Petrolio, rame e cotone sugli scudi. Ma attenzione alle politiche monetarie

A cura di Wings Partners Sim

Se sul fronte politico le dimissioni del consigliere alla sicurezza nazionale Usa (accusato dal Dipartimento di Giustizia di essere ricattabile dai russi) procurano una nuova battuta di arresto nel calendario del neo presidente Trump, in Asia la rilevazione di un nuovo picco nei prezzi alla produzione in Cina (+6,9% in gennaio malgrado prezzi al consumo ancora contenuti al 2,5%) ai massimi dal 2011, apre a indiscrezioni su potenziali future mosse restrittive in politica monetaria da parte di Pechino.

La politica monetaria torna quindi apparentemente a far notizia, e potrebbe condizionare sia l’economia giapponese (soprattutto adesso che la BoJ ha ormai acquistato oltre il 40% dei titoli di stato in circolazione, pari a circa il 65% del PIL nipponico, lasciando aperto il tema di quanto questo tipo di politica possa proseguire) che quella americana, dato che la Yellen oggi attesa alla sua audizione semestrale potrebbe segnalare l’adesione della FED allo schema di tre rialzi dei tassi nel 2017 il che riaprirebbe la data di marzo come potenziale scadenza per il primo intervento.

La verve rialzista è particolarmente evidente in questi giorni sulle materie prime, dal petrolio (una nuova stima dell’OPEC vede adesso il mercato sostanzialmente bilanciato nel 2017 contro un precedente surplus stimato in 985.000 barili) fino ad arrivare al cotone, i cui contratti derivati si portano ieri ai massimi degli ultimi due anni complice l’impennata delle esportazioni americane, favorite dai cali produttivi registrati in India ed Africa occidentale. E nNell’ambito dei metalli non ferrosi il picco del rame ai massimni degli ultimi 20 mesi è supportato dagli scioperi nella minera Escondida in Cile (di proprietà di BHP Billiton).

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