La volatilità è tornata

A cura di GAM

La particolarità più evidente del recente movimento ribassista dei mercati è la differenza tra la fluttuazione dei prezzi dell’azionario e di quelli degli altri asset. La volatilità implicita long e short sull’azionario è stata tra i trade più “affollati”, indicativi del fatto che le manovre di gestione del rischio in risposta ai primi movimenti di mercato hanno accelerato il sell-off. Nonostante ciò, sebbene i fattori tecnici potrebbero aver contribuito a determinare la portata della correzione, la causa scatenante sembra vada ricercata nei fondamentali dato che i partecipanti al mercato stanno iniziando a scendere a patti con l’idea di dover accettare la fine della cosiddetta “nuova normalità”. Con la prospettiva di aumento dell’inflazione che riduce gli utili societari e rende meno prevedibili le politiche monetarie future, crediamo che le aspettative per i rendimenti azionari debbano essere riviste al ribasso con la crescita della volatilità.

Avevamo da tempo annunciato una ripresa della pressione inflazionistica e posizionato di conseguenza i nostri portafogli azionari globali, cercando di beneficiare di un ambiente caratterizzato da tassi di interesse più alti. Un aumento di questi ultimi potrebbe limitare le valutazioni dell’azionario, ma le società più solide beneficeranno della crescita degli utili e dei miglioramenti dell’economia globale. Sul medio-lungo periodo ci aspettiamo quindi che questi titoli crescano in linea con gli utili, creando un contesto positivo per i rendimenti. Ci aspettiamo performance relativamente solide per le strategie value e un aumento della dispersione. Questa marea non eleverà tutte le barche allo stesso modo. Sarà quindi importante concentrarsi sui fondamentali e su un’attenta selezione dei titoli. Sul breve periodo ci potrebbero essere altri shock tecnici, in quanto traders molto esposti alla leva si dovranno adattare ad un ambiente meno correlato. Nel lungo termine tuttavia il mercato azionario andrà come sempre a riflettere la capacità di generare utili delle società sottostanti. Continueremo quindi a focalizzarci sui fondamentali in un contesto economico di miglioramento.

Non crediamo che il recente sell off del mercato europeo sia dovuto allo stato della crescita economica o dei fondamentali societari in Europa. Potrebbe piuttosto riflettere una reazione del mercato da livelli di volatilità estremamente bassi ad altri più normali, con un riposizionamento di alcuni player di mercato sul breve termine. I fondamentali dell’azionario europeo sono molto buoni con una crescita economica solida, una buona crescita degli utili societari e le valutazioni sono nella media.

Non vediamo particolari ragioni di panico visto che i dati economici rimangono positivi negli Stati Uniti e in Europa, e l’outlook per la crescita globale è robusto. Questo dovrebbe continuare a essere di sostegno al debito dei mercati emergenti in valuta locale, dopo la buona performance degli ultimi due anni. Le divise degli emergenti sono valutate correttamente e le bilance commerciali degli EM sono solide. Siamo quindi in una situazione fondamentalmente differente rispetto a tutti i precedenti sell-off degli ultimi vent’anni. Prestiamo attenzione al dollaro, che potrebbe salire se la Fed si trovasse costretta a cambiare la sua posizione e passare dall’attuale restringimento proattivo e preventivo a una politica più aggressiva in seguito a un’evidente ripresa dell’inflazione negli USA. Tuttavia, in base ai dati più recenti, non ci aspettiamo che questo succeda nel prossimo futuro.

Le politiche monetarie stanno portando a un aumento dei tassi in Nord America e nel Regno Unito. Dopo anni di tagli dei tassi, la maggior parte delle banche centrali hanno raggiunto un nadir. Nel caso dell’Europa e del Giappone, qualsivoglia cambio nelle politiche potrebbe tardare ad arrivare. Questo non farà felici gli short sellers.  Ma rimuovere le misure di emergenza più aggressive, per riportare i tassi di breve termine allo zero o in territorio positivo, non sarebbe tanto una contraddizione quanto eliminare le distorsioni. Il 2018 potrebbe registrare una particolare debolezza nei prezzi dei bond quinquennali in questi paesi. In senso più ampio, i mercati obbligazionari stanno perdendo lo slancio dato delle politiche di tassi in diminuzione di cui hanno beneficiato, in un paese o nell’altro, per quasi 30 anni.

Mentre osserviamo alcuni importanti oscillazioni nei prezzi azionari, l’aspetto importante per le nostre strategie in tempi di incertezza è la solidità della qualità del credito delle società nei nostri portafogli. I recenti annunci sugli utili sono stati in linea con le nostre aspettative e hanno confermato la visione positiva sulle società nelle quali siamo investiti. Il nostro approccio è orientato verso il fornire una relativa insensibilità all’aumento dei tassi, ma stiamo attentamente monitorando i prezzi e potremmo cercare di sfruttare movimenti eccessivi di prezzo aumentando l’esposizione verso le nostre posizioni preferite (cosa che abbiamo già fatto in un qualche modo, ottendendo rendimenti interessanti). La nostra attenzione è rivolta al mantenere la solidità dei nostri crediti e a ricordarci che, anche qualora i prezzi si muovessero al rialzo o al ribasso su base mark-to-market, il rendimento derivante dai coupon che guida la performance dei nostri portafogli matura quotidianamente a livelli interessanti, la qualità del credito resta forte e il valore dei titoli prossimi alla maturità dovrebbe riassestarsi una volta diminuita la volatilità.

I mercati hanno iniziato a tremare alla fine di gennaio e febbraio ha visto un’escalation di vendite nei primi tre giorni di trading, con gli investitori statunitensi che hanno rincorso l’inflazione e un possibile rialzo dei tassi più rapido del previsto. Anche se questo è generalmente visto come una correzione salutare, l’S&P500 ha azzerato il rendimento da inizio anno alla chiusura del 5 febbraio. Allo stesso tempo, l’indice VIX è balzato ai livelli più elevati dal 2015 (38,8 intraday lunedì e ulteriore volatilità dopo la chiusura), i rendimenti dei Treasury americani hanno raggiunto il 2,85% prima di iniziare a essere richiesti come porti sicuri, mentre il dollaro americano ha in qualche modo invertito il proprio trend d’indebolimento, guadagnando l’1% rispetto ai peer dei mercati sviluppati tra il 2 e il 5 febbraio. Anche se i due giorni di correzione si sono estesi a tutti gli asset globali, non lasciando inizialmente spazi sicuri verso cui dirigersi, il consenso resta positivo, in quanto questo è visto come un sano ritracciamento alla luce delle future aspettative riguardo allo sviluppo delle variabili economiche. Tutto punta verso le vendite degli ETF e a un ampio movimento di riduzione del rischio come elementi che hanno pesato sulla magnitudine dei movimenti di prezzo cui abbiamo assistito. Gennaio ha visto il più ampio volume di flussi verso gli ETF e questo slancio si è in qualche modo invertito negli ultimi giorni.

Mentre il sell-off di venerdì guidato dall’azionario è stato ampio nel senso che ha intaccato tutte le asset class, lunedì è stato più simile a un sell-off degli asset di rischio, con gli asset rifugio che ne hanno beneficiato. Di conseguenza non c’era alcun vero “porto sicuro” in quanto i rendimenti dei bond sono inizialmente saliti, le azioni sono cadute e crollate in maniera aggressiva, seguite dagli altri mercati. Nel complesso, i movimenti di mercato a inizio febbraio si sono dimostrati sfidanti, principalmente per via dell’ampiezza del sell-off che ha portato anche a inversioni in molti mercati. Stiamo monitorando e tracciando attentamente la situazione e i movimenti del mercato.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!