Stock picking sull’azionario emergente

A cura di Mathieu Nègre, Head of Global Emerging Equities di Union Bancaire Privée

 L’azionario dei mercati emergenti ha iniziato a recuperare il terreno perso, ma ha ancora molta strada da fare e la diversificazione geografica resta cruciale quando si investe in quest’asset class. Negli ultimi anni l’azionario emergente ha avuto un percorso turbolento, ma ora è tornato sul radar degli investitori internazionali. La sua ripresa è iniziata a gennaio 2016, anche se finora ha compensato solo una piccola parte della sua sottoperformance precedente. Le valutazioni non sono eccessive, sebbene tra l’inizio dell’anno e il 22 settembre l’indice MSCI EM (mercati emergenti) sia cresciuto del 30%, il doppio di quanto messo a segno dall’indice MSCI World nello stesso periodo di tempo.
All’interno dell’asset class dell’azionario emergente, le large cap hanno sovraperformato le società a piccola e media capitalizzazione. Lo stesso fenomeno si è verificato nel mercato USA, dove i titoli FANG, cioè Facebook, Amazon, Netflix e Google, hanno riportato guadagni eccezionali. Sebbene i principali titoli con una capitalizzazione mega nei mercati emergenti non abbiano alcun acronimo di questo tipo, spiccano cinque società: lo specialista cinese di servizi di telefonia mobile e internet, Tencent; la coreana Samsung Electronics; la cinese Alibaba; il produttore taiwanese di semiconduttori, TSMC, e il gruppo media sudafricano, Nasper. I guadagni ottenuti quest’anno da tali società è stato il doppio della media storica delle mega-caps dei mercati emergenti. Ciò dimostra che la situazione presente nel mercato americano, dove i rendimenti si sono concentrati in un gruppo ristretto di principali titoli tech, esiste anche nei mercati emergenti, dove alcune blue chip hanno beneficiato delle performance eccellenti riportate quest’anno dal settore internet e da quello dei semiconduttori.
Titoli value: multipli estremamente bassi. Il peso predominante della Cina nell’indice MSCI EM richiede una particolare cautela. Sebbene le azioni di società cinesi quotate all’estero abbiano spinto l’indice più in alto, le società nazionali cinesi lo hanno sottoperfomato. È probabile che la recente decisione di includere i titoli A-Shares (denominati in renminbi e riservati principalmente, fino a poco tempo fa, ai residenti cinesi) destabilizzi l’indice MSCI EM. Sebbene le tempistiche per l’inclusione delle A-Shares restino vaghe, gli investitori devono tenere presente questo cambiamento imminente dell’indice nei prossimi anni. Inoltre, l’azionario cinese è stato sostenuto da stimoli fiscali, che d’ora in poi saranno sempre meno di supporto e il governo di Pechino ha iniziato a stringere la sua morsa sul credito. Di conseguenza, gli investitori devono incrementare la loro diversificazione geografica al fine di gestire il rischio in modo più efficace.
Nel lungo periodo preferiamo ancora lo stile d’investimento value. La recente performance debole dei titoli value implica che ora le loro valutazioni relative siano estremamente basse nei mercati emergenti, simili a quelle viste nel 2001 e nel 2008. L’aumento dei tassi di interesse e la correzione tra i titloli tech potrebbe innescare una ripresa. Al di là dei titoli value, esistono altri segmenti di mercato attraenti: gli investitori potrebbero anche aumentare la loro esposizione sulle mid-cap, sui Paesi ASEAN, sulla Russia e su alcune società attive nella produzione di materie prime che sono rimaste indietro nel recente rally.

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