Tempi duri per i Bric

A cura di Raiffeisen Capital Management
Cina. I dati congiunturali cinesi continuano a segnalare tendenze di rallentamento. Intanto, la banca centrale si impegna a ridare più stabilità all’andamento dei cambi e le autorità stanno cercando tuttora di stabilizzare i mercati azionari. Inoltre, sono stati nettamente rafforzati i controlli sui movimenti dei capitali, una misura per contrastare i continui deflussi di capitale. Perchè se questi dovessero proseguire o addirittura aumentare, la banca centrale dovrebbe immettere ulteriori riserve di dollari sul mercato per sostenerlo, cosa che nel paese avrebbe, però, l’effetto di una restrizione della politica monetaria.
Per sostenere la congiuntura e il settore bancario, in particolare peró anche i mercati azionari, la banca centrale cinese ha effettuato un altro taglio dei tassi guida (a ormai 4,6%) e ha tagliato, inoltre, le riserve obbligatorie per le banche commerciali. Nonostante tutti gli sforzi per supportare i corsi azionari, le borse sul continente e a Hong Kong hanno continuato la loro picchiata verso il basso ad agosto, in media hanno ceduto oltre il 12%. Le valutazioni ormai molto convenienti nel confronto internazionale continuano più che mai a deporre a favore in particolare delle azioni H quotate a Hong Kong. Nei prossimi mesi dovremmo assistere, tuttavia, ancora a elevate oscillazioni dei corsi.
India. La produzione industriale indiana a giugno ha ripreso a salire e l’indice dei direttori d’acquisto a luglio ha indicato la continuazione dell’andamento congiunturale abbastanza robusto. Il deficit della bilancia commerciale a luglio è aumentato nonostante i prezzi significativamente più bassi del greggio, in particolare a causa delle importazioni maggiori di oro e delle esportazioni in calo. La valuta indiana si è deprezzata di quasi il 4% rispetto al dollaro USA dopo l’imprevista svalutazione dello yuan cinese. Secondo la banca centrale indiana (RBI) si tratta di un andamento normale e accettabile. Nel frattempo, a luglio l’inflazione è scesa inaspettatamente forte. Nonostante ciò, ad agosto la RBI ha lasciato invariati i tassi guida come da attese.
Tra tutti gli avvenimenti e dati congiunturali nel complesso abbastanza positivi, ci sono stati, però, anche dei punti negativi. Da una parte, le piogge monsoniche così importanti per l’India finora sono state inferiori alla media e, dall’altra, c’è tuttora una situazione di stallo politico. Nei mesi passati, in parlamento ci sono stati pochi risultati concreti riguardo a nuove leggi e programmi di riforme.
Gli indici azionari indiani ad agosto hanno ceduto in linea con il trend azionario negativo globale e hanno perso il 6% circa. Gli investitori istituzionali stranieri hanno venduto relativamente tanto, mentre gli istituzionali locali hanno, invece, effettuato acquisti quasi nella stessa misura.
Brasile. La situazione continua a inasprirsi sempre di più sul piano economico e della politica interna. A un anno soltanto dalla sua rielezione di stretta misura, la presidente Rousseff rischia la fine politica. Per di più, l’agenzia di rating Standard&Poor’s ha inaspettatamente declassato il Brasile a livello “spazzatura”, solo un mese dopo aver tagliato il rating ponendolo sul gradino più basso dell’investment grade e dando un outlook negativo. Di conseguenza, anche moltissime obbligazioni societarie brasiliane sono automaticamente finite fuori dal segmento investment grade. Una conseguenza inevitabile sono i costi di rifinanziamento più alti, ed è proprio questa l’ultima cosa di cui hanno bisogno le società brasiliane in questo momento.
S&P ha fondato la propria decisione sul fatto che si dubita sempre di più della capacità e volontà del governo brasiliano di implementare effettivamente le correzioni già annunciate a livello di politica economica. Il problema di base, infine, è che il paese, da un lato, ha bisogno di un percorso di risanamento della politica fiscale per ridurre il debito pubblico e l’inflazione. Ma, dall’altro, proprio adesso un tale percorso potrebbe peggiorare molto la recessione in corso e quindi avere un effetto del tutto controproducente. Sul piano della politica interna è naturalmente poco allentante per il governo, ridurre le spese nel sociale proprio quando gli interessati ne risentirebbero ancora di più. Considerando la situazione precaria, pochi giorni fa la presidente Rousseff ha lo stesso annunciato tagli consistenti. Si vuole eliminare un quarto dei ministeri, tagliare le prestazioni sociali e ridurre gli stipendi degli impiegati statali. In questo modo si dovrebbe risparmiare l’equivalente di circa sei miliardi di euro; altri sette miliardi dovrebbero entrare attraverso gli aumenti delle imposte. Inoltre, si tagliano sovvenzioni e anche gli investimenti indispensabili nelle infrastrutture vengono fortemente ridotti. Rimane da vedere, se questo programma funzionerà, e sul piano della politica interna potrebbe alimentare ancora di più l’atteggiamento anti-Rousseff. Il mercato azionario ad agosto è sceso nettamente in linea con il trend globale e ha ceduto quasi il 9%.
Russia. L’economia russa continua a rallentare, tuttavia, almeno al momento non si registra nessuna accelerazione della contrazione. Prezzi delle materie prime più bassi, quotazioni del greggio estremamente volatili, tensioni crescenti con gli USA e salari nominali in netto calo nell’economia russa non rappresentano sicuramente un ambiente favorevole. Nonostante tutto, l’economia russa finora sta tenendo meglio di quanto previsto e la banca centrale ha tagliato ancora una volta i tassi guida nonostante un’inflazione troppo alta. Contemporaneamente ha ribadito il suo obiettivo di voler aumentare le proprie riserve valutarie portandole all’equivalente di circa 500 mrd. di dollari USA nei prossimi 5-7 anni.
Considerando le enormi sfide per l’economia russa è probabile che la banca centrale nel prossimo futuro si orienti meno ai dati sull’inflazione, ma che invece sposti l’attenzione su fattori esterni, in primo luogo naturalmente sul prezzo del petrolio. Ad agosto il rublo ha nuovamente ceduto nei confronti del dollaro ed è sceso sotto la soglia dei 70 rubli per dollaro USA. È interessante notare che nel frattempo i salari russi (in dollari) iniziano a scendere sotto quelli cinesi, cosa che potrebbe, almeno temporaneamente, determinare investimenti maggiori da parte di produttori stranieri in Russia. Nonostante il taglio dei tassi d’interesse e la ripresa del prezzo del petrolio, le obbligazioni russe sono state più deboli e nel frattempo si trovano su livelli abbastanza attraenti. Il mercato azionario russo, invece, ha guadagnato quasi il 4% e, di conseguenza, contrariamente al trend globale è stato uno dei pochi a far registrare un aumento.

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