L’attrattiva dell’oro sul lungo periodo resta intatta

A cura di Joseph Foster, Gold Stategist e Portfolio Manager di VanEck

A quanto pare, l’oro sta ora consolidando le perdite accusate nel periodo successivo alle elezioni presidenziali statunitensi di novembre. Il metallo giallo ha raggiunto i minimi di dicembre scendendo a USD 1137 l’oncia a seguito dell’annuncio del 14 dicembre in cui la Federal Reserve (Fed) comunicava l’intenzione di aumentare il tasso sui federal fund1 di 25 punti base. La decisione della Fed ha altresì fatto schizzare l’indice del dollaro statunitense (U.S. Dollar Index, DXY)2 a nuovi massimi. L’oro ha chiuso il mese a quota USD 1152,27 l’oncia, con un ribasso di USD 20,98 (pari all’1,8%). Per i rimborsi netti in fondi indicizzati quotati (ETP) su lingotti d’oro, la flessione iniziata all’indomani del voto negli Stati Uniti è proseguita, anche se a un ritmo meno sostenuto verso fine anno. Dalla vittoria alle urne di Donald Trump, sono stati registrati deflussi netti pari a 7,2 milioni di once in ETP su lingotti d’oro. Nel complesso gli afflussi netti per il 2016 si sono attestati al livello comunque considerevole di 11,8 milioni di once.

Sono stati interessati da un consolidamento anche i titoli auriferi, con un rialzo dell’1,1% del NYSE Arca Gold Miners Index (GDMNTR) a fronte di una flessione del 2,0% del MVIS Global Junior Gold Miners Index (MVGDXJTR).

Alcuni eventi di mercato – anche se ignorati – potrebbero offrire sostegno aggiuntivo a lungo termine A dicembre si sono verificati due eventi indipendenti tra loro, perlopiù ignorati dai mercati, che a nostro avviso potrebbero avere ricadute positive per l’oro su un orizzonte di lungo periodo. Il 4 dicembre gli elettori italiani hanno bocciato un referendum costituzionale. Questo risultato si è tradotto in un voto di sfiducia al premier Matteo Renzi, il quale ha poi immediatamente rassegnato le sue dimissioni. Si tratta soltanto dell’ultima, in ordine di tempo, di una serie di vittorie populiste a livello internazionale alimentate dalla frustrazione dell’elettorato nei confronti dei partiti politici tradizionali, incapaci di varare politiche volte a creare i necessari posti di lavoro. Per contro, le politiche del dopo-crisi hanno invece prodotto una pletora senza precedenti di normative, esperimenti valutari, misure di risparmio ed espansione del debito. L’esito del referendum ha ridato slancio ai partiti di opposizione in Italia che mettono in dubbio le ragioni della permanenza del paese nell’Unione europea (UE). L’attuazione della Brexit nel 2017 pone rischi significativi per l’economia europea e il referendum in Italia non è che un’ulteriore conferma dell’esistenza di un movimento più ampio che mina alle fondamenta dell’UE. Nel 2017 sono inoltre in programma diverse elezioni importanti nei Paesi Bassi (marzo), in Francia (aprile) e in Germania (agosto/ottobre). Il prezzo dell’oro potrebbe beneficiare di un incremento dei rischi di una spaccatura dell’Unione europea.

Il 5 dicembre ha avuto luogo un secondo evento potenzialmente vantaggioso per l’oro: la pubblicazione dello Shari’ah Standard on Gold (lo Standard) da parte dell’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions (AAOIFI).5 Tale Standard definisce per la prima volta specifiche norme che disciplinano l’utilizzo di oro a fini di investimento nell’industria finanziaria islamica. Sino ad ora non esistevano infatti regole di questo tipo, il che generava confusione sull’ammissibilità degli investimenti in oro per le famiglie islamiche. Chi desiderava possedere oro era costretto a limitare i propri investimenti al comparto dei gioielli. Lo Standard stabilisce inoltre che è consentito investire in titoli di miniere aurifere. A una fascia importante della popolazione globale che nutre già un interesse per l’oro, tale provvedimento consente di inaugurare possibili investimenti in lingotti d’oro, monete, ETP e titoli.

Il 2016 dovrebbe essere ricordato come un anno di forte performance e un punto di svolta per l’oro Se è vero che il rendimento di oro e titoli auriferi subito dopo le elezioni è stato deludente, il 2016 resta nel complesso un anno proficuo, che ha segnato un importante punto di svolta per gli investimenti in oro. Nel 2016 l’oro ha guadagnato USD 91 l’oncia (ovvero l’8,6%), archiviando così il suo primo progresso annuale da quattro anni. Comunque i principali protagonisti sono stati i titoli auriferi, con una crescita del 54,4% per il GDMNTR e del 75,1% per il MVGDXJTR. Tra le numerose ragioni alla base della spettacolare performance dei titoli auriferi si annoverano:

  • una ripresa dai livelli di mercato ribassista del 2015 con un eccessivo ipervenduto a causa della scarsa attrattività del settore per gli investitori e, di conseguenza, di valutazioni a minimi record;
  • la capacità delle società aurifere di convincere gli investitori mediante controlli sui costi, risultati operativi e disciplina finanziaria in tutti gli ambiti;
  • l’effetto leva degli utili sul prezzo dell’oro.

Una performance robusta come quella del 2016 è una caratteristica che accomuna una serie di momenti di svolta importanti sul mercato dell’oro. A titolo di esempio, nel 2002 il GDMNTR era salito dell’80%, mentre nel 2009 l’indice era cresciuto del 37%.

Attenzione al consenso e alle reazioni eccessive a breve termine Se c’è una lezione che il 2016 ci ha insegnato è che, verosimilmente, qualsiasi sia l’opinione di consenso riguardo all’evoluzione dell’economia, degli investimenti o della politica per il prossimo anno, essa si rivelerà sbagliata. Quest’anno la Fed si mostra nuovamente ottimista riguardo all’economia statunitense, prospettando tre rialzi dei tassi nel 2017. A dicembre il mercato ha reagito a tali stime vendendo oro e spingendo in alto il dollaro USA. Tuttavia, in passato le previsioni della Fed non si sono dimostrate particolarmente attendibili, e non c’è ragione per credere che nel 2017 le cose debbano andare diversamente. In questo periodo, all’incirca un anno fa, la Fed aveva messo in conto quattro incrementi dei tassi nel 2016, per poi attuarne soltanto uno.

La «luna di miele» di Donald Trump e il mercato azionario è in pieno svolgimento, con i media finanziari che si accingono a celebrare l’eventuale superamento della soglia di 20.000 punti da parte del Dow Jones Industrial Average (DJIA)6. Il mercato azionario riflette un’opinione di consenso che indica una crescita economica sostenuta, e senz’altro l’amministrazione Trump è potenzialmente in grado di attuare politiche tali da stimolare la crescita. Tuttavia, il mercato sembra ignorare molti dei possibili fattori a rischio che la nuova amministrazione potrebbe trovarsi a fronteggiare. Tra questi figurano l’intenzione di modificare trattati commerciali, le politiche in materia di immigrazione, i democratici e i propugnatori di una politica di deficit in seno al Congresso, il debito pubblico e l’inasprimento della Fed. A compromettere gli sforzi del nuovo governo potrebbero altresì concorrere possibili mosse di Cina o Russia, tensioni nell’UE e conflitti nel Medio Oriente. Noi crediamo che nel 2017 verranno allo scoperto molti di questi rischi, invertendo il sentiment positivo sul mercato azionario e sul dollaro USA, a beneficio dell’oro.

Costituzione delle basi per un mercato rialzista a lungo termine Per la maggior parte del 2016, il nostro giudizio è stato estremamente rialzista sull’oro, nella convinzione che avesse inaugurato una nuova fase di mercato «toro». Tale assunto era basato sui dati fondamentali, tra cui livelli di debito sovrano senza precedenti in tempi di pace e politiche monetarie, come il quantitative easing7 e i tassi negativi, che producono una distorsione dei mercati e rappresentano rischi sistemici. Benché fossimo stati un po’ troppo veloci nel prevedere un nuovo mercato rialzista per l’oro, restiamo del parere che i suddetti rischi finiranno per riportare l’oro a nuovi massimi. Ciononostante, la direzione imboccata dai mercati dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti ci ha colti del tutto di sorpresa. Il sentiment positivo nei confronti dell’oro si è rivelato incostante e sembra che al mercato occorrano prove più convincenti del fatto che i rischi che si delineano all’orizzonte sono in effetti imminenti. In prospettiva attuale, vediamo ora il 2016 e 2017 come una fase di assestamento per l’oro che dovrebbe verosimilmente preludere all’avvento di un mercato rialzista. La tendenza del mercato «orso» dal 2011 al 2015 si è palesemente interrotta, e il 2016 ci ha mostrato che gli investitori temono sempre di più qualsiasi tipo di rischio finanziario sistemico.

Il seguente grafico mostra la possibile collocazione dell’oro nel contesto di mercati simili in passato. L’oro presenta una forte correlazione8 negativa con il dollaro, come illustrato dai massimi e minimi sul grafico dell’oro, grossomodo corrispondenti con i minimi e massimi che sono indicati sul grafico del dollaro statunitense. Il dollaro USA si trova in una fase di mercato rialzista dal 2011, oggi analoga per entità ai mercati «toro» di inizio anni Ottanta e fine anni Novanta. Ciascuna di queste fasi corrisponde a un mercato ribassista per l’oro. Con l’avvicinarsi del dollaro ai suoi picchi nel 1985 e 2001, l’oro ha esibito un’evoluzione a «doppio minimo» prima di riprendere a salire. Nel 1985, l’oro ha inaugurato una fase rialzista ciclica all’interno di una più lunga fase di mercato ribassista secolare. Nel 2001, per l’oro è cominciato un mercato rialzista secolare. Attualmente sembrerebbe che a dicembre 2015 sia stato toccato il primo minimo per l’oro nell’ambito di questo ciclo. Resta da capire se il secondo minimo all’interno del «doppio minimo» sia stato stabilito a dicembre 2016 o se c’è da attendersi un’ulteriore debolezza. In ogni caso, sembra che l’oro si stia assestando, e l’analisi storica suggerisce che il potenziale di ribasso è limitato.

Oro vs Dollar Index

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