Meglio i mercati azionari di quelli obbligazionari

A cura di Emilio Franco, Vice Direttore Generale e Responsabile Investimenti Ubi Pramerica Sgr
La “Price Action” reflazionistica dei mercati è continuata nel periodo trascorso, confermando il cambiamento di “sentiment”. Quest’ultimo è passato dalla sovra reazione a tutte le notizie negative, alla ricerca di una chiave di lettura degli eventi che possa far risaltare “il bicchiere mezzo pieno”, ovvero confermare la fase di reflazione con un approccio più ottimistico.
 La reflazione è un’accelerazione della crescita del PIL nominale. Ad oggi assistiamo a un’accelerazione ancora contenuta dell’economia reale globale, dettata da un miglioramento della produzione industriale e dell’attività manifatturiera, e da una altrettanto contenuta ripresa dell’inflazione, grazie alla ripresa dei prezzi delle materie prime, del petrolio in particolare. Uno scenario di reflazione assume un’importanza notevole data la correlazione esistente del PIL nominale con gli utili delle imprese, con l’occupazione e con gli investimenti e l’aumento della produttività. Aumenta la probabilità, quindi, che nella prima parte del prossimo anno si attivi un ciclo virtuoso, in netta controtendenza con lo scenario di “stagnazione” previsto dal “consensus”.
Il mercato ha iniziato a reagire ai nuovi input già a partire da luglio, con rotazioni cross-asset, regionali, settoriali e di stile sempre più cicliche e “rischiose”, in linea con i comportamenti storici in equivalenti fasi cicliche. Abbiamo iniziato ad assistere ad un rialzo dei rendimenti, in particolare sul tratto più a lungo termine delle curve, alla sovra performance dei mercati azionari e tra essi in particolare Eurozona, Giappone e Paesi Emergenti. A livello settoriale, i Finanziari, l’Energy e le Materie Prime hanno iniziato a battere gli indici a scapito dei settori difensivi (Consumi non Ciclici, Utility e “bond proxy” in generale); lo stile Value ha ripreso terreno sul Growth dopo anni di sofferenza e le Small cap hanno ricominciato a sovra performare le Large cap.
In questa fase l’asset allocation deve essere orientata verso i temi macroeconomici e di mercato legati alla reflazione. Il quadro complessivo resta, però, molto articolato e complesso con differenti dinamiche macroeconomiche e importanti elementi esogeni; in particolare il 2017 sarà ricco di eventi politici con elezioni nell’area Euro (Francia e Germania).
La riallocazione pro ciclica dei portafogli deve essere favorita, ma non si può prescindere da un’adeguata diversificazione, estesa ad altri ambiti, come i processi di investimento e gli stili, oltre a quelli classici (geografici, valutari, ecc…).  A livello prospettico i rendimenti attesi per le principali asset class sono compressi rispetto alla storia e questo si traduce in portafogli con una contenuta duration verso i tassi core; elemento che caratterizzerà i portafogli anche nella prima parte del 2017. Nell’asset class obbligazionaria la preferenza va ai titoli ad alto rendimento a scapito di quelli investment grade.
I mercati azionari sono preferiti a quelli obbligazionari; in particolar modo quelli più ciclici (Giappone e Area Euro) e potenzialmente gli stessi mercati emergenti, sebbene vi siano dei caveat addizionali rispetto alle consuete fasi di reflazione. I portafogli, specialmente quelli multiasset, laddove possono acquisire esposizione indiretta alle commodity, lo fanno, per esempio, attraverso un’esposizione al settore energetico, soprattutto, negli USA.
Dal punto di vista valutario, la nostra lettura strategica continua ad essere pro Dollaro contro Euro e riteniamo che lo Yen sia destinato ad indebolirsi, specialmente rispetto al Dollaro.
A livello di prodotti, i piani di accumulo continuano ad essere uno strumento efficiente anche per sfruttare eventuali risalite improvvise della volatilità e per catturare, nel lungo termine, il premio per il rischio dei mercati azionari che continua ad essere attraente. Le soluzioni multiasset rappresentano un’altra modalità per costruire dei portafogli bilanciati diversificati che consentono, a chi non possa assumere un profilo di rischio troppo aggressivo, di catturare almeno parzialmente l’elevato premio per il rischio implicito nelle azioni.

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