L’Uber moment è arrivato anche per le banche

a cura di Federica Mascia, content manager di MoneyFarm.com

Per il settore finanziario è giunto il momento di cambiare: evolversi o soccombere. Antony Jenkins, ex CEO di Barclays, ha una visione da incubo per il futuro delle grandi banche, figuriamoci per quelle piccole. A suo avviso per le banche è ormai giunto l’«Uber moment», quindi la rivoluzione tecnologica (e non solo) che ha travolto il settore dei trasporti, volge ora il suo sguardo verso il settore finanziario con beneficio dei clienti. Le banche che non sapranno stare al passo o competere con le nuove realtà del fintech, finiranno per chiudere.

In un interessante discorso dal titolo Approaching the Uber Moment in Financial Services, Jenkins ha descritto infatti la tecnologia come una «forza inarrestabile», che porterà ai clienti un servizio migliore di quello offerto oggi dalla grandi banche, che rischiano di trasformarsi in mero capitale.

L’ormai ex chief-executive di Barclay’s (licenziato quest’estate) prevede una vera e propria rivoluzione del settore nei prossimi 10 anni, che vedrà avvantaggiate rispetto agli attuali player le nuove realtà tecnologicamente più avanzate.

La corsa verso l’implementazione degli attuali servizi finanziari è già iniziata ma non è escluso che le nascenti banche digitali come ad esempio la spagnola Atom Bank che intende operare esclusivamente online, o i servizi di consulenza finanziaria online come MoneyFarm, non possano spodestare le grandi banche tradizionali.

Si perché, sottolinea Jenkins, non solo è tardi ma sussiste un problema di fondo: le banche tradizionali con le le loro filiali fisiche avrebbero già potuto fornire un servizio molto più personale e distinguersi eventualmente per tale valore aggiunto. Ma non ci sono riuscite e ora dovranno offrire «un servizio almeno 10 volte migliore rispetto a quelli già previsti» per poter competere.

Altra sfida, oltre quella tecnologica e dei costi ridotti, è quella del personale, dell’esperienza e della qualità. Sono mancati gli stimoli e anche in questo le banche hanno sbagliato.«Se le banche vogliono competere davvero devono diventare luoghi interessanti per i quali lavorare. E non può essere solo una questione di soldi, perché francamente il denaro non sarà più quello di un tempo, prima della crisi del 2008», ammonisce Jenkins.

Le banche sapranno stare al passo? Qualcuno sta già correndo ai ripari e per quanto riguarda il risparmio gestito anche le grosse firme del settore, come Charles Schwab o BlackRock si stanno muovendo verso i robo advisor.

Schwab ha recentemente lanciato  i “Portafogli intelligenti” mentre BlackRock, ha acquisito FutureAdvisor, leader nel digital wealth management.

È facile immaginare che in futuro la consulenza tradizionale evolverà verso sistemi più evoluti e innovativi in grado di gestire con maggiore efficienza i risparmi e di ponderare un maggior numero di variabili che possono influenzare l’investimento.

Profilazione del cliente, gestione puntuale dell’ammontare investito e supporto multicanale (mail, chat, social network, mobile app etc.) sembrano essere parte del futuro della consulenza finanziaria. Un futuro che vede finalmente coinvolti non solo i grandi investitori, ma anche i piccoli e medi risparmiatori, che possono ora, grazie ai costi ridotti e soluzioni di investimento più flessibili, trovare il modo di dare valore ai propri soldi.

Sembra essere in atto non una semplice rivoluzione tecnologica ma la democratizzazione di un settore che, troppo a lungo, ha sottoposto i clienti a costi elevati e indebiti, oltre che a pratiche farraginose e poco trasparenti.

Non possiamo che concordare con Jenkins sul fatto che l’«Uber moment» è arrivato: salire a bordo o stare a terra.

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