Archiviate le elezioni Usa, al pettine dei mercati arrivano gli altri nodi

A cura di Wings Partners Sim

La notizia del week-end, ovvero la conferma di Biden quale 46mo presidente degli Usa, non sembra cogliere nessuno di sorpresa, nemmeno il grande sconfitto della tornata elettorale che con il suo consueto aplomb si è limitato ad annunciare ricorsi contro l’esito del voto dedicandosi nel frattempo ad una salutare partita di golf; eppure appare invero difficile che si possa assistere a un ribaltamento degli esiti elettorali, così come avvenne nel confronto Bush-Gore nel dicembre di vent’anni fa se non altro per la freddezza con cui stretti collaboratori e compagni di partito sembrano aver espresso in queste ore in supporto alle pretese dell’ormai ex presidente, a cui rimangono circa due mesi di carica effettiva (che verranno indubbiamente spesi nel creare più fastidi possibili alla nuova amministrazione) sebbene al momento il Tycoon non abbia ancora ufficialmente ammesso la sconfitta.

Passata la tornata elettorale, i mercati tornano a concentrarsi su argomenti ben più prosaici, e tra questi indubbiamente spiccano le trattavive per la Brexit, giunte ormai alla loro ennesima settimana finale (e Biden sembra decisamente meno amichevole di Trump nei confrotni del Regno Unito) e ovviamente il dilagare della pandemia, con gli States che toccano il record dei 10 milioni di contagi (siamo a quota 50 milioni su base globale) e i bollettini medici che segnalano situazioni di crescente emergenza in molti paesi europei, tra cui Germania, Belgio, Francia. In Italia come ben sappiamo il colore della cartina geografica si appresta a mutare nuovamente con voci ricorrenti che vorrebbero la lista delle zone rosse questa settimana allargarsi ad altre province precedentemente (e in alcuni casi curiosamente) esonerate se non l’istituzione di un lockdown a questo punto a carattere nazionale.

I mercati azionari, che chiudono la settimana in leggera flessione, malgrado il dato superiore alle attese pervenuto dal settore occupazionale americano venerdì (nuovi occupati 638.000 contro i 593.00 attesi e tasso di disoccupazione al 6,9% contro 7,6% atteso) si apprestano ad aprire la settimana in progresso grazie anche ad una sessione asiatica questa notte estremamente robusta per i listini orientali.

Il dollaro prosegue nella sua fase correttiva approssimandosi in queste ore a quota 1,19 contro euro a beneficio soprattutto dello Yuan cinese che prosegue questa mattina nel suo momento milgiore a far data dal 2017 portandosi nelle prime ore del mattino ad un fixing sotto quota 6,6 contro dollaro.

Parimenti positivo l’avvio di settimana per il settore delle materie prime, con il petrolio che si porta sopra quota 38 dollari al barile questa mattina per i contratto Wti (+2,3%) e l’oro che si avvia a capitalizzare la terza giornata consecutiva in rialzo con l’obiettivo di breve posto ora sulla resistenza a 1.975 dolalri l’oncia. Metalli non ferrosi ancora solidi, guidati da un rame che si fa sempre più sotto al livello dei 7.000 dollari malgrado le statistiche cinesi della notte evidenzino il calo degli acquisti cinesi di metallo rosso ad ottobre ai minimi di cinque mesi (ma nei primi 10 mesi dell’anno il saldo rimane del 40% sopra i livelli dell’anno passato); quotazioni in rialzo anche per alluminio, che tiene i 1.900 dollari, zinco e piombo, con il nickel che si accoda al metallo rosso questa mattina quale migliore del comparto e quotazioni in predicato di un test imminente di quota 16.000 dollari a tonnellata.

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