L’ascesa dei rendimenti obbligazionari è una lama a doppio taglio per le azioni

di Mark Burgess, Chief Investment Officer EMEA e Responabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments

Uno dei vecchi adagi dei mercati azionari suggerisce di vendere e uscire dai mercati a maggio e non tornare fino al giorno di St Leger (“sell in May, go away, and don’t come back until St Leger’s Day“). Benché non raccomanderemmo mai una strategia tanto semplicistica in un’epoca in cui i mercati finanziari sono così interdipendenti e interconnessi, vista l’attuale debolezza dei mercati obbligazionari alcuni investitori rimpiangeranno sicuramente di non aver venduto ed essere scappati. Dall’inizio di aprile, il rendimento del Treasury USA decennale di riferimento è schizzato dall’1,86% al 2,25%. Finora i mercati creditizi hanno superato la tempesta, ma se i rendimenti delle obbligazioni core continueranno a crescere al ritmo osservato di recente, gli strumenti a più lunga duration come i titoli investment grade saranno inesorabilmente messi sotto pressione. Il livello a partire dal quale i rendimenti dei titoli core ritroveranno la loro attrattiva rimane, a nostro avviso, alquanto distante. Ciònonostante, la debolezza dei mercati obbligazionari fornirà indubbiamente molteplici spunti di riflessione agli investitori alla ricerca di reddito e disposti a investire ovunque.

Per quanto riguarda le azioni, l’ascesa dei rendimenti obbligazionari è una sorta di lama a doppio taglio. Da un lato, il rialzo dei rendimenti implica prospettive di crescita economica più robuste e un ritorno alla normalità dopo un periodo all’insegna di rendimenti obbligazionari molto bassi o addirittura negativi. Dall’altro, un incremento protratto e sostenuto dei rendimenti obbligazionari significa che i tassi di sconto privi di rischio sono probabilmente destinati ad aumentare, il che non giova alle azioni, poiché il valore degli utili e dei profitti futuri viene calcolato ricorrendo al tasso privo di rischio. Dato che in questi ultimi anni i rendimenti azionari sono stati guidati dall’apprezzamento valutativo e dall’abbondante liquidità fornita dal QE, piuttosto che dalla crescita degli utili, una correzione del mercato obbligazionario potrebbe avere effetti destabilizzanti sulle azioni.

Come indicato nei nostri ultimi aggiornamenti, restiamo sovraesposti alle azioni nell’ambito dei portafogli multi-asset, ma abbiamo ridimensionato la nostra esposizione azionaria al fine di contenere il rischio. In ambito azionario, continuiamo a sovraponderare Giappone, Regno Unito, Europa (Regno Unito escluso) e Asia (Giappone escluso), mentre confermiamo il sottopeso sugli Stati Uniti e sui mercati emergenti. Per quanto riguarda il reddito fisso, riteniamo che il rendimento aggiuntivo offerto dalle emissioni investment grade rispetto ai titoli sovrani (130 pb per le obbligazioni societarie USA di alta qualità) sosterrà questa classe di attività vista la mancanza di alternative chiare, specie per gli investitori che possono investire solo nel reddito fisso. Ciò nonostante, il rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato prelude a un periodo di accresciuta instabilità per i mercati creditizi nel breve termine. Monitoreremo attentamente gli sviluppi e attualmente adottiamo un orientamento di duration breve nei nostri portafogli creditizi retail.

La nostra strategia di sovrappeso sulle azioni britanniche si è rivelata vincente nell’ultimo periodo, dato che il FTSE si è apprezzato fino a sfiorare il suo massimo storico sulla scia dell’inatteso esito delle elezioni generali, che hanno visto i Conservatori conquistare la maggioranza assoluta, seppure di stretta misura. Frattanto la Scozia è diventata a tutti gli effetti uno Stato monopartitico, dato che l’SNP controlla ora 56 dei 59 seggi scozzesi a Westminster. Nelle settimane e mesi a venire, è probabile che i temi della devolution e del federalismo continueranno a tenere banco, mentre, ampliando l’orizzonte temporale, nel 2017 si terrà il promesso referendum sull’adesione all’UE. Nel breve termine, i mercati hanno chiaramente apprezzato il risultato elettorale e anche la sterlina ha guadagnato quota. Tuttavia, dalla metà degli anni ’70 a oggi, le prospettive di più lungo corso per il ruolo del Regno Unito in Europa non sono mai state così incerte.

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