La finanza comportamentale ha un problema semantico: provare emozioni non è irrazionale

A cura di Stuart Canning, M&G Investments
I clienti sono scettici quando parliamo di finanza comportamentale applicata all’analisi del comportamento dei mercati. La finanza comportamentale sembra una materia nebulosa già in sé e la letteratura meglio conosciuta si concentra per lo più sulle decisioni dei singoli, non sull’applicabilità dello stesso concetto ai mercati in generale.
Nel contempo, espressioni come “comportamento irrazionale” e “appetito per il rischio” tendono ad essere utilizzate impropriamente, tanto che non di rado finiscono per sembrare illogiche e viziate. Il problema è più grande di quanto possa apparire: la mancata comprensione di ciò che determina i movimenti di mercato rende più difficile valutare se tali situazioni offrano opportunità di investimento oppure no.
Questi aspetti sono stati illustrati in modo molto efficace sia da un articolo di Nassim Nicholas Taleb uscito la seconda settimana di settembre, sia dai commenti di vari osservatori sulle performance positive dei mercati azionari mondiali.
Avversione alla perdita e irrazionalità
A dicembre scorso ho scritto un articolo (“Gli investitori obbligazionari di oggi sono irrazionali?”) citando il lavoro di Nassim Nicholas Taleb e altri sul concetto di “avversione alla perdita”.
Taleb sostiene che non è necessariamente irrazionale essere “avversi alla perdita”, ossia rifiutarsi di accettare una scommessa anche se il rendimento atteso è positivo. In un articolo recente sulla natura dell’assunzione del rischio Taleb espone chiaramente il suo punto di vista: quando l’ordine dei risultati conta (pensate alla roulette russa), il risultato medio di scommesse ripetute non è un buon indicatore per stabilire se una decisione sia razionale oppure no.
Può sembrare una netta contraddizione della finanza comportamentale, spesso percepita come una disciplina volta a individuare i comportamenti “irrazionali” degli investitori. Tuttavia, affrontando l’avversione alla perdita nel suo libro intitolato “Pensieri lenti e veloci”, Daniel Kahneman propone una tesi simile:

anzi, una frase di quel libro si avvicina molto alle argomentazioni proposte di recente da Taleb sull’importanza della sopravvivenza come criterio per stabilire cosa è o non è razionale:

La realtà è che, come spesso accade nel mondo accademico, la letteratura dedicata alla finanza comportamentale utilizza una definizione di “razionale” diversa da quella che tutti conosciamo. Il lavoro di Kahneman non ha fatto altro che dimostrare come il modello di razionalità precedente degli economisti (“teoria dell’utilità attesa”) non rifletta il comportamento effettivo delle persone nel mondo reale.
Ma la finanza comportamentale non ha mai sostenuto che la definizione di “razionale” data dagli economisti rappresenti il modo in cui le persone dovrebbero comportarsi.  Un’ultima citazione ripresa da “Pensieri lenti e veloci” lo dice esplicitamente:

Potrebbe sembrare irrilevante, ma questa confusione sulle definizioni di “razionale” e “irrazionale” può emergere anche nella descrizione dei movimenti di prezzo a livello di mercato aggregato. E quando la confusione prevale, è facile fraintendere quale sia la vera origine dei movimenti di prezzo.
Stiamo parlando di una cosa importante, poiché gli investitori che cercano di “battere il mercato” devono avere un’idea chiara di ciò che intendono fare. Se sono viziati i modelli che spiegano i movimenti di prezzo, soprattutto quando implicano che il comportamento di mercato aggregato è in qualche modo “stupido” o “nevrotico”, il processo decisionale può essere altrettanto viziato. Le descrizioni dell’andamento dei prezzi nella seconda settimana di settembre lo illustrano efficacemente.
L’ “appetito per il rischio” non spiega il comportamento di mercato aggregato
L’espressione “appetito per il rischio” si incontra spesso negli articoli che descrivono il comportamento del mercato. Questi sono alcuni titoli di lunedì 11 settembre sul rialzo generale dei mercati azionari:

L’ “appetito per il rischio” è un concetto associato alla finanza comportamentale nella misura in cui spiega i movimenti di mercato che affondano le radici nel comportamento umano. Inoltre richiama il concetto di “avversione al rischio”, che cerca di valutare in che misura qualcuno potrebbe preferire una “cosa certa” a un guadagno incerto.
Ma basta a spiegare cosa è successo quel lunedì? Possibile che gli investitori siano diventati improvvisamente disposti ad assumere più rischio a fronte degli stessi guadagni rispetto al giorno prima?
Non è quello che direbbe la finanza comportamentale. I fatti indicano come improbabile che l’ “appetito per il rischio” degli investitori (nella misura in cui qualcuno ragioni in questi termini) sia cambiato dalla sera alla mattina. Al contrario, i movimenti di prezzo rifletteranno la convinzione che il rischio è diminuito o che i guadagni potenziali sono aumentati (oppure, quando i movimenti sono modesti come quelli considerati, le forze per lo più casuali spiegano in realtà molto poco). L’idea di appetito per il rischio variabile, in particolare se visto come irrazionale, non è una spiegazione utile di ciò che accade sui mercati.
Ma allora cosa possiamo dire dei movimenti di mercato e della relazione con la finanza comportamentale?
Opportunità razionali: una spiegazione del comportamento di mercato aggregato
Come le osservazioni di Kahneman sulle decisioni individuali, il lavoro sulla finanza comportamentale di Robert Shiller ha suggerito che i mercati, in aggregato, sono stati “irrazionali” nella misura in cui sono risultati difformi dalla definizione di razionalità proposta da chi crede nei mercati efficienti (i prezzi sono più volatili di quanto dovrebbero secondo le teorie delle aspettative razionali).

Questo non vuol dire che i mercati siano necessariamente “irragionevoli” o stupidi. Potrebbe essere molto razionale (nel senso comunemente attribuito al termine) inseguire una bolla (o impiegare uno stop loss) per un investitore a breve termine o un gestore professionista i cui risultati sono valutati in confronto a quelli dei suoi pari. Per questo tipo di investitori a breve termine, andare controcorrente costituisce una minaccia maggiore per la sopravvivenza (in termini di rischi per la carriera), che non lasciarsi trascinare. Si possono ipotizzare origini simili per le osservazioni di Taleb secondo cui molti di noi, nel valutare la probabilità, tendono a tralasciare la non linearità e ignorare gli eventi inattesi.
Come ho scritto a maggio, gli elementi evolutivi delle ipotesi sui mercati efficienti di Andrew Lo forniscono una spiegazione possibile del motivo per cui anche l’orizzonte temporale dell’investitore medio potrebbe cambiare nel tempo, mentre un ottimo articolo di Morgan Housel pubblicato a giugno definisce chiaramente un modello in cui le bolle non richiedono “irrazionalità”, ma sono provocate semplicemente da “persone con obiettivi diversi convinte di giocare la stessa partita”.
Queste sono solo ipotesi sul motivo per cui è possibile che investitori diversi in possesso delle stesse informazioni arrivino a formulare previsioni differenti sui prezzi futuri, senza che nessuno di loro sia “irrazionale” (è questa la base della teoria delle “convinzioni razionali” di Mordecai Kurz).
È importante sottolineare che le origini dei movimenti di prezzo possono essere razionali, ma questo non vuol dire che non siano opportunità per altri investitori o che l’emozione non abbia alcun ruolo. Dal nostro punto di vista, gli errori cognitivi individuati dalla finanza comportamentale e dalla psicologia (attaccamento all’esperienza passata, fallacia della probabilità di base, estrapolazione) spesso hanno un’origine emotiva e possono a loro volta influenzare il modo in cui gli investitori formulano le previsioni. Peraltro, le emozioni non sempre comportano decisioni più sbagliate.
Fare una valutazione quantitativa del ruolo svolto da queste forze diverse in sistemi complessi è necessariamente difficile (se non impossibile), quindi chi vede la finanza comportamentale come una disciplina poco rigorosa non troverà grosso conforto. Tuttavia, gli esempi citati mostrano che la finanza comportamentale, se compresa adeguatamente, può dare spunti utili per capire i meccanismi di determinazione dei prezzi (soprattutto in relazione alle teorie dei mercati efficienti). Capire questi aspetti è essenziale per cercare di formulare qualsiasi tipo di processo di investimento

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