Le strategie a bassa volatilità non evitano tutti i rischi

A cura di Morningstar

Bassa volatilità non è per forza sinonimo di basso rischio. I fondi low volatility hanno conosciuto un notevole successo negli ultimi anni e gli investitori stanno cominciando a conoscere meglio queste strategie, anche i loro “lati oscuri”. Se infatti è vero che in media i portafogli azionari a bassa volatilità hanno prodotto sul lungo termine un rendimento aggiustato per il rischio più elevato rispetto ai portafogli con azioni ad alta volatilità, è altrettanto vero che sono solo dieci anni che questa strategia d’investimento ha decollato in Europa.

Secondo uno studio Morningstar dal titolo Low volatility: searching for a durable edge, l’offerta in Europa è passata da una dozzina di prodotti a 89 a fine 2016, di cui 63 fondi tradizionali e 26 Exchange traded fund (Etf). Morningstar stima inoltre in quasi 40 miliardi di euro il patrimonio gestito in Europa in strategia a bassa volatilità a fine 2016, di cui circa 6 miliardi in strumenti passivi.

I rischi nascosti: basarsi solo sui dati passati
“Se le strategie a bassa volatilità sono diventate popolari tra gli investitori avversi al rischio, esse non sono certo prive di rischio”, afferma Mathieu Caquineau, analista di Morningstar, tra gli autori dello studio. “Al contrario, le strategie a bassa volatilità tipicamente sostituiscono il rischio di mercato con l’esposizione ad altri rischi potenzialmente indesiderabili”. Tra le potenziali insidie degli investimenti a bassa volatilità c’è la dipendenza sui dati passati. In effetti, si potrebbe mettere in discussione l’uso della volatilità storica come indicatore del rischio atteso, anche se le correlazioni non vengono ignorate. La volatilità passata non tiene conto di altre informazioni che possono essere importanti sulla rischiosità di una società e non vi è alcuna garanzia che i titoli meno volatili storicamente rimangano tali.

Occhio alla concentrazione
Inoltre, i portafogli a bassa volatilità hanno un’elevata sensibilità alle stime di correlazione e possono quindi portare un rischio di concentrazione significativo, come rispecchiano i forti sovrappesi nei settori difensivi come i beni di consumo o le utility. “È per questo che le strategie a bassa volatilità gestite attivamente incorporano misure aggiuntive di rischio, sia macro che aziendali, nella valutazione dei rischi, o applicano indicatori di rischio e rendimento futuri nel loro approccio di selezione dei titoli”, spiega Caquineau. In genere vengono evitate sovraponderazioni di settori, regioni, o singoli titoli, limitando le esposizioni dei fattori di rischio e introducendo fattori quali la valutazione o il “momentum” nel processo di selezione azionaria.

Ignorare le valutazioni
Incappare in valutazioni eccessive è un altro rischio che incombe, soprattutto nella gestione passiva. Le strategie a bassa volatilità che si concentrano solo sulla volatilità storica non tengono conto della valutazione. In alcuni periodi, le azioni a bassa volatilità diventano più costose perché gli investitori avversi al rischio preferiscono le loro caratteristiche difensive e la loro stabilità. La tabella seguente mostra che in media, i portafogli a bassa volatilità sono più cari del benchmark di riferimento nelle diverse macro categorie geografiche.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!