Obbligazioni, la view di Marzotto Sim per il secondo semestre del 2016

A cura dell’ufficio studi di Marzotto Sim

Il segmento governativo e più in generale il livello dei tassi, è fortemente condizionato da due forze contrapposte: il bassisimo livello di rendimenti, con ormai un’importnate percentuale di titoli in territorio negativo (di rendimento), presenta una barriera naturale che contrasta qualsiasi movimento a ribasso (sempre dei rendimenti). Per contro, l’azione della BCE, che di mese in mese prosciuga l’offerta di titoli in circolazione, rende improbabile qualsiasi tendenza ad un forte rialzo (sempre in termini di rendimento).

Nel breve-medio termine quindi, è plausibile per i titoli di stato un andamento laterale del mercato all’interno di una fascia di oscillazione piuttosto contenuta. Per intenderci tra un massimo di rendimento attorno a 1,50% per il decennale italiano, ed un minimo attorno all’1%.

Gli altri segmenti vanno chiaramente al traino, con le obbligazioni corporate investment grade, ormai anch’esse su rendimenti molto “schiacciati”, in media ben al di sotto dell’1%.
In questa fase di ritrovata fiducia, si stanno momentaneamente avvantaggiando i segmenti più ad alto rischio, come le obbligazioni sub-investment grade e quelle emesse dai paesi emergenti.

Nel lungo termine pero’, con un’orizzonte oltre i 12-18 mesi, qualora tra gli investitori dovesse tornare, come successo a gennaio-febbraio, l’attenzione verso i rischi (c.d. “risk off”), rispetto alla ricerca di rendimento ad ogni costo (c.d. “risk on”) permangono a nostro avviso i rischi di un forte e repentino movimento al rialzo dei tassi (e quindi a ribasso dei prezzi).
Il peso dell’azione della BCE infatti, é tanto più elevato quanto minore é la propensione degli investitori a vendre il proprio “magazzino titoli”. La propensione a vendere poi é tanto minore quanto maggiore é la fiducia che l’attuale condizione, fortemente influenzata dalla BCE, continuerá. In sostanza é un meccanismo auto-generante che non deve interrompersi, altrimenti tutto il “castello” rischierebbe di crollare.

Prendiamo ad esempio il mercato italiano dei titoli di stato, che é composto da circa 2.000 miliardi di titoli. Di questi si stima che circa 300 siano giá nei forzieri della BCE; ne restano quindi circa 1700 in mano ad operatori di mercato. Ogni mese, altri 20 – 30 miliardi vengono “ritirati dalla BCE, mentre in media il saldo tra titoli in scadenza e nuove emissioni é solo molto marginalmente positivo (non piu’ di 5 miliardi al mese).
Da questi numeri si capisce che, se nessuno vende (come di fatto sta accadendo in questo periodo), la BCE “prosciuga” il mercato sempre più, al ritmo di almeno 15-20 miliardi al mese, impedendo quindi movimenti a rialzo dei tassi.
Se per un qualsiasi motivo dovesse innescarsi una fase di “risk off”, potrebbero riversarsi sul mercato in poche settimane centinaia di miliardi di euro di titoli, contro i quali i 20-30 miliardi di acquisti mensili della BCE sarebbero ben poca cosa.

La criticitá della situazione sarebbe poi esasperata dal fatto che, in termini di valore e rapporto rischio/rendimento, i livelli attuali hanno solo senso in quanto tutto il mercato “si fida” della BCE. Se questa fiducia dovesse attenuarsi (come a gennaio – febbraio) o venire meno, a parte appunto la BCE ci sarebbero ben pochi compratori a contrastare l’ondata di vendite.

In conclusione riteniamo come giá espresso piu’ volte in passato, che il mercato obbligazionario, ed in particolare quello dei titoli di stato e delle emissioni “investment grade”, stazioni all’interno di una situazione difficile e per certi versi paradossale. I rendimenti sono a livelli del tutto privi di senso, se valutati secondo le metriche tradizionali o una normale analisi del rapporto rischio/rendimento. Come altrimenti definire un Bond trentennale tedesco che rende il 1,0%, oppure un ventennale italiano che rende il 2,30%?

Certo il passato non si ripete mai, ma quante crisi si sono susseguite negli ultimi venti o trent’anni? Ed é realistico pensare ad una situazione di “stasi” per un periodo cosí lungo di tempo, senza nuove crisi del debito, oppure ritorno dell’inflazione? Entrambe questi scenari consegnerebbero agli attuali investitori in obbligazioni perdite pesantissime dai livelli attuali.

Purtroppo, un paragone calzante per gli investitori nel settore obbligazionario é quello dei “danzanti” sul Titanic, con la consapevolezza che, se un iceberg dovesse colpire, non ci sarebbero abbastanza scialuppe di salvataggio.

Ad oggi nessun vero “iceberg” ha colpito i mercati e non é certo che questo succederá in futuro. Tuttavia a nostro parere le probabilitá che questo avvenga entro i prossimi 24 é tutt’altro che insignificante.
Per questo motivo ribadiamo il suggerimento ad investire con prudenza ed attenzione, evitando di comporre un portafoglio esclusivamente con l’obbiettivo di massimizzare il rendimento ad ogni costo.
Suggerimenti per la restante parte del 2016

Riguardo alle strategie di portafoglio da seguire per i prossimi mesi, non possiamo a riguardo che ripetere quanto giá affermato nelle nostre ultime relazioni.
Si tratta infatti di bilanciare investimenti che consentano una, ancorché minima, redditivitá di portafoglio, con strategie che riducano i rischi nel medio-lungo termine; in particolare:
allargare l’universo investibile a tipologie di strumenti diversi dai titoli di stato e dai titoli obbligazionari bancari (per quanto ovviamente consentito dalle normative);
impostare attività di investimento più dinamiche, sfruttando anche i movimenti di mercato di breve termine;
operare in un contesto di rischi ben delineati, impostando l’attività di investimento sul livello di rischiosità prestabilito e non sulla redditività desiderata;
dotarsi di strumenti di copertura che, almeno in parte, consentano di gestire le fasi di ribasso in maniera meno passiva rispetto al passato.
In particolare su questo ultimo punto, riteniamo di dover sottolineare come il movimento di mercato di gennaio-febbraio debba rappresentare un ulteriore monito e un incentivo ad affrontare la tematica degli strumenti di copertura con la dovuta attenzione e decisione.

Veniamo ora all’analisi, in ottica tattica, dei principali rischi che soggiacciono al portafoglio di proprietà.

Rischio tasso
Il rischio tasso, dai livelli attuali, è a nostro parere legato a sorprese positive sul fronte della crescita economica (scenario positivo per l’economia), oppure ad un nuovo aumento dello spread BTP-Bund (scenario negativo per i titoli di stato italiani).
Lo scenario migliore per il rischio tasso é quello di un mantenimento dello “status quo” per lungo tempo. Come giá sottolineato in precedenza, questo scenario é probabile nel breve termine, ma assai improbabile nel medio-lungo.
Rinnoviamo quindi il suggeriamo ad un atteggiamento più opportinistico rispetto al recente passato, cercando di sfruttare anche i movimenti più di breve termine con un doppio obiettivo: evitare di “ingessare” il portafoglio con posizioni fortemente in perdita e realizzare plusvalenze anche di entità non enorme ma con maggior regolarità.

Rischio emittente
Su questa tipologia di rischio, il rapporto rischio/rendimento offerto in media dal mercato resta estremamente sfavorevole, soprattutto per le obbligazioni “investment grade”. Resta quindi a nostro parere valido il suggerimento di operare con grande selettività, allargando per quanto possibile l’universo investibile.
Rinnoviamo pertanto il suggerimento a considerare anche le tipologie di emittenti universalmente poco considerate, come p.es. i titoli derivanti da cartolarizzazioni, i titoli di municipalità e enti regionali, il nascente mercato dei minibonds e altri, che proprio perché meno “tradizionali” possono a volte offrire un rapporto rischio/rendimento più appetibile.

Rischio liquidità
Resta ancora il rischio meglio “pagato” dal mercato, nel senso che continua ad offrire agli investitori, quelli sufficientemente esperti ed in grado di individuare le reali opportunità, premi di rendimento decisamente elevati, ció almeno rispetto agli altri rischi.
Evidentemente, come sempre, il rischio liquidità va attentamente valutato sia a livello di singolo investimento, privilegiando emittenti di rating molto elevato, sia a livello di portafoglio, limitandolo ad una percentuale prestabilita e non troppo elevata, evitando comunque di impegnare la parte a leva.

Rischio valutario
E’ un rischio che può essere assunto solo indirettamente, attraverso titoli denominati in Euro il cui rimborso e/o la cui cedola siano legati al movimento di un singolo rapporto di cambio o di una media di più valute.
Resta una strategia particolare e molto speculativa, con potenzialitá interessanti, che andrebbe attuata con percentuali limitate di portafoglio.

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