Le tensioni in Turchia fanno risalire le quotazioni del petrolio

Dopo le voci degli ultimi giorni su una possibile revisione dell’affidabilità creditizia della Turchia è arrivato il downgrade ufficiale da parte di Standard & Poor’s, che ha tagliato il rating a BB (da BB+) con outlook negativo, mettendo sotto pressione ulteriormente la Lira turca e la Borsa di Istanbul. Al rialzo i Cds sui titoli di Stato e i rendimenti del decennale che portano ora gli interessi al 9,5%, nonostante un allentamento monetario della Banca Centrale in risposta ai tumulti di questi giorni. Le altre agenzie di rating si sono prese qualche giorno per valutare la risposta del Governo al tentato golpe, ma è probabile che le epurazioni non vengano ben viste e che creino i presupposti per downgrade analoghi.

Le tensioni, nel frattempo, hanno fanno risalire il petrolio con il Wti tornato a oscillare intorno ai 46 dollari per barile. La posizione della Turchia è fondamentale per i rifornimenti europei, dato che, come fanno notare gli analisti di Wings Partners Simper il Paese passano 3 milioni di barili all’anno e le possibili alternative si riducono di mese in mese, con l’instabilità che caratterizza un numero sempre maggiore di Stati che si affacciano sul mediterraneo. Le problematiche di Ankara mettono inoltre a rischio gli investimenti di lungo termine che oltre a penalizzare le potenzialità di crescita della Turchia potrebbero avere un risultato negativo anche per l’Italia, dato che uno dei progetti è il gasdotto Tap (il Trans Adriatic Pipeline che collegherà l’Azerbaijan alla Puglia).

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