Meglio stimare la propensione al rischio o la probabilità di rendimento positivo?

Di Daniele Bernardi, amministratore delegato di Diaman Scf

Propensione al rischio o avversione alle perdite? L’entrante normativa MiFID II impone riflessioni su come adeguare il portafoglio di investimento alla propensione al rischio del cliente.

Obbiettivi, non rischi Già, bel problema; il cliente non sa quantificare la sua propensione al rischio, salvo non voler perdere mai dei soldi, l’intermediario finanziario punta ad evitare grane e cause con i clienti e quindi alla fine finisce per essere più prudente di quanto necessario facendo perdere delle opportunità ai clienti e alla fine, non fornendo un adeguato servizio per raggiungere gli obbiettivi dello stesso. Il ragionamento dovrebbe spostarsi in un altro livello.

Il tempo è fondamentale Fatto salvo che bisogna cercare di raggiungere gli obbiettivi definiti con il cliente, la componente tempo svolge un ruolo fondamentale nella decisione di quanto esporsi al rischio azionario. Nelle settimane scorse ho scritto alcuni post per spiegare le probabilità: probabilmente mi sbaglio… per le probabilità semplici, La preferisci semplice, composta o condizionata? per spiegare le varie forme di probabilità e per finire Speranza matematica o speranza illusoria?.

Proviamo ad usare la statistica Abbiamo visto così la speranza matematica, e come può essere utilizzata per comprendere se una soluzione sia meglio o più vantaggiosa di un’altra; quindi per rimanere aderenti alla statistica tradizionale (senza addentrarsi negli indicatori deterministici che magari sono più ostici al lettore) ho effettuato una simulazione Montecarlo (spiegata nel dettaglio nel post Come creare una simulazione Montecarlo in Excel) per verificare le probabilità che il mercato azionario restituisca un rendimento negativo in un anno, a due anni, a tre anni e così via.

Ne sono scaturiti dei dati interessanti, dove ovviamente all’aumentare degli anni a disposizione le probabilità di ottenere alla fine un rendimento negativo diminuisce, anche se aumenta la perdita cumulata in caso di risultato negativo.

Dall’esempio empirico alla pratica Se si regredisce una linea logaritmica che rappresenta il decrescere delle probabilità di ottenere un rendimento negativo si ottiene una curva del genere

Praticamente secondo questa curva, per essere praticamente certi di non perdere con un investimento azionario, è necessario aspettare 19 anni. E’ un dato statistico risultante da una simulazione Montecarlo, quindi nessuno tra 19 anni venga da me a reclamare dei soldi perché ha perso in borsa…, ma se assumiamo un rendimento medio annuo del 6% e una volatilità del 15%, questi sono i dati risultanti dalla simulazione Montecarlo.

Perché questo dato può essere utile? Perché se noi utilizziamo la speranza matematica per cercare di minimizzare le probabilità di perdita in ogni arco temporale, possiamo ottenere il portafoglio da investire in azioni in base all’orizzonte temporale a disposizione per essere ragionevolmente certi di non trovarsi alla fine con una minusvalenha.
Cambiamo paradigma Questa logica è completamente diversa dalla logica di propensione al rischio di perdita, perché l curva che vedete nel grafico sotto è la percentuale di azionario in portafoglio che un investitore che non vuole perdere alla fine del suo investimento (ovvero tutti indistintamente) può ragionevolmente avere per tutta la durata del periodo.

Come lo calcoliamo Il calcolo utilizzato è il seguente: si prende la perdita massima sopportata nel periodo in esame, la si moltiplica per le probabilità di avere un rendimento negativo nel periodo e la si moltiplica per X che è la percentuale di azionario massima per fare in modo che la componente obbligazionaria (ipotizzata con un rendimento del 1% medio annuo) compensi la perdita derivante dall’azionario nel caso estremo.

In pratica Per fare un esempio pratico: a tre anni il mercato azionario ha la probabilità di perdere il 13,2% dei periodi a tre anni, ovvero se investiamo per tre anni cento volte, dovremmo aspettarci di avere una perdita in tredici periodi e in ottantasette periodi un guadagno. A tre anni la perdita massima dalla simulazione Montecarlo è stata del -40%, quindi la cosiddetta speranza matematica è del -40% per il 13,2%, quindi in caso di perdita, la perdita media attesa sarà pari al -5,3% che è ovviamente un dato medio.
Esempio a tre anni Quindi la componente azionaria, per fare in modo che abbia una ragionevole speranza di compensare le eventuali perdite a tre anni è pari al 36%, in modo che il 64% investito in obbligazioni che rendono l’1% all’anno sia equivalente alla perdita attesa per il 36%, ovvero: rendimento da componente azionaria=rendimento componente azionaria; quindi -5,3%*36%=64%*3%

Quindi se voglio investire con una ragionevole speranza di non perdere soldi a tre anni, devo investire al massimo il 36% in azioni; questo non mi garantirà di non perdere soldi; per esempio nel 2008 avrei comunque perso, ma mi massimizza le probabilità di non perdere, che ovviamente è una cosa diversa dal non perdere mai.
Come applicarla? Quindi la domanda nasce spontanea; è più corretto cercare di comprendere una propensione al rischio del cliente ed estrarre un fantomatico profilo di rischio, basandosi sul buon senso e sulla “spannometrica” per definirne i pesi, o è meglio associarne i pesi all’orizzonte temporale e alla probabilità di raggiungere un determinato risultato?
I target da raggiungere Io credo che sia meglio iniziare a ragionare per obbiettivi, tempo per raggiungerli, e probabilità di raggiungimento degli stessi, con un occhio alla perdita potenziale, ovviamente, ma con criteri più oggettivi e meno improvvisati, altrimenti ci troveremo con migliaia di investitori che faranno il piano di accumulo per i figli che andranno all’università tra 20 anni, comprando fondi obbligazionari o al massimo bilanciati prudenti perché la propensione al rischio del cliente che sta accumulando è bassa. Ci sono altri modi per calcolare questa curva di percentuale azionaria ottimale in base all’orizzonte temporale, anche magari migliore di quella che ho proposto, (per esempio usando modelli di probabilità condizionata come sul software EXANTE) ma vorrei che il dibattito vertesse intanto sulla opportunità di spostare il focus dalla propensione al rischio del cliente alla probabilità di raggiungere l’obbiettivo e alla minimizzazione delle probabilità di dover sopportare delle perdite nel lungo periodo, due cose che devono andare a braccetto, non essere in antitesi una con l’altra.
MiFID II poco funzionale Oggi la MiFID le mette in antitesi: hai scarsa propensione al rischio? mi dispiace, non puoi raggiungere i tuoi obbiettivi di rendimento.

Rischio attuale Questo significa che alla fine sia i clienti che gli operatori finanziari perdono fiducia sul meccanismo e lo superano modificando i parametri di propensione al rischio a proprio piacimento al fine da una parte di poter acquistare il prodotto proposto, e dall’altra di poterglielo vendere.

Usare il tempo a proprio vantaggio E questo, che è stato fatto finora a mani basse dagli operatori finanziari, oltre non aver senso, rischia solo di creare clienti insoddisfatti se non peggio, quindi almeno prendete come base questo studio (magari contattandoci che così lo formalizziamo meglio) adeguando la curva degli investimenti in azioni in base alla propensione al rischio dei clienti e all’orizzonte temporale, e non solo stabilendo delle soglie massime di azionario per profilo di rischio senza tenere conto del tempo.

Questo grafico esemplifica come possa variare in base al profilo di rischio e al tempo la percentuale di azionario che è possibile inserire in portafoglio.

Aiutiamo i compliance officer Questo post vuole essere un punto di partenza per dibattere e trovare una soluzione quantitativa strutturata per dare risultati concreti ai clienti, togliendo dall’ufficio della compliance l’onere e dover definire delle policy di investimento, perché chi fa compliance è attento alle leggi ma non alle dinamiche dei mercati e degli investimenti, quindi delegare a degli avvocati o comunque esperti di normativa scelte strategiche di Asset Allocation può creare dei danni molto grossi. Non me ne abbiano i responsabili della compliance, li rispetto e hanno un compito molto gravoso, ma dove possibile noi vorremmo supportarli per arrivare a soluzioni che possano tutelare la banca ma soprattutto dare risposte utili alle esigenze dei clienti.

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