L’impatto della politica tedesca sulla zona Euro

A cura di Amundi AM

Una politica tedesca leggermente meno prevedibile comporta pochi pericoli immediati per la zona Euro. Ritirandosi domenica dalle trattative per formare un governo di coalizione con la CDU/CSU di Angela Merkel e con i Verdi, l’FDP (liberale) ha aperto un nuovo capitolo nella storia recente della Germania. Se non si riuscirà a formare una coalizione di maggioranza , si avrà un governo di minoranza oppure si terranno nuove elezioni; si tratta comunque di due eventi che non hanno precedenti nella storia tedesca del dopoguerra.

Ma ora come ora non ci pare che gli esiti di tali eventi possano pregiudicare il miglioramento del sentiment degli investitori per quanto riguarda la zona Euro, sentiment alimentato dai dati sull’economia che continuano a sorprendere favorevolmente. Innanzitutto, non è ancora del tutto escluso che si possa formare una coalizione. Se l’FDP non cambierà idea, potrebbe farlo l’SPD (partito socialista), che è stato il partner di coalizione della CSU/CDU nel precedente governo, decidendo di formare una nuova coalizione ed evitare così nuove elezioni. C’è anche la possibilità che l’atteggiamento del partito cambi in caso di dimissioni di Angela Merkel (anche se questo scenario appare attualmente piuttosto improbabile). Infine, anche se ci sarà un governo di minoranza o si terranno delle elezioni anticipate (un evento potrebbe determinare l’altro) ricordiamoci che, nonostante i consensi crescenti, l’AfD, il partito di estrema destra, rappresenta ancora un numero ristretto di votanti, e nessuno dei partiti tradizionali ha intenzione di includerlo in una coalizione.

La Germania continuerà quindi a essere governata da dei partiti che, nonostante le loro divergenze su alcuni temi, sono tutti europeisti. Se si tenessero delle elezioni anticipate all’inizio del 2018, in un periodo vicino a quello delle elezioni italiane, nel 2018 aumenterebbe inevitabilmente “il rumore politico”. Ciò non basterebbe comunque a frenare la ripresa (di recente sia il Belgio, sia la Spagna, sono rimasti senza governo e ciò non ha fermato la dinamica di crescita di questi paesi). L’impatto reale di una situazione del genere in Germania è potenzialmente un cambiamento non favorevole dello scenario a lungo termine: finora, la stabilità politica tedesca è stata un fattore chiave della solidità dell’edificio europeo. La volatilità politica era attesa in numerosi Stati membri, ma non in quello più importante (dal punto di vista economico). Adesso lo è un pochino meno, e questo fattore potrebbe aggiungere qualche elemento di incertezza nel caso di nuove crisi che però non appaiono imminenti; per ora il trend nella zona Euro appare quindi positivo.

Azioni
Ritorna la calma sui mercati azionari. Dopo una correzione nelle ultime sessioni, i mercati azionari si sono stabilizzati (MSCI, EMU) e alcuni di loro (mercati emergenti, Giappone e USA) sono addirittura risaliti. Ora che la stagione delle trimestrali si è conclusa, l’andamento delle azioni è determinato di nuovo dai fattori macroeconomici (che sono ancora ottimi), dai cambi (leggero calo del dollaro) e dai rendimenti delle obbligazioni a lungo termine (ancora bassi).
Obbligazioni governative

Quasi immutati i rendimenti obbligazionari a lungo termine delle economie sviluppate. I rendimenti dei titoli di Stato decennali americani e tedeschi hanno archiviato la settimana rispettivamente al 2,33% e allo 0,36%. La curva dei tassi ha continuato ad appiattirsi negli USA. Nella zona Euro, gli spread sovrani si sono leggermente ristretti. Questo mese, tale fenomeno ha riguardato soprattutto le scadenze brevi. Siamo ancora convinti che i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine saliranno negli USA e in Europa, in particolare in vista del rialzo dell’inflazione USA e del rialzo dei tassi a dicembre da parte della Fed. Rimaniamo ottimisti nei confronti delle obbligazioni dei Paesi periferici, in particolare per via del proseguimento del programma di QE da parte della BCE.

Obbligazioni corporate

Gli indici del credito si sono ristretti questa settimana, annullando parte dell’ampliamento che era avvenuto a inizio mese. Il contesto globale è ancora favorevole al mercato del debito societario, con un
miglioramento della crescita economica, l’inflazione bassa, un inasprimento molto graduale della politica monetaria e una volatilità moderata. Questo contesto dovrebbe durare fino all’anno prossimo. Stiamo tuttavia mantenendo una linea prudente sulle obbligazioni high yield USA di minor qualità.

Valute

Il dollaro si è svalutato, perdendo terreno nei confronti della maggior parte delle divise, con la notevole eccezione del peso cileno e della lira turca. Il peso messicano è la divisa che si è rivalutata maggiormente sulla scia del nuovo rialzo del prezzo del greggio. Il cambio EUR/USD ha chiuso la settimana a 1,19, mentre la parità USD/JPY è ridiscesa a quota 111, il minimo degli ultimi due mesi.

Materie prime

Dopo aver chiuso venerdì 17 novembre a 62,7 dollari al barile, il Brent ha proseguito il suo rally, superando quota 63 dollari. Il mercato attende ora la prossima riunione dell’OPEC e dei suoi partner che si terrà il 30 novembre a Vienna, dove valuteranno se estendere l’accordo per limitare la produzione e volto a sostenere i prezzi. Le crescenti tensioni in Medio Oriente potrebbero complicare i negoziati.

Stati Uniti

Gli indicatori anticipatori sembrano molto positivi. Il superindice del Conference Board è salito più del previsto a ottobre (+ 1,2% contro il + 0,6% previsto) Flessione degli ordini dei beni durevoli. Gli ordini dei beni durevoli sono diminuiti a ottobre dell’1,2%. Gli ordini, esclusi quelli della difesa e dell’aviazione (un indicatore degli investimenti delle aziende) sono diminuiti dello 0,5% (dopo l’aumento di settembre che è stato rivisto al rialzo e portato al 2,1%). Anche se non così sorprendenti come nella zona Euro, i dati USA rimangono complessivamente solidi. I dati mensili sui beni durevoli sono estremamente volatili.

Zona Euro

Indici PMI in rialzo. La stima flash dell’indice PMI composito della zona Euro ha sorpreso favorevolmente a novembre salendo a quota 57,5 (era atteso invariato a quota 56). La sorpresa positiva proviene sia dal settore manifatturiero, sia da quello dei servizi (in quest’ultimo caso il miglioramento è opera soprattutto della Francia). Anche l’indice tedesco IFO è salito a novembre a quota 117,5 contro il 116,8 di ottobre. Avevamo previsto che dopo i dati solidi del Q3, l’economia della zona Euro avrebbe rallentato un po’. Ma non è ciò che evidenziano gli indicatori più recenti, da cui sembrerebbe che anche l’avvio del Q4 sia stato ottimo, soprattutto in Francia.

Mercati emergenti

Russia: a ottobre i salari reali sono saliti del 4,3% su base annua rispetto al 2,6% del mese precedente e al 2,8% della stima di consenso. Le vendite al dettaglio sono aumentate del 3%, registrando lo stesso incremento del mese scorso, ma inferiore alla stima di consenso del 3,9%. Questi dati sono in linea con il nostro scenario, che vede una fine del rallentamento e una crescita trainata soprattutto dalla spesa al consumo.

 
 
 

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