Quanto conta l’effetto Trump sui mercati?

di Stefan Kreuzkamp, CIO Deutsche Asset Management
Perché i mercati hanno reagito con un’alzata di spalle quando il nuovo presidente americano ha subito la sua prima clamorosa sconfitta al Congresso? Perché l’“arte di non fare affari” di Trump non ha decretato la fine del cosiddetto “Trump rally”? Forse perché, dopo tutto, non si tratta affatto di un “Trump rally”, ma solo di un rialzo del mercato basato sulla speranza di un aumento sostenibile dell’inflazione e della crescita. Probabilmente è proprio questa speranza che dalla metà del 2016 continua a trainare i mercati obbligazionari, valutari e azionari in tutti i continenti. Una speranza che fino a oggi non si è mai offuscata, e lo dimostrano i dati economici. Gli indicatori del sentiment sono al momento particolarmente positivi, le aziende hanno iniziato l’anno con grande ottimismo e gli analisti hanno innalzato le stime di utili.
Ma cosa c’entra l’ottimismo con Trump? Sicuramente non si può negare che le elezioni americane abbiano impresso uno slancio positivo ai mercati, tuttavia crediamo che ad alimentare tale slancio siano stati soprattutto il sollievo degli investitori alla notizia che Congresso e Casa Bianca sarebbero tornati nelle stesse mani, per giunta repubblicane, e la percezione che Trump fosse un presidente pronto ad agire. Ma dall’inizio di dicembre l’S&P 500 riesce a stento a tenere il passo con i mercati azionari globali, mentre l’indice Russell 2000, più orientato al mercato interno, continua a sottoperformare. Questo potrebbe significare che da quando è entrato in carica, il neopresidente non è riuscito a infondere nuovo ottimismo. L’indicatore che forse meglio riflette l’opinione del mercato sull’assertività politica di Trump è il cambio tra peso messicano e dollaro USA. Dopo le elezioni il peso ha perso oltre il 20 percento rispetto al dollaro, per poi arrivare a fine marzo con un recupero quasi totale.
L’interpretazione positiva dei compratori di pesos, attualmente più rilassati, dipende dalla prospettiva che i piani protezionistici di Trump falliranno, come già la sua riforma del sistema sanitario e i decreti anti immigrazione. L’interpretazione negativa metterebbe invece in dubbio la rapida attuazione delle riforme fiscali, un’eventualità che potrebbe deludere gli investitori americani – così come il rinvio dei progetti infrastrutturali. Ma le borse mondiali dovrebbero essere meno influenzate da queste dinamiche. I venti congiunturali favorevoli sono troppo forti. Inoltre, molti investitori internazionali non si aspettavano molto da Trump fin dall’inizio, quindi forse non sono rimasti troppo delusi. E anche per quest’anno, siamo convinti che l’approccio migliore per gli investitori sia non aspettarsi troppo per non restare delusi. Anche se le valutazioni sono tese, non vi sono ancora segnali di surriscaldamento o di maggiori rialzi dei tassi di interesse. Inoltre non sembrano esserci rischi di recessione. Entrambi questi fattori dovrebbero proteggerci dai mercati ribassisti, anche se non possiamo escludere una battuta d’arresto prima dell’estate.
Previsioni sulla crescita globale
Tra le economie avanzate, un importante contributo alla crescita globale è atteso dagli Stati Uniti. Nel 2017 il prodotto interno lordo (PIL) americano dovrebbe accelerare di 0,6 punti percentuali, salendo al 2,2 percento.
La disoccupazione probabilmente continuerà a scendere fino al livello di piena occupazione, contribuendo al moderato aumento dei salari e al consolidamento del trend di crescita dei consumi. I salari più elevati e l’aumento della domanda potrebbero spingere l’inflazione inerziale all’1,9 percento, ovvero solo 0,1 punti percentuali al di sotto del target di inflazione stabilito dalla Federal Reserve. Questo conferma l’ipotesi che la Fed possa annunciare altri due o tre rialzi moderati dei tassi prima di marzo 2018.
Anche nell’Eurozona prosegue una moderata ripresa. Gli indicatori del sentiment quali la fiducia dei consumatori e le aspettative dei direttori d’acquisto, nonché i dati dell’economia reale come la produzione industriale e i nuovi ordini, continuano a segnalare un’espansione economica costante. L’economia dell’Eurozona dovrebbe ancora espandersi dell’1,5% nel 2017 e dell’1,4 percento nel 2018. Probabilmente la BCE confermerà la sua politica monetaria espansiva almeno fino alla fine del 2017.
Tra le economie emergenti, il principale motore di crescita dell’economia globale è l’Asia. La Cina svolge un ruolo importante nella crescita di questa regione per via delle sue dimensioni. A partire dal 2015 i consumi privati hanno iniziato ad assumere sempre più importanza come veicolo di crescita, lasciando presagire un’espansione dell’economia cinese del 6,3 percento p.a. sia nel 2017 che nel 2018.
Fixed Income
I mercati americani si interrogano più sulla politica e i trend economici sottostanti che non sull’operato della banca centrale. In Europa il dibattito sul tapering potrebbe diventare più acceso, ma l’uscita dal QE non avverrà come negli Stati Uniti. Nell’immediato non ci aspettiamo un forte aumento dei tassi di interesse o una variazione degli spread.
Per il momento i rendimenti dei titoli di Stato sembrano destinati a salire, seppur a un ritmo moderato, con le banche centrali che cercano timidamente una via d’uscita da queste politiche monetarie estremamente espansive. Il credito dovrebbe ricevere ancora sostegno, vista la costante ricerca globale di rendimento. La liquidità resta cruciale, pertanto in ambito obbligazionario preferiamo adottare una strategia barbell che prevede, da un lato, una maggiore posizione di liquidità e, dall’altro, asset ad alto rendimento come il debito dei mercati emergenti.
L’attuale contesto caratterizzato da ridotti tassi di default e ricerca di rendimento dovrebbero sostenere l’high yield, in particolare negli USA. In Europa i titoli di credito investment grade risultano in una posizione favorevole, data la politica monetaria espansiva e l’offerta limitata. Al contempo, le obbligazioni
dei mercati emergenti potrebbero trarre vantaggio da un lieve calo degli spread. Restiamo in sottopeso sui titoli sovrani, anche se in misura leggermente inferiore, dal momento che ci aspettiamo un aumento dei tassi ma a un ritmo graduale.
Equity
Confermiamo il nostro ottimismo rispetto ai titoli azionari, sfruttandone eventuali arretramenti quale opportunità di acquisto. Dopo un ottimo inizio d’anno, il margine di rialzo dagli attuali livelli risulta però limitato. Abbiamo una predilezione per l’Europa, che potrebbe sovraperformare dopo le elezioni francesi e per i mercati emergenti.
Azioni Stati Uniti
Per la prima volta dal 2011, nel 2017 gli utili dell’Indice S&P 500 dovrebbero tornare a crescere a doppia cifra. Il sentiment delle imprese e dei consumatori appare positivo e i tassi di interesse a lungo termine evidenziano un trend stabile. Le valutazioni e le possibili delusioni derivanti dalla nuova amministrazione ci inducono a mantenere un rating “neutrale”.
Azioni Europe
In Europa molti indicatori economici sono in miglioramento, anche a causa dei positivi effetti della stabilizzazione dei mercati d’esportazione sull’andamento delle società. Questo mood positivo è tuttavia ridimensionato dagli effetti della Brexit e dalle imminenti tornate elettorali in programma nella fragile Eurozona. A febbraio abbiamo rivisto al rialzo il nostro rating sulle azioni tedesche a “sovrappeso”.
Azioni Giappone
Riteniamo che i fondamentali giapponesi siano ancora robusti e che la situazione patrimoniale delle società sia altrettanto solida. Da metà dicembre lo yen ha però guadagnato terreno nel cambio con il dollaro, incidendo negativamente sulle azioni giapponesi.
Inoltre temiamo che le società manterranno un atteggiamento prudente e i capitali defluiranno dal Giappone verso i mercati emergenti. Riduciamo il nostro rating a “neutrale”.
Azioni mercati emergenti
Dal 2010 al 2016 le economie emergenti hanno sottoperformato i mercati azionari globali. La loro ripresa nel 2016 inizialmente non ci ha convinto perché legata perlopiù al prezzo del petrolio. Nel frattempo abbiamo comunque osservato miglioramenti a livello macroeconomico e politico in diversi Paesi, mentre le banche centrali continuano a disporre di ampio spazio di manovra. La selezione dei singoli Paesi resta cruciale.
Forex
Attualmente il dollaro USA sembra ben sostenuto, dato l’aumento dei tassi di interesse e della crescita negli USA e visti gli attuali flussi di fondi. Per il momento confermiamo le nostre previsioni di parità tra euro e dollaro ma ci riserviamo di rivederle qualora dovessimo assistere a un ulteriore ridimensionamento dei rischi politici in Europa.
Asset allocation
Lieve riduzione dell’esposizione azionaria e preferenza per i carry asset in ambito obbligazionario.
A livello azionario, pur avendo ridimensionato lievemente l’esposizione, manteniamo una predilezione per Europa e mercati emergenti.
Nel reddito fisso riteniamo che una posizione di duration breve possa rappresentare un approccio prudente.
Restiamo in sottopeso sui titoli sovrani, anche se in misura leggermente inferiore, dal momento che ci aspettiamo un aumento dei tassi ma a un ritmo graduale. I titoli di credito a reddito fisso dovrebbero essere ancora ben sostenuti, anche se gli spread dovranno essere tenuti sotto controllo in vista delle comunicazioni delle banche centrali.
Per quanto riguarda le commodity, siamo ottimisti rispetto ai settori ciclici e riteniamo che l’oro sia un prezioso elemento di diversificazione in una prospettiva multi-asset.

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