Reddito fisso Usa, sette motivi di ottimismo

A cura di Mike Gitlin Responsabile del reddito fisso di Capital Group
Malgrado il recente rialzo dei rendimenti obbligazionari sia giustificato dalle nuove notizie che i mercati hanno ricevuto, la situazione è ancora instabile. A nostro avviso, le obbligazioni dovrebbero continuare a rappresentare un ancoraggio affidabile per i portafogli.  Da un lato, il taglio delle tasse, l’incentivazione fiscale e la deregolamentazione sono tutti fattori positivi per gli asset rischiosi come le azioni (e di contro negativo per gli asset più sicuri come i Treasury). Tuttavia, le incertezze restano numerose e altri fattori offrono motivazioni valide per essere ottimisti riguardo al reddito fisso:

  • L’incertezza dello scenario geopolitico. Attualmente, la Cina sta crescendo ad un ritmo ragionevolmente buono, ma ciò è in parte dovuto a una rapida espansione del credito. I prestiti in sofferenza continuano a essere motivo di preoccupazione. In Europa, i partiti moderati perdono terreno, mentre avanzano quelli che propugnano politiche protezionistiche e anti-immigrazione. Dopo il voto con cui il Regno Unito ha scelto di lasciare l’Unione Europea, il populismo sta guadagnando consensi in molti paesi, tra cui Italia, Francia, Austria e Paesi Bassi. Questo cambiamento del panorama politico all’interno dell’UE potrebbe acuire l’incertezza e persino mettere in dubbio il cammino dell’Eurozona nella sua interezza. Ulteriori ambiguità legate ad accordi sulla sicurezza in Asia e al futuro della NATO non contribuiscono certo ad aumentare la stabilità politica.
  • L’incertezza riguardo alla politica di governo negli USA. Parafrasando Aristotele, il mercato aborrisce il vuoto. Dopo le elezioni, molti aspetti della politica di governo sono in divenire, dai piani di spesa ai rapporti con l’estero. La letteratura di settore dimostra che in passato livelli elevati di incertezza politica sono stati associati a una flessione degli investimenti, della produzione e dell’occupazione.
  • Il rischio che le misure di incentivazione fiscale manchino il bersaglio. L’analisi non tendenziosa che il Tax Policy Center ha condotto sul progetto di Trump di abbassare l’imposta sul reddito rivela che i contribuenti più facoltosi godrebbero in massima parte del risparmio fiscale prospettato, mentre le famiglie del ceto medio otterrebbero uno sgravio medio di $ 1.000. Se i consumatori decidessero di non spendere questo reddito aggiuntivo, la crescita economica potrebbe non soddisfare le aspettative. Per quanto riguarda le infrastrutture, i mercati prevedono un rilancio della crescita economica dovuto a nuovi finanziamenti per la realizzazione di autostrade, progetti in campo idrico e aeroporti. Ma se il mercato si aspetta interventi celeri, potrebbe rimanere deluso. Lo stesso presidente Obama, un anno dopo l’adozione del suo piano di incentivazione nel 2009, riconobbe con una battuta rimasta celebre che “non esistono opere immediatamente cantierabili”.
  • ll rischio di una guerra commerciale che nuocerebbe alla crescita. Se Trump dovesse dare seguito alla sua proposta di aumentare i dazi sui beni d’importazione, questi provvedimenti potrebbero sfociare in una guerra commerciale, con ripercussioni negative per la crescita del PIL statunitense. Vale la pena ricordare che il 44% del fatturato conseguito dalle società nell’indice S&P 500 proviene dall’estero. Il quotidiano di Stato cinese Global Times ha già risposto alla minaccia di dazi suggerendo che le vendite di velivoli Boeing, automobili, iPhone e prodotti agricoli statunitensi potrebbe essere pensalizzate.
  • Il rischio di restrizioni all’immigrazione che lederebbero la crescita economica. Forse non tutti sanno che, a partire dalla crisi finanziaria, la crescita del PIL pro capite è stata inferiore del 40% rispetto a quella del PIL complessivo. Inoltre, secondo le stime del Census Bureau, nei prossimi decenni il 65% dell’espansione demografica sarà imputabile all’immigrazione. Senza i flussi migratori che contribuiscono ad accrescere la popolazione, gli Stati Uniti potrebbero entrare in una dinamica demografica negativa simile a quella che affligge il Giappone e molti paesi europei.
  • Il rischio che uno shock si abbatta sull’economia. Gli shock esterni sono per natura difficili da prevedere, ma possono avere effetti di ampia portata. In un suo recente intervento il presidente della Fed, Janet Yellen, ha ricordato che un rallentamento causato da shock della domanda potrebbe incidere sulla forza lavoro con ripercussioni negative e di lunga durata. Sussiste inoltre il rischio che un inasprimento delle condizioni finanziarie, provocato dal rialzo dei tassi d’interesse, possa generare una battuta d’arresto della crescita. Non dimentichiamo che siamo all’89° mese di un’espansione che fa seguito a una recessione, mentre la durata media dei periodi di crescita dal dopoguerra a oggi è stata pari a 58 mesi.
  • Il grande numero di acquirenti del debito sovrano USA. I fondi pensione statunitensi ed esteri nonché le compagnie assicurative fanno ampio ricorso ai Treasury, che rappresentano una quota significativa dei loro portafogli, e questo trend non accenna a modificarsi. Se i tassi d’interesse crescono, i fondi pensione potrebbero approfittarne per coprire le proprie passività a un costo inferiore. All’estero, molti investitori istituzionali acquistano Treasury per gestire i propri portafogli. Inoltre, i rendimenti su questi titoli sono interessanti rispetto ad altre obbligazioni sovrane dei mercati sviluppati.

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