Europa dell’Est. A che punto siamo

A cura di Raiffeisen Capital Management
Turchia. Le indignazioni per il tentativo di golpe sono originate e originano, tuttavia, non tanto dal tentato golpe – rapidamente represso – quanto dall’immediato ed evidentemente ben preparato “colpo di Stato dall’alto” che il presidente Erdoğan da allora sta portando avanti con inflessibile determinazione. Migliaia di giudici, agenti di polizia, membri dell’esercito, insegnanti e funzionari statali di tutti i settori sono stati immediatamente licenziati o arrestati. È stato dichiarato lo stato d’emergenza e discussa la reintroduzione della pena di morte.
Indipendentemente dal fatto che il tentato golpe sia stato reale o solo simulato, in ogni caso serve solo da pretesto o motivo al presidente per eliminare anche l’ultimo rimasuglio di controllo democratico e trasformare il paese in un’autocrazia presidenziale, nella quale la giustizia, i media e il parlamento sono stati degradati in gran parte ad una mera “facciata democratica”.
Le modifiche costituzionali che prima non era possibile far approvare democraticamente (elezioni), con le quali Erdoğan vorrebbe farsi concedere ulteriori enormi poteri, ora potrebbero essere approvate in altro modo. Tutto ciò potrebbe avere anche una serie di conseguenze negative per l’economia turca.
Il turismo, una delle fonti di valuta estera più importanti, dovrebbe essere penalizzato ancora di più. Nel 2016 subirà una forte contrazione e costerà circa l’1% in termini di crescita all’economia complessiva. L’insoddisfazione di Erdoğan con la banca centrale è ben nota – è probabile che anche qui interverrà ancora di più e più direttamente. Anche senza il tentativo di golpe il settore bancario stava affrontando difficili sfide dopo anni di boom del credito quasi sfrenato – adesso queste dovrebbero diventare ancora più grandi. Le immediate reazioni al tentativo di golpe sono state relativamente modeste sui mercati dei cambi e sulla borsa turca.
Il danno a lungo termine causato dall’incombente smantellamento duraturo di istituzioni e strutture democratiche essenziali potrebbe essere, tuttavia, enorme e al momento non è ancora prevedibile. La lira ha ceduto solo modestamente, è comunque scesa a un nuovo minimo rispetto al dollaro, e il mercato azionario perdeva circa il 12% nel picco.
Grecia. La relazione del proprio comitato di revisione indipendente ha dato un giudizio disastroso al Fondo Monetario Internazionale (FMI) relativamente al ruolo svolto finora nella tragedia greca. Dall’introduzione dell’euro in Grecia allo sviluppo della crisi fino al conseguente tracollo economico, le azioni del FMI vengono valutate in modo particolarmente negativo. Fondamentalmente, la relazione giunge a una conclusione che alcuni osservatori della situazione avevano già da tempo espresso e che è stato ripetutamente un tema negli em-report: La “medicina” del FMI ha contribuito in modo determinante all’inasprimento della crisi e tutte le misure dell’UE e del FMI erano finalizzate in primo luogo a salvare l’Unione monetaria dell’euro in quanto tale e ridurre al minimo qualsiasi impatto negativo al di fuori della Grecia. I rispettivi costi sono stati e sono addebitati in sostanza unicamente all’economia greca e alla popolazione greca – e vendute loro sempre come “misure necessarie per salvare la Grecia”. Questo tardivo riconoscimento del FMI per ora serve veramente poco alla Grecia – ma è comunque notevole e almeno in futuro potrebbe aiutare a limitare il rischio di simili azioni disastrose del FMI.
Il fatto che le misure di austerity imposte potevano solo rafforzare il problema era del tutto prevedibile e da allora è anche chiaramente confermato empiricamente. Tuttavia, fino ad oggi costituiscono il cuore delle condizioni poste da Eurogruppo, BCE e FMI. Tutti e tre prevedono comunque una ripresa dell’economia greca nei prossimi anni. Questo è in netto contrasto con gli analisti di Citibank – l’anno prossimo questi prevedono addirittura una nuova accelerazione della contrazione e non intravedono nessun segnale di svolta positiva in particolare riguardo al consumo interno e al settore dei servizi. In linea con il trend globale, l’indice azionario di Atene a luglio ha guadagnato poco più del 5%, dovuto, però, al generale miglioramento del sentiment di rischio degli investitori piuttosto che ai visibili miglioramenti delle previsioni fondamentali per l’economia greca.
CE3 – Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria. La crescita economica polacca avrebbe dovuto mostrare un andamento stabile intorno al 3,2-3,6% p.a. fino al 2018 compreso, secondo quanto previsto dalla banca centrale polacca nella sua più recente stima. Nel frattempo, l’UE ha dato tre mesi di tempo alla Polonia per rivedere la legge, molto controversa anche nella stessa Polonia, con la quale verrebbe seriamente compromessa l’indipendenza della corte costituzionale polacca e infine dell’intero settore della giustizia.
Se la Polonia non dovesse reagire, nella peggiore delle ipotesi rischierebbe sanzioni UE fino alla sospensione del diritto di voto polacco nell’UE. Sembra tuttavia poco probabile che ciò si avveri, poiché il premier ungherese ha già segnalato il suo no alle sanzioni UE. A proposito di Ungheria. Il sentiment economico, specialmente nell’industria, a luglio ha raggiunto il valore più alto di quest’anno, trainato soprattutto dall’aumento dei nuovi ordini e dalla crescente produzione. Nonostante la contrazione inaspettata dello 0,8% nel primo trimestre, nel 2016 l’economia dell’Ungheria potrebbe assolutamente raggiungere l’obiettivo di crescita del governo del 2,5% circa.
A metà del 2017 la banca centrale ceca potrebbe eliminare il limite massimo della valuta con il quale da tempo evita una rivalutazione della corona. Consumo interno, salari e quindi anche inflazione stanno andando in una direzione che permetterebbe nuovamente di rinunciare, a medio termine, a queste ulteriori misure di politica monetaria.
I mercati azionari dei CE3 a luglio hanno avuto un andamento quasi speculare rispetto al mese precedente. La borsa ceca ha praticamente recuperato il calo dell’8%, la Polonia le sue lievi perdite, mentre la borsa ungherese, con un rialzo del 5%, è riuscita a guadagnare molto più di quanto aveva perso a giugno (-1%).

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