L’asset allocation di Ubs WM per il 2° semestre

Di Mark Haefele, Global Chief Investment Officer Wealth Management di Ubs

Crescita e paure
Nonostante i fattori che hanno minacciato di frenare il rialzo azionario, su cui sono stati versati fiumi di inchiostro, nella prima metà del 2017 abbiamo mantenuto in sovrappeso gli strumenti rischiosi. Continuiamo a concentrarci sui dati economici sottostanti, sulla solida crescita degli utili e sul proseguimento degli stimoli delle banche centrali.
La bilancia dei rischi
Nel secondo semestre sarà più difficile trovare il giusto equilibrio tra i vari investimenti, a causa dell’inasprimento monetario della Fed e dell’aumento delle valutazioni azionarie. Inoltre, vari eventi geopolitici potrebbero indurre gli investitori a pretendere premi al rischio più alti.
 Obbligazioni high yield in USD
Confermiamo il sovrappeso nelle azioni globali, ma chiudiamo quello nell’high yield in dollari statunitensi. La posizione ha registrato una buona performance dal suo avvio all’inizio del 2017, ma la contrazione degli spread riduce il potenziale di rialzo residuo.
Euro contro franco svizzero
Apriamo un sovrappeso nell’euro rispetto al franco svizzero. I mercati prevedono una graduale riduzione del quantitative easing della BCE. Questo processo penalizzerà il franco, a causa dei tassi d’interesse reali estremamente negativi e dell’eccesso di liquidità in circolazione in Svizzera.

Un giovane imprenditore del settore tecnologico mi ha detto di recente che l’approccio degli utenti ai social media dipende dalla paura di perdersi qualcosa (fear of missing out, FOMO) o dalla paura di partecipare (fear of joining in, FOJI). Ricorrere ai termini FOMO e FOJI fa apparire la questione più sofisticata di quanto sembri se invece usiamo il vecchio mantra di Wall Street: avidità e paura. Ma il concetto è lo stesso. La corsa al rialzo dei mercati azionari genera sempre più FOMO (avidità) tra gli investitori con disponibilità liquide.

Al contempo, ora che gli indici azionari si attestano sui massimi storici e che le banche centrali potrebbero ritirare gli stimoli monetari, comincia a diffondersi la sensazione di FOJI (paura). Utilizziamo il nostro processo d’investimento per mettere nella giusta prospettiva l’avidità e la paura degli investitori. Sulla base della nostra analisi, nel primo semestre del 2017 abbiamo deciso di mantenere in sovrappeso gli strumenti rischiosi, nonostante i numerosi rischi rilevati su scala globale.

I nostri portafogli hanno beneficiato di questa scelta, poiché il proseguimento degli stimoli monetari, la reflazione cinese e la crescita degli utili globali hanno compensato la crescente aspettativa che le speranze di stimolo fiscale negli Stati Uniti vadano deluse. La nostra decisione di non dare troppo peso ai titoli di stampa e di concentrarci invece sui dati economici sottostanti si è rivelata vincente.

Con l’inizio della seconda metà dell’anno, crediamo che valga ancora la pena mantenere in sovrappeso gli strumenti rischiosi: le banche centrali continuano ad attuare politiche estremamente espansive, gli utili sono in aumento e le azioni rimangono convenienti rispetto alle obbligazioni. In prospettiva, però, diventerà sempre più difficile trovare il giusto equilibrio tra paura e avidità, poiché la Fed ha avviato un ciclo d’inasprimento monetario e, in presenza di una volatilità già contenuta, certi eventi geopolitici potrebbero indurre gli investitori a pretendere premi al rischio più alti. Pertanto, pur confermando il sovrappeso nelle azioni globali, questo mese riduciamo leggermente l’esposizione ai mercati rialzisti e chiudiamo il sovrappeso sui corporate bond high yield in dollari rispetto alle obbligazioni e ai titoli di Stato con rating elevato, poiché le valutazioni sono diventate meno convenienti.

Manteniamo in sovrappeso il dollaro canadese rispetto al dollaro australiano, la corona svedese rispetto al franco svizzero, l’euro rispetto al dollaro statunitense e le azioni dell’eurozona rispetto a quelle del Regno Unito. Apriamo inoltre un sovrappeso nell’euro rispetto al franco svizzero. La via della minore resistenza A mio avviso, molti gestori macro hanno ottenuto performance mediocri poiché dopo la crisi finanziaria non hanno modificato il proprio processo d’investimento per tenere conto del potere degli interventi governativi, che si è manifestato principalmente attraverso gli stimoli monetari, nonché tramite le riforme regolamentari e le politiche fiscali. Anche se l’andamento dei mercati dipende in qualsiasi momento da molteplici fattori, restiamo convinti che, in assenza di altre notizie, oggi i mercati siano trainati da una combinazione di fondamentali positivi (crescita degli utili) e stimoli monetari. Questa dinamica è ancora in corso. Diversamente dalle fasi di espansione monetaria del 2008 e del 2011, oggi i mercati sono sostenuti anche dalla dinamica degli utili. L’attuale tasso di crescita degli utili è il più alto dopo quello registrato durante la ripresa dalla crisi finanziaria, con un incremento del 9% su base annua rispetto alla media ventennale del 5%.

Infine, anche se i mercati hanno registrato una forte progressione, i livelli valutativi non sono così alti da impedire ulteriori rialzi. La figura 3 indica che il rendimento degli utili dell’indice MSCI All Country World è pari al 5,6%, in base agli utili per azione passati a 12 mesi. Pur trattandosi di un livello relativamente contenuto in termini assoluti, è comunque nettamente superiore ai rendimenti offerti dai titoli di Stato a 10 anni, mentre lo scarto tra questi due strumenti era più ridotto (o addirittura negativo) durante i picchi toccati dal mercato nel 2000 e nel 2007.

Alla luce delle valutazioni non ancora eccessive e dei livelli storicamente elevati della crescita degli utili e dell’espansione monetaria, credo che per i mercati la via della minore resistenza sia verso l’alto e quindi, in assenza di altre notizie, mi aspetto che continuino a guadagnare terreno. Ma le forze in gioco sono dinamiche. Abbiamo già visto in passato che una prospettiva apparentemente positiva può cambiare improvvisamente. Pertanto, nei prossimi mesi monitoreremo attentamente gli eventi che potrebbero incidere negativamente sugli stimoli monetari, gli utili o le valutazioni.

Cosa pensiamo dei rischi principali?

  1. Il ritmo dell’inasprimento monetario Il leggero aumento della volatilità registrato lo scorso mese è dovuto essenzialmente ai timori legati al ritiro degli stimoli monetari. Il nostro scenario di riferimento rimane incentrato su un graduale passaggio delle banche centrali a una politica meno accomodante, ma senza strappi. L’inflazione si mantiene ancora a livelli contenuti: negli Stati Uniti registra valori inferiori alle attese ormai da quattro mesi consecutivi e, al netto delle spese per gli alloggi (mutuo o affitto), si attesta ai minimi dal 2004. Inoltre, le banche centrali di tutto il mondo hanno confermato che intendono seguire un approccio graduale. Potremmo cominciare a preoccuparci se, a causa di una variazione nella tendenza dei dati economici o di un errore di comunicazione, la situazione sfuggisse di mano alle banche centrali, facendo proseguire la flessione delle obbligazioni. A nostro avviso, un rendimento dell’1% sui Bund tedeschi a 10 anni o di circa il 3% sui Treasury americani (rispettivamente 40 e 70 pb al di sopra degli attuali livelli) potrebbe innervosire i mercati azionari, poiché comporterebbe un inasprimento delle condizioni finanziarie, peserebbe sugli utili e ridurrebbe il premio di valutazione delle azioni e di altri strumenti rischiosi.
  1. Come procederà la crescita degli utili? Negli ultimi 20 anni si sono verificati 4 episodi di contrazione degli utili delle società quotate globali su base annua rispetto all’anno precedente. La causa è sempre stata una combinazione di fattori quali un pesante rallentamento della crescita economica (2001, 2008, 2011/2012), un forte apprezzamento del dollaro statunitense (2015) e/o una variazione improvvisa dei prezzi delle materie prime (2008 e 2015). Dato che il dollaro è già sopravvalutato e molte materie prime combattono contro l’eccesso di offerta, questi due fattori non dovrebbero causare una flessione degli utili. Inoltre, in questo momento un rallentamento della crescita dei Paesi sviluppati appare meno probabile. La bassa inflazione indica che le economie avanzate non vanno incontro a un surriscaldamento; l’eurozona in particolare registra ancora un’elevata manodopera disponibile; e il rapporto debito privato/PIL delle nazioni sviluppate è diminuito di circa 30 punti percentuali rispetto alla crisi finanziaria. Detto ciò, monitoriamo attentamente la situazione della Cina, che rappresenta un potenziale fattore di rischio. I mercati sono stati sostenuti dalla crescita del credito cinese, che ha dato impulso all’economia nazionale e alla liquidità globale. Negli ultimi anni il governo è riuscito a controllare il rallentamento economico e le scommesse sul tracollo della Cina si sono rivelate infruttuose. Al contrario, i dati più recenti confermano che la crescita cinese rimane solida e che gli interventi di Pechino per frenare le fuoriuscite di capitali hanno avuto successo. Per capire se questa dinamica vada incontro a un’inversione di tendenza continuiamo a osservare i dati congiunturali, tra cui gli indici dei responsabili degli acquisti (PMI), le vendite al dettaglio, gli indicatori del mercato immobiliare, gli utili delle società esposte alla Cina e il clima di fiducia nel settore manifatturiero globale.
  1. Gli eventi legati al premio al rischio Le valutazioni azionarie sono salite anche grazie alla percezione di un rischio relativamente contenuto. A giugno, infatti, la volatilità dei mercati azionari ha toccato i livelli più bassi da oltre 20 anni. Occorrerà quindi monitorare con attenzione gli eventi in grado di mutare tale percezione e di indurre gli investitori a pretendere premi al rischio più alti (che corrispondono a valutazioni più basse), anche se gli eventi in questione non hanno un effetto immediato sull’economia. Tra questi annoveriamo, ad esempio, le questioni geopolitiche come i test missilistici della Corea del Nord, le tensioni con il Qatar e i timori relativi al protezionismo degli Stati Uniti. Negli ultimi anni, come anche dall’inizio di quest’anno, è valsa la pena guardare oltre i rischi geopolitici. Il KOSPI sudcoreano guadagna il 20% da inizio anno, nonostante la minaccia associata alla Corea del Nord, e le quotazioni petrolifere sono scese del 13%, malgrado il deterioramento dei rapporti tra Arabia Saudita e Iran. Continueremo tuttavia a monitorare gli eventuali sviluppi in grado di innescare un aumento dei premi al rischio. Per quanto riguarda la Corea, crediamo che un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti possa acuire i timori del mercato, il cui livello può essere monitorato attraverso gli spread dei CDS coreani. Teniamo sotto osservazione il prezzo del petrolio come barometro delle tensioni tra Arabia Saudita e Iran, poiché un’impennata del greggio potrebbe generare timori circa l’andamento dell’inflazione e degli utili. E anche se la preoccupazione legata alle politiche commerciali degli Stati Uniti si è attenuata negli ultimi mesi, permettendo alle valute emergenti di apprezzarsi, cercheremo di non farci sfuggire gli eventuali segnali di una virata protezionistica, che potrebbe mettere in discussione la sostenibilità della crescita mondiale.

In sintesi Per il momento credo che i mercati possano sorprendere al rialzo, nel quadro degli stimoli monetari vicini a livelli record, della crescita degli utili e delle valutazioni ragionevoli su base relativa. Tra gli investitori dovrebbe continuare a prevalere l’avidità (FOMO) rispetto alla paura (FOJI). Nell’ambito dell’asset allocation tattica globale, confermiamo quindi il sovrappeso nelle azioni globali rispetto alle obbligazioni e ai titoli di Stato con rating elevato. Tuttavia, gli investitori dovranno monitorare attentamente i rischi, accertarsi di non essere troppo esposti al potenziale ribasso di mercati specifici e cercare opportunità di valore relativo da sfruttare.

Asset allocation

Manteniamo una moderata propensione al rischio nella nostra asset allocation tattica globale. Nel complesso crediamo che i fattori positivi, quali il consolidamento della ripresa mondiale, l’accelerazione degli utili e i continui stimoli monetari, possano più che compensare quelli negativi, come il graduale inasprimento monetario della Fed, i timori sulle valutazioni azionarie e i rischi geopolitici. Questo mese apportiamo due modifiche alla nostra asset allocation tattica.

Chiudiamo il sovrappeso nell’high yield in dollari rispetto alle obbligazioni e ai titoli di Stato con rating elevato. La posizione ha registrato una buona performance dal suo avvio a gennaio 2017, con una contrazione media degli spread di 30 pb, a 370 pb. L’attuale rendimento alla scadenza del 6% è ancora superiore rispetto a quello dei titoli con rating più alto e i rischi d’insolvenza restano bassi (appena il 2,2% negli ultimi 12 mesi); a nostro avviso, però, le valutazioni sono diventate meno convenienti e il potenziale di rialzo si è ridotto.

Crediamo che le azioni possano offrire rendimenti più elevati al netto dei rischi, poiché il ciclo economico continua a maturare in un contesto di solida crescita del PIL e degli utili. Detto questo, i titoli high yield continuano a rappresentare un elemento importante per le strategie d’investimento a lungo termine e continuiamo a detenerli nelle nostre asset allocation strategiche. Apriamo un sovrappeso nell’euro rispetto al franco svizzero.

Ci aspettiamo che l’euro continui ad accelerare, poiché i mercati si preparano a una graduale riduzione dello stimolo monetario. Questo processo dovrebbe penalizzare il franco, in quanto i tassi d’interesse reali sono estremamente negativi e il calo dell’incertezza politica nell’eurozona fa diminuire gli afflussi verso la valuta rifugio. Manteniamo inoltre diverse posizioni assunte nei mesi scorsi. Sovrappesiamo le azioni globali. Nell’ultimo mese i dati economici hanno confermato il quadro positivo per i mercati azionari globali. La crescita del PIL e le vendite al dettaglio in Cina hanno superato le attese e l’indice ISM dei responsabili degli acquisti nel settore manifatturiero statunitense ha recuperato terreno, dopo la precedente flessione.

Per l’intero esercizio continuiamo ad aspettarci una crescita degli utili globali del 10-15%. Sovrappesiamo le azioni dell’eurozona rispetto a quelle del Regno Unito. Il nostro ottimismo circa lo slancio dell’eurozona è avvalorato dai dati positivi: l’indice Ifo della fiducia delle imprese in Germania ha toccato nuovi massimi e il più ampio PMI Markit del settore manifatturiero della regione è salito ancora. Queste condizioni si traducono in un’accelerazione degli utili, nonostante il freno esercitato dalla forza dell’euro. Al contrario, la crescita degli utili britannici sarà ostacolata dall’impatto della debolezza dei prezzi delle materie prime sui settori dell’energia e dei materiali nel corso di quest’anno e, più in generale, dalla scomparsa dell’effetto base legato alla sterlina debole. Sovrappesiamo la corona svedese rispetto al franco svizzero.

L’economia della Svezia si mantiene robusta e il PMI di giugno è salito da 58,8 punti a 62,4. Le aspettative d’inflazione si mantengono ai livelli più alti dal 2012, avvalorando la nostra tesi di un’imminente stretta monetaria della Riksbank.

Invece, il franco svizzero rimane vulnerabile per le ragioni sopra illustrate. Sovrappesiamo il dollaro canadese rispetto al dollaro australiano. L’economia del Canada si sta riprendendo bene dalla fase di debolezza del 2015, mentre l’Australia risente dei bassi prezzi delle materie prime. Inoltre, le valutazioni giocano a favore di questa posizione: secondo le nostre stime, l’AUD è sopravvalutato del 17% rispetto al CAD.

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