Obbligazioni, guardare oltre i costi di copertura

A cura del team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management

I tassi d’interesse statunitensi in aumento stanno contribuendo a far salire in maniera significativa i costi delle coperture in USD. Ciò rappresenta un ostacolo non da poco, soprattutto per gli investitori che hanno Euro o Yen come valuta di riferimento, ma crea anche delle opportunità per i gestori attivi dato che il contesto macro rimane ampiamente favorevole agli strumenti obbligazionari.

 Fondamentali

A settembre, l’indice globale dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero ha toccato il massimo degli ultimi sei anni, segnalando un quadro per la crescita molto solido in tutto il mondo e condizioni propizie per il reddito fisso, soprattutto in virtù di un’inflazione ancora stagnante. La forza dei dati relativi all’attività economica è da ricondurre principalmente al miglioramento del momentum negli Stati Uniti e in Europa. Inoltre, la proposta di riforma fiscale annunciata la scorsa settimana negli Stati Uniti fornirà ulteriore sostegno alla crescita del Paese se verrà implementata. Anche se non sono noti i dettagli della manovra, il piano intende semplificare il sistema fiscale e soprattutto ridurre l’aliquota contributiva per le imprese dal 35% al 20%. I dati di imminente pubblicazione relativi all’andamento degli Stati Uniti saranno distorti dai gravi danni causati dai recenti uragani, mentre in Europa l’attività potrebbe venire frenata dall’incertezza politica legata al referendum catalano, alle elezioni politiche italiane di inizio 2018 e ai continui negoziati sulla Brexit.

Valutazioni quantitative

Fondamentali migliori e un costante appetito per il rischio sono rispecchiati nelle valutazioni del credito che appaiono meno allettanti. Nell’universo delle obbligazioni corporate investment grade il mercato in euro ha sovraperformato, con spread che si sono contratti di 25 punti base (pb) allo 0,97% da inizio anno, mentre i mercati in dollari e sterline si sono entrambi contratti di 16 pb, rispettivamente all’1,05% e all’1,24%. Ma gli squilibri globali si sono attenuati, la volatilità economica è bassa e vi sono pochi segnali di una recessione incombente. Nell’high yield europeo gli spread si avvicinano ai minimi post-crisi finanziaria, a 265 pb, ma il mercato è sostenuto a questo livello grazie a fondamentali migliori, una proporzione maggiore di obbligazioni BB nell’indice e una diminuzione della duration. (Tutti i dati sono aggiornati al 26 settembre 2017)

Valutazioni quantitative

Grazie al supporto dei solidi fondamentali, molti strumenti a reddito fisso continuano a scambiare su valutazioni relativamente elevate. Questa settimana, il rendimento del Treasury USA decennale è salito, arrivando a toccare il 2,31% il 4 ottobre, sospinto verso l’alto dalla proposta di riforma del sistema fiscale statunitense e dalla recente decisione della Federal Reserve (Fed) di avviare la normalizzazione del suo bilancio. Il dollaro USA ha recuperato parte delle perdite subite da inizio anno, apprezzandosi di quasi il 2% contro l’euro dopo l’ultima riunione della Fed (20 settembre). Entrambi questi movimenti di mercato potrebbero diventare molto più accentuati qualora la riforma fiscale venisse approvata dalla Camera dei Rappresentanti e dal Senato. Il mercato, inoltre, ingloba nei prezzi probabilità sempre maggiori di un nuovo aumento dei tassi d’interesse statunitensi a dicembre, che, se dovesse materializzarsi, imprimerebbe ulteriore slancio al dollaro USA, spingendo ancora più in su i rendimenti dei Treasury.

Fattori tecnici

Una delle maggiori conseguenze della politica di normalizzazione della Fed è stato l’ampliamento del differenziale del tasso d’interesse tra il dollaro USA e le altre divise, in particolare l’euro e lo yen. Poiché anche i ribilanciamenti di fine trimestre hanno fatto allargare in maniera significativa la cross-currency basis, i costi di copertura per gli investitori denominati in euro e yen sugli strumenti in USD sono schizzati su nuovi massimi, pari a circa il 2,1% (annualizzato) per l’euro e all’1,9% per lo yen. L’aumento dei costi di copertura rappresenta già da qualche tempo un ostacolo per gli investitori con portafogli in euro e in yen; tuttavia, visto che il differenziale di tasso d’interesse continua a salire e che le valutazioni di molti mercati obbligazionari appaiono tirate, conseguire rendimenti interessanti e positivi sta diventando un’impresa quanto mai ardua. Ciò nonostante, è evidente che è aumentato il numero di investitori giapponesi ed europei che acquistano asset non coperti denominati in dollari USA e così facendo creano ulteriori pressioni sul dollaro USA.

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