Minibond: in 5 anni 16,9 miliardi di euro di emissioni, 5,5 miliardi nel solo 2017

A cura di Osservatorio PoliMi

La crescita che ci si attendeva non ha deluso: l’industria dei mini-bond, intesi come titoli di debito emessi da società di capitale o cooperative, quotate e non, alternativi al credito bancario, ha rafforzato nel 2017 lo sviluppo costante evidenziato negli anni precedenti, iniziato nel 2012 in risposta alle difficoltà causate dalla crisi finanziaria. I mini-bond si confermano dunque come fonte di finanziamento alternativa e complementare, soprattutto in preparazione (come se fosse un ‘allenamento’) a successive operazioni sul mercato mobiliare. E per il 2018 le aspettative, finora rispettate, prevedono un costante trend positivo.

Stando alle cifre contenute nella quarta edizione del Rapporto italiano sui mini-bond, presentato oggi dall’Osservatorio omonimo della School of Management del Politecnico di Milano, il valore nominale totale dei mini-bond è arrivato a superare in 5 anni i 16,9 miliardi di euro, 2,9 miliardi considerando solo le emissioni fatte da PMI (e 3,2 valutando esclusivamente quelle inferiori ai 50 milioni). Una cifra a cui il 2017 ha contribuito per 5,5 miliardi di euro, pari a 170 emissioni, 147 delle quali sotto i 50 milioni: l’apporto del 2016 era stato di “soli” 3,47 miliardi per 110 emissioni (94 sotto i 50 milioni). Sempre nel 2017 la raccolta effettuata dalle sole PMI è stata pari a 1,4 miliardi di euro. Si conferma una stabilizzazione del valore medio delle emissioni (45 milioni nel secondo semestre, 27 milioni nel primo semestre), mentre nel campione totale più del 50% è sotto la soglia dei 5 milioni.

“Il numero delle emissioni continua a crescere – spiega Giancarlo Giudici, Direttore scientifico dell’Osservatorio Mini-Bond della School of Management del Politecnico di Milano – così come aumentano le imprese che sperimentano questa opportunità di diversificazione delle fonti di finanziamento. Nel campione totale, 154 emittenti sono identificabili come PMI non finanziarie, ma rispetto al 2016 la percentuale delle piccole e medie imprese è leggermente diminuita, mentre è aumentata l’incidenza delle Srl rispetto alle SpA (da 11% a 19%)”.

La ricerca ha identificato 326 imprese che da novembre 2012 al 31 dicembre 2017 hanno collocato mini-bond in Italia, per un totale di 467 emissioni, ben 398 delle quali con importo sotto i 50 milioni di euro: solo lo scorso anno le emittenti sono state 137, 130 delle quali si sono affacciate sul mercato per la prima volta, con un significativo aumento rispetto all’anno precedente. Il fatturato delle imprese emittenti è molto variabile: nel 34% dei casi è compreso fra 10 e 50 milioni di euro, ma 76 società hanno un fatturato inferiore ai 10 milioni. Nel 2017 è raddoppiato il numero di emittenti con fatturato compreso fra i 100 e i 500 milioni.

“La collocazione geografica evidenzia come sempre una netta prevalenza delle regioni del Nord – continua Giudici -. Il 2017 ha visto però una minore rilevanza della Lombardia, che tuttavia rimane in vetta alla classifica con 85 emittenti. Per quanto riguarda il settore di attività, la parte del leone la fa il comparto manifatturiero (44% del campione), che nel 2017 ha pesato per la metà del totale. Sono però rappresentati tutti, dal commercio alle utilities, dai servizi all’immobiliare, dall’informatica alle costruzioni”.

In Lombardia sono localizzate in tutto 85 società emittenti (il 26,2% dell’intero campione), seguono il Veneto, che passa dal terzo al secondo posto con 43, il Trentino-Alto Adige (35) e l’Emilia Romagna (34). Il 71,2% delle imprese che hanno emesso mini-bond dal 2012 al 31 dicembre 2017 risiede al Nord, al Centro emergono Lazio (22 imprese) e Toscana (19), al Sud la Campania (17). Negli ultimi 12 mesi, la Lombardia rimane prima con 32 emittenti ma riduce sensibilmente il suo peso relativo, segue il Veneto con 18 e cresce fortemente l’Emilia Romagna con 16, il triplo dell’anno precedente.

Per quanto riguarda la scadenza, la distribuzione continua a essere molto variegata, con una serie di titoli short term con maturity di pochi mesi ed emissioni a scadenza anche oltre dieci anni (in particolare per i project bond). Il durata media del 2017 è 4,9 anni (in discesa rispetto ai 5,6 del 2016). La cedola è quasi sempre è fissa, con un valore medio pari a 5,15% (quello mediano è 5%), solo in 58 casi è variabile. In linea con l’andamento dei tassi di interesse sul mercato, nel 2017 si è riscontrato per il terzo anno consecutivo una riduzione del coupon (la media è 4,74% rispetto a 4,94 dell’anno prima). I mini-bond del campione sono associati a un rating pubblico o privato nel 34% dei casi.

Analizzando gli investitori che hanno sottoscritto i mini-bond di taglia inferiore ai 50 milioni, il 2017 ha visto confermato il ruolo importante dei fondi chiusi di private debt (con investimenti pari al 24% del totale rispetto al campione coperto), ma anche il sorpasso da parte degli investitori esteri (con una quota del 25%). In aumento risulta il ruolo delle banche nazionali (17%), mentre si registra l’attivismo delle finanziarie regionali (6%) e l’investimento diretto da parte della Cassa Depositi e Prestiti (5%).

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