto i mercati siano diventati rapidi nella capacità di adattamento.

…che restano i driver per la spettacolarizzazione mediatica e per le incursioni speculative di breve
Le reazioni estreme in termini temporali così come di estensione delle variazioni di prezzo sui mercati, sui titoli e sui settori stanno a segnalare che gli eventi politici o macroeconomici non sono ininfluenti e che essere al posto sbagliato al momento sbagliato può nel breve periodo sottoporre le coronarie degli investitori a sollecitazioni molto forti. Incide anche la forte copertura mediatica per questo tipo di eventi. La necessità di farsi udire dai media spinge anche a calcare un po’ la mano sugli effetti specie nel breve periodo di tali eventi. Molte dei rimbalzi sono stati messi a segno dal non verificarsi immediato di quanto atteso (esemplare in tal senso lo scostamento tra aspettative e realtà di breve dell’economia britannica post Brexit) pur essendo probabile che molte di tali aspettative possano avere un peso significativo e reali sviluppi nel medio/lungo periodo.

Attenzione al posizionamento
Se questo è il quadro a cui far riferimento sempre maggior interesse deve essere rivolto al posizionamento. Nel corso del 2016 si è ben visto l’approccio di breve periodo degli investitori secondo uno schema evento/posizionamento/risultato. Un approccio che porta a posizionarsi in maniera molto direzionale di fronte agli eventi prospettici. E’ singolare che molti di questi posizionamenti nascano anche come copertura ad altri posizionamenti di segno contrario. Le cattive performance di molti prodotti long short nel corso del 2016 stanno ad indicare che anche posizionamenti basati su osservazioni logiche e per questo consensuali corrano il rischio di essere spiazzati dai movimenti di smontaggio post evento che non solo rischiano di annullare gli effetti positivi ma anche di portare la performance complessiva in territorio negativo. Il fatto che ciò avvenga per le ragioni “sbagliate” non è di grande consolazione. Bisogna quindi prestare molta attenzione a capire come il mercato approcci l’evento in termini di posizionamento così da farsi trovare pronti ad eventuali cambiamenti di fronte. Infine bisogna considerare che sempre di più il mercato è fatto di prodotti che tendono a sfuggire alle consuete logiche di volume legate ai singoli nomi di mercato (quali ETF smart beta o settoriali, futures, opzioni e strumenti derivati) ma che possono impattare sui movimenti in maniera estremamente significativa.

Focalizzarsi sui punti di inversione
Analizzando ex post il 2016 possiamo dire che i veri punti di inversione per i mercati europei sono stati
sostanzialmente due nel corso dell’anno: il rimbalzo del petrolio e delle altre materie prime dal mese di marzo in poi e il rimbalzo dei tassi di interesse dalla fine di agosto/inizio settembre. I due eventi sono collegati dalla consequenzialità tra recupero delle materie prime e recupero delle attese di inflazione. Anche le politiche monetarie hanno in qualche modo dovuto adeguarsi ma, prima del QE, ad essere stato messo in crisi è stato il paradigma “tassi negativi per sempre” che sembrava potesse essere il mantra dei mercati per un periodo ancora molto prolungato. Un movimento iniziato negli Stati Uniti, essendo il ciclo delle politiche di stimolo monetario in fase decisamente più avanzata, ma che si è trasferita progressivamente anche al di qua dell’Oceano. Anche il rimbalzo del petrolio è avvenuto ben prima che si parlasse di tagli alla produzione che si sono concretizzati solo alla fine dell’anno. Si è di fatto esaurito un movimento pluriennale di contrazione dei prezzi delle materie prime denominate in dollari che era stato innescato/enfatizzato dal periodo recessivo successivo alla crisi economica del 2008 e soprattutto dalle politiche monetarie a partire dal 2014. L’impatto sui titoli del settore energia e petrolio prima e dei settori bancario e finanziario poi sono la diretta conseguenza di questi due cambiamenti. Enfatizzati dalla elezione di Trump e dalla fase di transizione verso attese di maggiori stimoli fiscali rispetto alle politiche monetarie fin qui seguite questi due eventi hanno cambiato lo schema di riferimento dei mercati nel corso dell’anno finendo per normalizzare i risultati tra settori che pure hanno avuto escursioni relative molto significative nel corso del 2016. 50 centesimi di rimbalzo dei tassi sul bund hanno innescato un rimbalzo del comparto bancario del 17/18% in Europa e ancora più consistente sul mercato domestico in cui il posizionamento era ancora più scarico a causa delle attese ricapitalizzazioni legate all’aumento della copertura dello stock di crediti deteriorati. Analogo ma di segno inverso l’effetto sulle società municipalizzate ed erogatrici di servizi su mercati regolamentati che erano state tra le preferite dei listini nel corso dell’anno per la loro stabilità e i dividendi molto elevati.

L’immaginazione al potere!
Una capacità che è quindi tornata prepotentemente in auge nel corso di quest’anno si riassume in questo
vecchio slogan sessantottino. Analisti e investitori hanno abbandonato la capacità di immaginare scenari
differenti rispetto a quelli proposti dal consenso generale. Immaginare scenari diversi da quelli condivisi forse non ci mette al riparo dalla difficoltà di anticipare i cambiamenti in atto ma ci consente di dubitare della validità degli scenari di riferimento creando le condizioni per riconoscere i mutamenti prima che una parte di quest’ultimi abbia prodotto i suoi effetti sui prezzi di borsa. Questo non significa neppure che i numeri che sono alla base degli approcci algoritmici quantitativi così in voga negli ultimi anni non siano indicatori validi. Il punto è scremare quelli che veramente danno segnali forti di medio periodo da quelli più utili per definire un quadro di breve.

Il 2017: cosa NON ci attendiamo al momento?
Negli Usa non si si attendono più di due rialzi dei tassi ufficiali ma se l’economia dovesse rispondere meglio del previsto agli stimoli fiscali della nuova amministrazione potremmo averne anche 3 o 4. Se così fosse i rendimenti negli Usa potrebbero nel corso dell’anno rompere al rialzo il trend di lungo periodo mettendo ulteriormente sotto pressione i cosiddetti “interest sensitive stocks”. In Italia i rendimenti di questi titoli rimangono molto elevati (spesso sopra il 5%) e fino alla data dello stacco che in molti casi avviene a maggio potrebbero godere di una sorta di protezione. Di converso le banche che hanno beneficiato di un dicembre 2016 fenomenale borsisticamente parlando si trovano a dover affrontare gli annunciati aumenti di capitale ad inizio 2017. Potrebbero quindi rallentare un po’ la corsa anche se lo scenario rimane nel complesso favorevole. Il mercato comincia ad incorporare anche l’avvicendarsi di regole meno severe in termini di requisiti patrimoniali rispetto all’atteggiamento molto drastico che ha interessato alcune banche italiane la cui onda lunga, come dicevamo, è rappresentata dalle prossime ricapitalizzazione di Unicredit, Paschi e banche venete (Veneto Banca e Vicentina). Le richieste di soldi freschi sul mercato si scontra al momento con un clima piuttosto compiacente sul settore bancario. Sul fronte del prezzo del petrolio non ci si aspetta che il prezzo resti sui livelli attuali (in genere le attese posizionano il greggio sopra ai 60 dollari al barile per fine 2017) nonostante un barile sopra i 50 dollari rimetta in gioco molti produttori americani con il rischio di vanificare in termini di prezzo l’accordo sul taglio raggiunto dall’OPEC. Le straordinarie capacità reattive dei mercati di fronte agli inattesi risultati elettorali ci stanno convincendo che abbiano poco impatto anche nel breve periodo. Il 2017 è così ricco di stimoli sotto questo profilo che è improbabile che non vadano ad incidere sull’andamento dei listini. In conclusione NON ci aspettiamo che il 2017 replichi il 2016 con un inizio anno devastante bensì il contrario, il che di per sé dovrebbe spingerci ad immaginare (solo immaginare!) di stare pronti con qualche precauzione.

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