Le azioni rappresentano ancora un’isola felice

A cura della Strategy Unit di Pictet AM

Il rally del mercato azionario è in atto ormai da tempo ma vi sono numerosi segnali di una prosecuzione della fase rialzista nell’immediato futuro. Le prospettive per l’economia globale sono positive e a nostro parere le valutazioni sui mercati azionari appaiono ragionevoli. Inoltre, la redditività delle aziende è favorevole. In base ai nostri modelli negli USA gli utili dovrebbero crescere del 10% circa il prossimo anno. Anche il contesto tecnico è positivo per le azioni. Negli ultimi mesi, infatti, gli investimenti hanno riguardato soprattutto le obbligazioni (si veda grafico) e ora il posizionamento degli investitori in ambito azionario non sembra eccessivamente ottimista.
Vi sono comunque alcuni segnali d’allarme. Uno è costituito dalla potenziale riduzione della liquidità,  soprattutto da parte della Federal Reserve. Tuttavia, manteniamo una sovraesposizione alle azioni e una sottoesposizione ai bond.
Abbiamo in parte modificato il posizionamento valutario passando al sovrappeso sul dollaro USA. Negli Stati Uniti dovrebbero aumentare le pressioni sui prezzi alla luce dell’influenza sempre meno marcata di alcuni fattori disinflazionistici che a loro volta dovrebbero sostenere il biglietto verde.

I nostri indicatori del ciclo economico suggeriscono un’ulteriore accelerazione dell’economia mondiale. Tale andamento dipende in gran parte dalla performance della Cina e di altre economie emergenti; nei Paesi avanzati il contesto economico resta stabile. Un dato particolarmente positivo riguarda i consumi che nel complesso sono cresciuti a un ritmo che non si vedeva da fine anni Novanta (appena inferiore al 5% annualizzato in base ai nostri indicatori compositi) e la crescita dovrebbe protrarsi nell’immediato futuro.
Negli USA l’espansione congiunturale è trainata da spesa per gli investimenti ed esportazioni. La spesa in conto capitale dovrebbe mantenersi elevata e contribuire così a compensare la lieve flessione di spesa al consumo e investimenti residenziali nei prossimi sei/nove mesi. L’ottimismo in ambito corporate è stato in parte alimentato dalle prospettive di un taglio delle tasse sulle società, uno dei principali obiettivi dell’amministrazione Trump. Quanto all’economia statunitense ci si interroga soprattutto sul futuro andamento dell’inflazione. Crediamo che la recente debolezza dell’inflazione sia transitoria e prevediamo un rialzo dell’indice della spesa al consumo personale (PCE core) dall’1,3% all’1,8% entro il primo semestre 2018 che darà alla Fed motivi sufficienti per inasprire il tasso sui Fed funds di un quarto di punto in dicembre e altre due volte il prossimo anno.
Nell’Area Euro la crescita resta superiore al tasso tendenziale di lungo periodo e la ripresa è generalizzata a livello settoriale e geografico. L’Italia, che negli ultimi anni ha accumulato ritardo, si è distinta in positivo. Il rischio è che l’inflazione aumenti a un ritmo superiore al previsto spingendo l’euro al rialzo e frenando le esportazioni.
Al contempo la Cina è sostenuta da consumi discreti – che attualmente rappresentano due terzi della crescita del PIL – a conferma che il ribilanciamento dell’economia prosegue anche nel quadro del deleveraging.
Le condizioni di liquidità per gli asset rischiosi restano nel complesso neutrali: l’espansione del credito al settore privato compensa infatti un’eventuale riduzione nel settore pubblico. Circa il 90% dei finanziamenti ai privati si concentra negli USA e in Cina che da soli costituiscono circa due terzi del totale. Ciò dovrebbe contribuire a mitigare una probabile stretta sulla liquidità da parte della Fed negli ultimi due mesi dell’anno. Per contro, la Banca Centrale Europea e la Bank of Japan continuano a offrire consistenti stimoli monetari.
I dati sulla liquidità, tuttavia, potrebbero peggiorare d’ora in avanti. In quest’ambito saranno centrali gli sviluppi interni  alla Fed. Il presidente Trump non ha ancora chiarito se confermerà Janet Yellen a capo della banca centrale dopo la scadenza del suo mandato in febbraio o cercherà un sostituto. L’eventuale nomina del falco John Taylor, economista dell’Università di Stanford, tra i favoriti, potrebbe avere un impatto significativo sulle condizioni creditizie negli Stati Uniti.

I parametri di valutazione mostrano che le azioni globali presentano ancora valutazioni eque a circa 16 volte gli utili previsti per il 2018. Condizioni di liquidità più restrittive e una maggiore inflazione potrebbero avere effetti negativi sulle valutazioni che saranno comunque compensati dalla solida crescita degli utili.
Le azioni appaiono sopravvalutate negli USA, in America Latina e in alcuni settori ciclici come l’industria; crediamo tuttavia che l’S&P 500 potrebbe salire di un ulteriore 10%-15% prima di scontrarsi con valutazioni prossime al picco. Quanto ai bond emergenti in valuta locale, le valutazioni sono migliorate nel quadro di un rialzo dei rendimenti. In base ai nostri modelli l’asset class si conferma comunque la più conveniente in ambito fixed income. Sul mercato dei cambi il dollaro resta oneroso, in particolare rispetto a sterlina, yen e divise emergenti.
Nel complesso il contesto tecnico si conferma favorevole per le azioni. A metà ottobre l’MSCI All Country World Index appariva ipercomprato quanto a dicembre 1999 in base al nostro indice di forza relativa (Relative Strength Index, RSI) a 14 giorni. Per contro, gli altri indicatori mostrano che il sentiment degli investitori e il posizionamento sul mercato non hanno raggiunto livelli eccessivi. Secondo le indagini tra gli investitori, l’assetto sulle azioni resta cauto e i flussi in entrata nell’asset class sono in linea con gli intervalli storici; anche la liquidità si conferma relativamente elevata. La principale fonte di preoccupazione è la volatilità. Sulle borse la volatilità realizzata è ai minimi e le posizioni corte sulla volatilità sono nettamente aumentate. In caso di aumento della volatilità, la chiusura di tali posizioni potrebbe causare una prolungata fase di turbolenza sul mercato.

Regioni e settori: la corsa dei Tori

Nell’universo azionario la situazione delle due isole felici Eurozona e Giappone continua a migliorare.
Gli investitori sono tornati a concentrarsi sul Giappone in ottobre dopo che il benchmark Nikkei ha fatto segnare il rally più lungo di sempre, in rialzo per 16 sessioni consecutive. Il mercato è sostenuto dai continui acquisti della Bank of Japan, dalla vittoria elettorale di Shinzo Abe, dalle valutazioni favorevoli e dai solidi dati economici.
Anche nell’Area Euro la crescita economica si conferma ben superiore al trend di lungo periodo. L’IFO tedesco ha raggiunto i massimi in ottobre e l’indicatore della fiducia nell’economia della Commissione Europea punta a un’accelerazione della crescita annua del PIL reale dall’attuale 2,3% al 3%.
Particolarmente incoraggiante è il fatto che la ripresa sia sempre più solida nei Paesi europei periferici; in Italia, ad esempio, si registrano ottimi dati. Il miglioramento delle previsioni deve ancora riflettersi appieno su corsi azionari e previsioni di utili aziendali. Infatti, dal confronto tra fondamentali economici e valutazioni non emergono elementi tali da giustificare il premio di valutazione delle azioni USA rispetto alle omologhe europee. Anche tenuto conto che i settori orientati alla crescita costituiscono una porzione più consistente del mercato azionario statunitense, i titoli europei sono almeno il 10% più convenienti rispetto a quelli USA. Crediamo che tale differenziale si assottiglierà.

Le valutazioni onerose sono una delle ragioni del giudizio meno positivo sugli USA. In base ai nostri parametri il premio per il rischio azionario negli Stati Uniti è prossimo ai minimi ciclici mentre il rapporto prezzo/valore di libro si attesta a 3,1 volte, un valore a nostro avviso ampio dato che gli indicatori anticipatori suggeriscono un prossimo picco della crescita.
La performance futura dell’azionario emergente risentirà probabilmente del vigore del dollaro e del posizionamento eccessivamente ottimista degli investitori.
A livello settoriale la tecnologia si è distinta in positivo nel 2017 e crediamo vi sia la possibilità di realizzare nuovi guadagni nel breve periodo prima di una probabile ondata di prese di profitto a fine anno. Le valutazioni non ci preoccupano: nonostante alcuni titoli siano onerosi (il più caro scambia a un rapporto prezzo/valore di libro di circa 4 volte) il settore offre ancora un rendimento del free cash flow del 5%. Inoltre le società tecnologiche detengono liquidità, il che le rende meno vulnerabili all’aumento dei rendimenti obbligazionari.
Confermiamo il sovrappeso della finanza, l’unico settore ciclico conveniente in base alla nostra griglia di valutazione. In ogni caso monitoreremo attentamente la posizione nei prossimi mesi alla ricerca di segnali di debolezza.
Di norma, un’inflazione in aumento, maggiori tassi di interesse e rendimenti obbligazionari più elevati dovrebbero sostenere i finanziari. Niente di più vero, ma a una condizione: le banche dovrebbero andare bene nel contesto attuale purché non si verifichi un brusco appiattimento della curva dei rendimenti. Di solito i prestiti contratti dalle banche hanno una durata molto più breve rispetto ai prestiti concessi. Pertanto, una curva dei rendimenti più inclinata si traduce in una maggiore redditività del portafoglio. E viceversa. Restiamo quindi in allerta in caso di eventuali brusche variazioni delle attese circa la politica monetaria della Fed che potrebbero verificarsi una volta rivelata la rosa dei papabili successori di Janet Yellen.
Confermiamo il giudizio positivo sui settori ciclici, che nel 2017 hanno accumulato ritardo, tra cui l’energia che da inizio anno ha sottoperformato il mercato nel complesso del 18%. Un dividend yield prossimo al 4% e la tendenza rialzista del prezzo del petrolio rendono il settore interessante. Sottopesiamo tuttora i beni di prima necessità; nonostante valutazioni ai minimi da sette anni rispetto all’Indice MSCI, tali titoli tendono ad accumulare ritardo in periodi di forte crescita economica.
Reddito fisso e valute: evviva il dollaro

Il dollaro dovrebbe essere protagonista di un rally verso fine anno. Dopo essersi deprezzato di oltre il 6% rispetto a un paniere di valute nel 2017 il biglietto verde non ha reagito alle crescenti attese di una svolta più aggressiva da parte della Fed, che potrebbe alzare i tassi in dicembre. Pertanto il dollaro presenta un maggior potenziale di rialzo, in particolare visto il posizionamento persistentemente corto degli investitori sull’indice del dollaro. Inoltre, si fanno sempre più insistenti le voci per cui il presidente Trump potrebbe nominare l’economista di Stanford Taylor – un falco – come prossimo presidente della Fed o come vice presidente. In entrambi i casi i rendimenti in dollari dovrebbero rafforzarsi.
Crediamo che l’apprezzamento del dollaro sarà generalizzato. Di conseguenza siamo passati dalla neutralità al sottopeso sull’euro poiché la moneta unica potrebbe subire delle pressioni a causa dell’eccessivo posizionamento degli investitori nel quadro del rialzo di oltre il 10% da inizio anno. La BCE opterà probabilmente per un atteggiamento più cauto rispetto alla Fed nella normalizzazione della politica monetaria, un fattore che potrebbe erodere i rendimenti in euro. La sottoesposizione allo yen resta invariata dato che la netta vittoria del primo ministro Abe alle elezioni generali spiana la strada a nuovi stimoli monetari.
Confermiamo anche il sottopeso della sterlina. Nel Regno Unito la crescita ha fatto segnare una lieve accelerazione nel terzo trimestre ma l’economia continuerà a risentire dell’incertezza legata alla Brexit. Inoltre, non crediamo che la Bank of England inasprirà i tassi di interesse in maniera così aggressiva come scontato dai mercati. Una politica più restrittiva peserebbe sull’economia e sulla valuta.
Visto il recente sell-off i Treasury USA hanno ora margine per tornare a salire. Riteniamo che i titoli di Stato locali siano una buona copertura contro eventuali improvvise correzioni delle borse e che sovraperformeranno in caso di un’ondata di vendite sui mercati obbligazionari. Continuiamo pertanto a sovrappesare i Treasury rispetto agli altri titoli sovrani.
Sul mercato creditizio siamo sottoesposti all’Europa. I bond high yield e investment grade si confermano poco interessanti in termini di valutazioni.
Usiamo una certa cautela sulle obbligazioni emergenti governative e societarie poiché tali aree potrebbero risentire di un rimbalzo del dollaro. Anche l’oro subirà pressioni in caso di apprezzamento del dollaro e rialzo dei rendimenti reali; siamo quindi passati dal sovrappeso alla neutralità.

Panoramica sui mercati globali: azioni e dollaro in rialzo

In ottobre la solidità degli utili societari e il contesto economico favorevole hanno sostenuto l’ottima performance dell’azionario, che è avanzato del 2,7%, portando il dato da inizio anno al 17,3% in valuta locale. I mercati emergenti e l’Asia si sono distinti in positivo: l’Asia emergente ha guadagnato il 4,6%, raggiungendo così un rendimento totale del 34,4% in USD da gennaio. Nel complesso l’azionario emergente ha fatto segnare un rialzo del 28,7% nel medesimo periodo.
Tra i Paesi sviluppati ha brillato il Giappone, salito del 5,6%. Il Nikkei 225 ha raggiunto i massimi dal 1996 grazie all’incremento degli utili aziendali e alla vittoria di Shinzo Abe alle elezioni parlamentari, che garantisce la continuità delle politiche fiscali e monetarie a sostegno della solida crescita economica.

Nel complesso la maggior parte dei settori ha conseguito buoni risultati ad eccezione di sanità e telecomunicazioni, che in ottobre hanno perso terreno, e dei beni di prima necessità, che hanno chiuso il periodo su livelli sostanzialmente invariati. L’area migliore è stata quella dell’informatica, avanzata del 7,1% nel corso del mese portando il rialzo da
gennaio a un ottimo 39%, grazie ai solidi risultati registrati dai giganti del settore. In seconda posizione figurano i materiali (+4,2%) sostenuti dei corsi azionari e dal rimbalzo dei prezzi delle commodity.
Le obbligazioni europee hanno conseguito solidi guadagni in seguito alla rassicurante notizia che la BCE porterà avanti il programma di QE ancora per qualche tempo pur iniziando a ridurre gli acquisti di asset a EUR30 miliardi dal mese di gennaio. Gli investitori sono stati rinfrancati in particolare dall’impegno del presidente della BCE Mario Draghi ad acquistare consistenti volumi di debito corporate. I bond high yield dell’Area Euro hanno guadagnato l’1,1% nel mese mentre il debito investment grade è salito dell’1% portando i rendimenti rispettivamente al 2,9% e allo 0,8%.
Per contro, dopo un’ottima performance per gran parte dell’anno, in ottobre le obbligazioni emergenti in valuta locale hanno faticato cedendo il 2,8% nel quadro del rally del dollaro. Il biglietto verde infatti si è apprezzato rispetto a gran parte delle divise: peso messicano e lira turca hanno subito perdite mensili particolarmente consistenti, rispettivamente del 5,1% e del 6,3%. Anche l’oro (-1,1%) ha perso terreno.

In sintesi

Asset allocation
Il rialzo del mercato azionario resta intatto, sostenuto da utili positivi e da un contesto economico solido.
Regioni e settori
La nostra preferenza per le azioni di Eurozona e Giappone è motivata dalle robuste prospettive di crescita.
Reddito fisso e valute
Siamo passati al sottopeso sull’euro in previsione di un generalizzato vigore del dollaro. Restiamo sovrappesati sui Treasury e sottopesati sul credito europeo.

 

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