Asset Allocation, indicazioni strategiche per il 2° semestre. La tavola rotonda dei gestori

Il sentiment positivo innescato dalla partenza a marzo del Quantitative Easing della BCE ha rimesso in moto i mercati finanziari europei; le performance hanno previlegiato i mercati azionari e i governativi periferici che hanno attratto nella zona Euro importanti flussi di investimento. Nelle recenti settimane il clima sembra variato: attenuazione dei flussi e maggiore volatilità su tutte le classi di attivo a partire dal rendimento dei Bund. Le Banche Centrali tornano ad essere al centro dell’attenzione sia per le prossime mosse monetarie, e per i temi che riguardano i trend di crescita ed inflazione. L’Asia si conferma un centro di investimento ancora chiave: l’indice cinese Shanghai Composite ha toccato i 5000 punti sulle attese di nuovi tagli di interesse della PBoC, mentre ad ovest si attendono le indicazioni per la stretta della FED.

Nella Tavola Rotonda Virtuale di ieri,  organizzata da RicercaeFinanza.it, si è cercato di offrire i dettagli delle prospettive macroeconomiche e finanziarie per i prossimi mesi, con alcune utili indicazioni di Asset Allocation per i portafogli di investimento. Ecco una sintesi di quanto detto.

Mix di dati macroeconomici negli Stati Uniti e in Giappone, staticità in Cina; l’Area Euro scommette sul QE con stime in miglioramento. Qual è la vostra proiezione sui dati di crescita economica per la seconda metà dell’anno?

Kurt Schappelwein Head of Multi Asset Strategies di Raiffeisen Capital Management Pensiamo che ci siano buone possibilità che la crescita del 2° semestre batta quella del 1° semestre 2015. L’economia USA dovrebbe accelerare con tassi di crescita superiori al potenziale, creando ulteriore margine di manovra per la FED nel suo processo di “normalizzazione” dei tassi. Dall’altro lato dell’Atlantico ci attendiamo la continuazione dei recenti miglioramenti dal lato della crescita, con tassi vicini al livello potenziale pari all’1,8% p.a. grazie anche al più basso cambio dell’Euro. La Cina dovrebbe stabilizzarsi a livelli di crescita più contenuti, grazie alle recente misure monetarie espansive. Dopo le delusioni degli ultimi trimestri ci attendiamo che l’economia giapponese migliori nel 2° semestre, supportata dalla valuta più debole e dalla politica espansiva.

Paolo Federici MD Southern Europe & Latin America di Fidelity Worldwide Investment Siamo ottimisti sullo stato di salute dell’economia USA, per la quale prevediamo che gli effetti positivi del calo del prezzo del petrolio si faranno sentire a favore dei consumi. Crediamo inoltre che la ripresa in Europa si stia rafforzando sia nei Paesi più solidi che in quelli finora meno favoriti. L’azione messa in campo dalla BCE e le riforme sono importanti elementi che supportano le prospettive delle aziende europee, che offrono interessanti opportunità di investimento. Bisogna però tenere a mente che permangono in questa regione elementi di incertezza geopolitica. Per quanto riguarda infine i mercati emergenti manteniamo una visione positiva di lungo periodo, mentre nel breve resta essenziale la selettività, in considerazione dell’importante azione riformatrice di alcuni Governi, come ad esempio in Cina, Indonesia ed India, e del calo del costo dell’energia, che penalizza i Paesi esportatori a favore di quelli importatori.

Gabriele Roghi Resp. Consulenza Investimenti e Sviluppo Prodotti di Invest Banca SpA Le stime negli ultimi tempi sono state molto spesso smentite dai dati reali. In questa fase l’ottimismo sulla crescita sembra restare su livelli elevati, probabilmente perché le analisi fatte a fine anno hanno incorporato i vantaggi relativi alle svalutazioni dei cambi, del calo del prezzo del greggio e dei tassi a breve e medio prossimi allo zero, non solo nel breve periodo, ma come fattori persistenti nel medio termine. Questo modo di interpretare le dinamiche future ha creato delle aspettative che sono già state in parte smentite dai dati di crescita negli Usa ed anche in Cina, le aree che contribuiscono maggiormente alla crescita globale, ma anche per l’Europa ci si aspetta una dinamica che probabilmente nel secondo semestre potrebbe già mostrare di essere fin troppo ottimistica. La distorsione sull’economia prodotta dalle politiche monetarie sta evidenziando i primi contraccolpi in termini di eccesso di produzione, con relativo effetto deflattivo e di compressione della capacità complessiva di consumo. Non pensiamo quindi che si possa riuscire a tornare a tassi di crescita pre-crisi ma che saremo intrappolati per lungo tempo in un “new normal” di bassa crescita e bassa inflazione (nonostante i proclami ottimistici di uscita dalla crisi dei vari politici e banchieri centrali).

Donatella Principe Head of Istitutional Business di Schroders Italy SIM In Europa la ripresa procede e, se vi sono state delle sorprese, esse sono state al rialzo. Al netto di ricadute dalla crisi greca, la ripresa del Vecchio Continente dovrebbe consolidarsi nella seconda parte dell’anno. In America l’avvio del 2015 è stato una replica peggiorativa del 2014: quest’anno il PIL ha subìto il contraccolpo non solo delle rigide condizioni climatiche, ma anche degli effetti sull’interscambio del protrarsi degli scioperi sulla costa Ovest. La brusca impennata del Dollaro e un effetto di primo-impatto negativo sugli investimenti dal calo del prezzo del petrolio hanno contribuito al risultato negativo. Riteniamo però che questo concorso contingente di fattori non sia in grado di alterare lo scenario complessivo di ripresa dell’economia americana. Bisogna, però, essere consci che con il mercato del lavoro in ripresa e la risalita di salari, il ciclo economico americano sta entrando in una fase nella quale il trade-off tra crescita e inflazione inizia a deteriorarsi. I Paesi Emergenti hanno vissuto un inizio difficile di anno e continueranno nel corso del 2015 con qualche difficoltà; con tutti i paesi BRIC che fronteggeranno sfide quest’anno.

Massimo Dalla Vedova Director Financial Institutions Italy di AB Global Ci aspettiamo una crescita globale del 2,7%, in calo rispetto alla nostra stima del 3% a inizio anno. Il nostro downgrade riflette diversi fattori, tra cui i recenti elementi di debolezza della crescita statunitense. Un altro fattore importante è il rallentamento della crescita degli scambi commerciali, come conseguenza della debolezza dei consumi e degli investimenti nelle economie dei mercati emergenti. Analizzando le differenti aree geografiche, il ciclo di crescita degli Stati Uniti sembra saldamente radicato nonostante una fase di debolezza a inizio anno. Segnali incoraggianti nei settori manifatturiero e delle costruzioni e segnali positivi provenienti dai mercati del lavoro ci suggeriscono che il tasso di crescita del PIL statunitense dovrebbe accelerare nella seconda metà dell’anno. Riteniamo che un tasso di crescita del 3% per il resto dell’anno sia ancora possibile. La crescita della zona Euro dovrebbe essere più lenta rispetto a quella degli Stati Uniti, ma la nostra previsione per il 2015 mostra una modesta crescita dell’1,7%, in parte favorita da un euro più debole e un prezzo del petrolio più basso. La crescita è migliore nel Regno Unito, dove vediamo un PIL a +2,7%. Per quanto riguarda il Giappone, questa dovrebbe accelerare dopo il ristagno del 2014 con un +1,3% nel 2015. Questo scenario di crescita globale irregolare è particolarmente marcato nelle economie emergenti. Nel complesso, la crescita resta più veloce rispetto ai mercati sviluppati, ma il divario si sta riducendo. La crescita in America Latina continua a rallentare, mentre le sanzioni internazionali globali stanno danneggiando la Russia ei suoi vicini dell’Europa orientale. L’Asia registra la crescita di gran lunga più marcata e ci aspettiamo che questo trend continui nel resto del 2015.

Maria Paola Toschi Market Strategist di J.P.Morgan Asset Management L’Europa sta mostrando un trend di ripresa migliore delle attese, mentre gli Stati Uniti hanno deluso nel primo trimestre dell’anno. L’azione delle Banche centrali si è ancora mostrata fondamentale e ha modificato il momentum economico tra Europa e USA. Nonostante ciò, aspettiamo una ripresa della crescita degli USA nel secondo trimestre, in virtù dei buoni segnali che vengono dal mercato del lavoro e che dovrebbero ancora rivitalizzare i consumi. La Cina continua a mostrare dati non eccitanti, ma neanche preoccupanti. Altri paesi emergenti come l’India mostrano segnali incoraggianti. In generale pensiamo che il 2015 sarà un anno favorevole con la crescita globale che dovrebbe portarsi intorno al 2,5-3%.

Laura Tardino Head of Institutional Business Development di Aberdeen Asset Management A livello globale crediamo che la crescita dovrebbe attestarsi per il 2015 intorno al 3,3% sostanzialmente stabile rispetto al 2014. Per il 2016 pensiamo invece che potrebbe accelerare al 3,9%. La prima parte dell’anno è stata per certi versi deludente per Stati Uniti e Cina mentre in Giappone ed in Europa i dati, sebbene in miglioramento rimarranno fortemente legati all’evoluzione delle politiche economiche.

Corrado Caironi Investment Strategist di R&CARicercaefinanza.it Se il quadro generale rimane sostanzialmente positivo, i trend di espansione economica rimangono circoscritti ad alcune regioni e in molti casi più limitati rispetto alle aspettative di fine anno scorso; la crescita del GDP globale per l’intero 2015 è stimata poco sopra il 3%, dal 3,5% di inizio anno, mentre rimane al momento intatta la proiezione per il 2016 al 3,8%. Nel dettaglio troviamo comunque prospettive molto variegate che potrebbero essere ulteriormente influenzate dalle politiche monetarie e dai tassi di cambio, dalle riforme strutturali nei paesi emergenti, e dalla volubilità dei prezzi energetici e delle materie prime. Rimangono le criticità sui temi geopolitici (Grecia e Russia per l’area Euro) che creano pressione sul sentiment degli operatori. Le variabili macro saranno quindi da monitorare attentamente, paese per paese, partendo dagli indicatori di fiducia quali anticipatori di ciclo.

Dopo le importanti performance ottenute da inizio anno, quali sono le vostre attese per gli indici azionari? Quali sono le vostre preferenze a livello globale?

Kurt Schappelwein Head of Multi Asset Strategies di Raiffeisen Capital Management Pensiamo che i mercati azionari avranno dei periodi difficili ancora per un altro paio di mesi. Ciò è dovuto all’aumento dei tassi da parte della FED. Ad ogni modo, non ci aspettiamo dei grandi mercati “orso” ma piuttosto una correzione “tattica”. La ragione per questo è che, una volta che il percorso strategico della FED diverrà più trasparente, i mercati torneranno a concentrarsi sui fondamentali, il che non è per nulla negativo. In termini di allocazione regionale, preferiamo i titoli giapponesi in valuta coperta.

Paolo Federici MD Southern Europe & Latin America di Fidelity Worldwide Investment In generale riteniamo che in questa fase premi guardare alle singole aziende secondo un approccio fondamentale di tipo bottom-up anziché seguire un approccio principalmente top-down. Ciò premesso tra i mercati sviluppati rimaniamo positivi sull’America, che in un contesto di aumentata volatilità può consentire di stabilizzare il portafoglio azionario. L’Europa potrebbe sovraperformare ma è anche potenzialmente più esposta ad eventuali turbolenze di mercato. Per quanto riguarda i mercati emergenti, manteniamo una visione positiva di lungo periodo per un’area che conosciamo molto da vicino, preferendo l’area asiatica e in particolare i Paesi oggetto di riforme, sempre più fondati sui consumi e importatori di energia che più possono beneficiare dei bassi prezzi del petrolio come Cina ed India.

Gabriele Roghi Resp. Consulenza Investimenti e Sviluppo Prodotti di Invest Banca SpA Le buone performance da inizio anno, che fanno seguito ad anni di ottimi rialzi (non proprio per tutte le borse, ma per quelle guida, sì) non sembrano lasciare enormi spazi al rialzo per la rimanente parte del 2015. Crediamo che alcuni emergenti (Russia, Brasile e Taiwan) abbiano dei margini superiori.

Donatella Principe Head of Istitutional Business di Schroders Italy SIM Certamente il rally degli ultimi mesi ha ridotto il premio per il rischio nel segmento azionario, ma la recente correzione è stata soprattutto una normalizzazione dei precedenti eccessi di posizionamento. La rotazione dai trade deflattivi a quelli reflattivi dovrebbe guidare la prossima fase di rialzo nel mercato azionario. La nostra preferenza continua a essere per l’Eurozona e il mercato UK rispetto a Usa, Giappone e Paesi Emergenti. In America vediamo un deterioramento nel trend degli utili per azione, sia per i maggiori costi operativi che per la ricaduta dell’apprezzamento del Dollaro. In Europa al contrario il consolidarsi della ripresa economica, unita al deprezzamento dell’Euro, dovrebbe sostenere la tanto attesa riaccelerazione degli utili aziendali. In Giappone ci attendiamo che la BoJ lasci che sia lo Yen debole a sostenere la ripresa, senza nuovi interventi espansivi di politica monetaria; a meno del manifestarsi di un concreto deterioramento. In questo contesto la ripresa degli utili potrebbe continuare a supportare il mercato azionario, ma con meno forza rispetto al passato, giustificando una posizione neutrale. Nei Paesi Emergenti alcuni miglioramenti esterni di breve periodo, come la breve fase di debolezza del Dollaro, non sono in grado di controbilanciare i problemi sul fronte economico, il deterioramento sul fronte del credito e la vulnerabilità al rialzo dei tassi della Fed. È ancora presto per ruotare da una posizione neutrale a una di sovrappeso.

Massimo Dalla Vedova Director Financial Institutions Italy di AB Global Data la previsione di una crescita economica in miglioramento, forte liquidità e politiche monetarie accomodanti, sosteniamo la necessità di detenere anche asset di rischio nei portafogli. Tra questi, stiamo leggermente sovra-pesando l’azionario nei nostri portafogli multi –asset. Quest’anno il dollaro forte ha frenato le azioni americane e quindi ci aspettiamo dei risultati modesti – nella misura di numeri a una cifra. Conseguentemente stiamo sotto-pesando le azioni americane e favorendo invece altri mercati, in particolare l’Europa, il Giappone e alcuni selezionati mercati emergenti dove la crescita degli utili aziendali sta accelerando. La questione però non è tutta qui: quando consideriamo gli investimenti da adesso alla fine dell’anno, crediamo che una grande parte dei ritorni arriverà dalla gestione attiva, che significa prendere delle decisioni consapevoli in merito ai diversi stili, settori e asset class. In Europa vediamo opportunità decisamente interessanti per gli investitori deep value. Molte azioni hanno quotazioni errate e sono scambiate con bassi multipli a causa dello scetticismo riguardante le prospettive di crescita della regione. Di contro noi vediamo opportunità nelle azioni a che staccano buoni dividendi, dato che questi si aggirano sul 4-5%, livelli decisamente più alti che in qualsiasi altra parte del mondo. Il Giappone è un’altra opportunità interessante. Sebbene le società giapponesi abbiano reso nota una forte crescita degli utili, i multipli azionari giapponesi hanno continuato a comprimersi. Nel momento in cui gli investitori acquisteranno sicurezza che in Giappone la ripresa sia in atto, ci aspettiamo una crescita dei multipli. Sin dal 2011, le azioni dei mercati emergenti sono state in ritardo rispetto a quelle dei mercati sviluppati. Poiché i mercati emergenti sono piuttosto vicini ai minimi, pensiamo che alcuni titoli possano offrire delle opportunità interessati – mantenendo comunque un approccio altamente selettivo. Il Brasile e la Cina sono i paesi su cui ci stiamo focalizzando maggiormente.

Maria Paola Toschi Market Strategist di J.P.Morgan Asset Management Pensiamo che i mercati azionari potranno fare ancora bene, anche se dobbiamo ridurre le aspettative di rendimento. L’Europa resta in primo piano nonostante la Grecia continuerà ad essere una spina nel fianco. Al momento non si vedono condizioni per superare stabilmente la situazione di impasse nelle negoziazioni tra Grecia e creditori europei. In generale ci piacciono i mercati che beneficiano del sostegno di banche centrali molto accomodanti come Giappone e Cina. Potrebbe tornare interesse sugli Stati Uniti se si confermano i segnali di ripresa, anche se l’azione della FED attesa in autunno potrebbe restare un elemento di incertezza. Va ricordato che un rialzo dei tassi significherebbe che la Fed riconosce la forza dell’economia americana e andrebbe interpretato più in senso positivo che negativo.

Laura Tardino Head of Institutional Business Development di Aberdeen Asset Management Nel segmento azionario, non ci sono posizioni o convinzioni significative a livello geografico. Al di fuori del Giappone, e in certa misura anche dell’Europa, dove le valutazioni contenute coesistono con una forte accelerazione dei profitti corporate e un florido programma di riforme della governance, troviamo al momento che ci sia poco da scegliere nelle altre regioni. Se i titoli azionari globali continueranno a salire, questo dipenderà sempre di più dalla ripresa della crescita nominale e dall’accelerazione degli utili. Al momento non ci sono prove evidenti di ciò la ripresa potrebbe arrivare nella seconda parte dell’anno.

Corrado Caironi Investment Strategist di R&CARicercaefinanza.it Dopo un ulteriore rally ad inizio del secondo trimestre, dove si sono ritrovati nuovi massimi, l’attenzione è tornata su valutazioni relative, stima di crescita degli utili, attese di politica monetaria; la rotazione verso le borse maggiormente supportate dall’espansione monetaria (Area Euro, Giappone e Cina) si scontra oggi con fattori di criticità geopolitica, espansione economica e tensioni nei rendimenti obbligazionari. Seppur la strategia per la classe di attivo azionaria nel medio termine rimanga costruttiva, un aumento della volatilità costringerebbe comunque alcuni portafogli ad una diminuzione del rischio con un ribilanciamento. A questo sembra aggiungersi la necessità di alcuni gestori dinamici di prendere profitto dalle ottime performance sui portafogli a leva, prima dell’aumento dei tassi in Usa. Per chi si approccia al mercato azionario la cautela sul timing è d’obbligo visto che il trend rimane legato alle variabili macro, all’espansione del business e soprattutto della crescita degli utili; in termini di regioni e paesi non rimane che seguire le banche centrali.

Avete in programma nei mesi a venire un cambio nei pesi tra Bonds, Equities e Cash? In un portafoglio ben diversificato quali sono le raccomandazioni sull’obbligazionario e sull’azionario? Se doveste giocarvi un’idea di investimento per i prossimi mesi su quale sareste più fiduciosi e perché?

Kurt Schappelwein Head of Multi Asset Strategies di Raiffeisen Capital Management Nel momento in cui scriviamo siamo sottoponderati in azioni e titoli di Stato a favore del cash e dei metalli preziosi. Questa è la nostra attuale visione tattica in cui l’orizzonte d’investimento è di solito di 1-6 mesi. Nonostante crediamo che le azioni si comporteranno bene nel medio termine, non pensiamo che il momento sia ancora maturo per acquistare. Lo scenario più probabile è quello secondo cui si presenteranno delle opportunità di acquisto in qualche momento durante l’autunno.

Paolo Federici MD Southern Europe & Latin America di Fidelity Worldwide Investment Mantenere adeguati livelli di diversificazione e adottare un approccio gestionale attivo si confermano due elementi chiave nella costruzione di un corretto portafoglio di investimento. A maggior ragione in un contesto di aumento della volatilità le strategie globali multi asset, sia orientate all’income (reddito) sia tattiche finalizzate alla generazione di un ritorno asimmetrico rispetto all’andamento dei mercati azionari, possono essere la soluzione corretta per la maggioranza degli investitori. L’investitore che desiderasse privilegiare un approccio orientato alla stabilità, può trovare risposta al suo profilo attraverso l’investimento in soluzioni obbligazionarie anch’esse flessibili, capaci di coniugare dinamicamente diverse categorie di bond quali in particolare corporate investment grade, emergenti e high yield, e – categoria non priva di interesse prospettico – le obbligazioni indicizzate all’inflazione.

Gabriele Roghi Resp. Consulenza Investimenti e Sviluppo Prodotti di Invest Banca SpA Un portafoglio multiasset bilanciato al momento dovrebbe essere così strutturato: Azioni 50% (sovrappeso su Europa ed Emergenti); Obbligazioni 40% (sovrappeso su breve e emerging bond) e 10% alternativi (gestione della volatilità e metalli preziosi).

Donatella Principe Head of Istitutional Business di Schroders Italy SIM La stagione di soppressione del rischio e di trend direzionali è ormai alle nostre spalle. Ci attendiamo nei prossimi mesi maggiori rotazioni settoriali che indurranno a gestioni fortemente attive delle posizioni in portafoglio, con overlay anche importanti di breve periodo rispetto ai posizionamenti strutturali di medio-lungo. La disciplina nella selezione, con grande attenzione alla qualità e liquidità degli strumenti, sarà insieme alla diversificazione una variabile chiave per il successo di un portafoglio. Proprio perché si entrerà in una fase di maggiore volatilità e minore direzionalità del mercato, le posizioni “secche” tenderanno a pagare poco, rispetto alla gestione disciplinata della diversificazione: la scelta vincente non sarà su un settore e/o mercato, ma in una buona articolazione Multi-Assets; non solo nella forma di fondi ad hoc, ma anche con asset class che sono diversificatori naturali, quali le obbligazioni convertibili.

Maria Paola Toschi Market Strategist di J.P.Morgan Asset Management La diversificazione oggi è più importante che mai, perché molti attivi sono saliti e sono cari e perché è importante aumentare le fonti di rischio/rendimento in un contesto in cui i mercati si muovono rapidamente in relazione ai cambiamenti dello scenario di riferimento. Molti mercati azionari periferici restano lontani dai massimi pre crisi e questo tema potrebbe continuare a dare soddisfazione perché gli investitori sono alla ricerca di valore e di opportunità di crescita. In generale i mercati azionari dell’area Euro potrebbero ancora beneficiare della debolezza dell’Euro che potrebbe ancora non aver completamente esplicato i suoi effetti. Inoltre ci sono temi di largo respiro come i Mercati di Frontiera e il settore farmaceutico che sembrano immuni dai trend ciclici e sono invece guidati da logiche di sviluppo di lungo termine. Queste strategie in questo periodo possono giocare un ruolo di stabilizzazione nei portafogli.

Laura Tardino Head of Institutional Business Development di Aberdeen Asset Management Ad inizio anno abbiamo ridotto alcune nostre posizioni attive sulla base della convinzione che la dispersione tra i rendimenti delle asset class principali scenderà nei prossimi mesi. Sarebbe una sorpresa se le azioni o le obbligazioni restituissero rendimenti a più di una cifra nel corso del resto dell’anno. Nel complesso, nelle ultime settimane non abbiamo apportato cambiamenti significativi alle nostre posizioni di asset allocation. Confermiamo per ora la modesta posizione di sovrappeso nei titoli azionari e negli immobili commerciali, a scapito delle obbligazioni governative e della liquidità.

Corrado Caironi Investment Strategist di R&CARicercaefinanza.it Pensare di andare contro la banche centrali è un rischio; questo mette in guardia chi vorrebbe mettersi corto sui mercati che negli ultimi diciotto mesi sono più cresciuti. Un atteggiamento prudente, pur sposando una visione costruttiva, vede una gestione dinamica del portafoglio con posizioni difensive, ma anche capaci di prendere posizione su storni accentuati. Il supporto della BCE rimane elevato, mentre la misura attendista della Fed riguardo ai futuri interventi monetari rimane un indicatore per gli indici ‘core’. Attualmente la stagionalità (statistica) ha in parte già pesato sulle performance, anche a causa di aspetti geopolitici (elezioni in UK e Spagna, sanzioni in Russia e criticità sul debito della Grecia). Se a queste si dovesse aggiungere una pressione sui rendimenti, gli spazi per una ripresa degli indici rimarrebbe limitata. E’ pensabile che il consolidamento in atto degli indici azionari ed obbligazionari sia necessario al riavvio di uno scenario di maggiore fiducia e chiarezza sulle intenzioni dell’autorità monetaria statunitense. In questa visione rimangono in campo le logiche strategiche positive di rotazione settoriale e geografica nel rispetto delle evidenze dei dati macroeconomici nelle rispettive regioni.

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