Allianz GI: ecco l’outlook 2019 per area geografica

A cura di Allianz GI

Stati Uniti

Il Presidente Trump probabilmente si focalizzerà in misura crescente sulla campagna per le presidenziali del 2020. Ciò potrebbe creare contrasti tra Donald Trump, che spinge per aumentare la spesa pubblica, ridurre le tasse e realizzare nuove infrastrutture, e la Fed, alla guida dell’economia USA nella fase avanzata del ciclo. Fino ad ora hanno prevalso gli effetti del pacchetto di stimoli implementato da Trump: l’espansione economica ha ridotto il tasso di disoccupazione al 3,7% di fine ottobre, il livello più basso degli ultimi 48 anni. È probabile tuttavia che l’inflazione aumenti per effetto della crescita dei salari, date le condizioni di piena occupazione sul mercato del lavoro. Ciò rende più probabili ulteriori rialzi dei tassi, e i segmenti più ciclici dell’economia statunitense, come il settore automobilistico e quello immobiliare, potrebbero reagire negativamente. Inoltre, il protrarsi delle tensioni sul fronte commerciale fra Stati Uniti e gli altri Paesi potrebbe danneggiare tutte le parti coinvolte. Prevediamo un raffreddamento dell’economia statunitense, con un tasso di crescita che dovrebbe riportarsi al 2%, ma nell’immediato non intravvediamo alcun segnale di recessione per il 2019. Le due diverse maggioranze al Congresso potrebbero trovarsi d’accordo sulla revisione dei prezzi dei farmaci, l’aumento della spesa pubblica per lo sviluppo di infrastrutture e la riduzione dell’accesso da parte della Cina alle tecnologie statunitensi. È probabile che non approvino invece altre misure di riforma fiscale, che fornirebbero ulteriori stimoli all’economia ma aumenterebbero il deficit del Paese.

Regno Unito

Il 2019 sarà un anno fondamentale per il Regno Unito: il 29 marzo 2019 è infatti la data ufficiale della sua uscita dall’Unione Europea. Resta da vedere a che tipo di accordo si sarà giunti a quella data, e quali decisioni verranno rinviate, ma probabilmente l’economia britannica manifesterà ulteriore debolezza se si protrarranno le incertezze sulla Brexit. Il “rischio estremo” di un cambio di governo aggiungerebbe altro nervosismo. Nel caso in cui non si raggiunga nessun accordo, sono probabili contraccolpi sulla sterlina e sui rendimenti obbligazionari. In generale gli investimenti in asset britannici in questo momento non godono di grande favore e non sono molto presenti nei portafogli. La loro performance nel 2019 dipenderà sia dalla fase finale del ciclo economico che dal grado di incertezza sulla Brexit. Le grandi aziende che esportano, sono diversificate e hanno una quota significativa del loro business al di fuori dell’UE potrebbero essere quelle meglio posizionate.

Europa

L’andamento dell’economia europea attualmente è piuttosto positivo, ma ci sono alcune criticità:

  • I segnali di debolezza sul fronte delle esportazioni stanno frenando la locomotiva tedesca. Il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha annunciato la sua uscita dalla politica nel 2021 e questo può comportare ulteriori problemi per la maggior economia europea.
  • Le tensioni in Italia, e il suo scontro con l’Unione Europea sulla manovra finanziaria, possono frenare il cammino dell’UE verso quelle riforme di cui c’è molto bisogno: l’unione dei mercati dei capitali, la garanzia comune sui depositi bancari e una politica fiscale comune.
  • Le elezioni per il Parlamento Europeo del maggio 2019 saranno il momento della verità per il continente europeo, stretto nella contesa fra populisti euroscettici e candidati più tradizionali appartenenti all’establishment.

La direzione futura dell’UE diventerà un tema rilevante, visto che i suoi pilastri fondamentali, scossi dalla crisi dell’Eurozona del 2010-2012, non sono stati ancora sufficientemente rafforzati. L’UE continua ad essere sensibile al momentum sulla crescita economica globale, in quanto una parte consistente delle attività e degli investimenti dell’area è orientata alle esportazioni.

Cina

La Cina è impegnata a riequilibrare la propria economia, spostandone sempre di più l’asse trainante dalle esportazioni ai servizi e ai consumi interni. Il Paese vuole inoltre liberarsi dell’elevato livello di debito e incoraggia le aziende di stato a privilegiare la massimizzazione dei profitti rispetto all’occupazione. Con queste sfide da affrontare, la Cina non ha certo bisogno di una guerra commerciale né di una guerra con gli Stati Uniti sul fronte delle tecnologie. Riteniamo tuttavia che il governo cinese possa raggiungere i propri obiettivi in molti modi. La chiarezza delle sue politiche, la determinazione e la forte leadership centrale dovrebbero aiutare il Paese a raggiungere i target economici. I giganti tecnologi cinesi, come i cosiddetti BAT* (Baidu, Alibaba, Tencent), potrebbero essere più inclini ad allinearsi con la posizione del governo rispetto ai loro omologhi statunitensi, i cosiddetti FANG* (Facebook, Amazon, Netflix, Google). I BAT inoltre hanno più facile accesso ad un mercato geografico di maggiori dimensioni. In ultima analisi, la Cina deve evitare la “trappola del basso reddito” che ha afflitto tanti Paesi emergenti, ecco perché è così concentrata sulle politiche del piano “Made in China 2025” per portare la sua industria a salire nella catena del valore.

Asia Pacifico

Il Giappone e gli altri Paesi asiatici sono legati alle fortune della Cina, soprattutto ora che l’influenza statunitense nell’area è in declino. La serie di investimenti strategici nell’ambito del progetto della “Nuova Via della Seta” (One belt, One road) rappresenta una fonte rilevante di finanziamento per importanti progetti infrastrutturali in tutta l’area geografica. Un altro tema rilevante è rappresentato dalle riforme, soprattutto in India e in Indonesia, entrambi Paesi che andranno alle urne nel 2019. In tutta l’area, i governi punteranno su ulteriore liberalizzazione economica e riforme strutturali a sostegno della crescita. Quelli che avranno successo dovrebbero vedere la propria azione rafforzata da una popolazione giovane e lavoratrice di Millennial.

Implicazioni per gli investimenti

1 Non si devono escludere interi mercati o aree geografiche sulla base di singoli eventi, per esempio la Brexit. È importante capire quali titoli o settori saranno favoriti basandosi su scenari specifici.

2 A livello globale stanno aumentando le pressioni inflazionistiche al crescere dei prezzi al consumo; gli investitori dovrebbero guardare all’azionario, alle materie prime e all’immobiliare, che sono strumenti classici per proteggersi dall’inflazione. Sui mercati globali, azioni e materie prime appaiono ancora complessivamente ben posizionate.

3 La “ricerca di income” resta importante in un mondo ancora dominato da bassi tassi d’interesse. Le obbligazioni investment grade e high yield statunitensi ed europee potrebbero trovarsi sotto pressione il prossimo anno, anche se i fondamentali del credito a livello globale sono stabili.

4 La diversificazione da sola come strategia potrebbe non essere più sufficiente, in quanto il quantitative easing ha distorto i prezzi di molte asset class; idee contrarian e temi diversi da quelli del consensus possono risultare premianti.

5 Dalla disruption sul fronte politico e della tecnologia a livello globale emergeranno vincitori e vinti; l’approccio attivo a livello di ricerca e analisi può incrementare le possibilità di generare alfa.

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