Azionario emergente, questa volta sarà diverso?

A cura di G. M. Jones e P. D. Shere, Senior Vice President e Portfolio Manager di Alger, società partner di La Française

La lente della storia, sovrapposta alla consapevolezza dei cambiamenti che stanno interessando le economie globali, può fornire elementi utili per chi investe nei mercati emergenti e ricerca apprezzamento di capitale nel lungo termine. Storicamente, i mercati emergenti hanno fatto registrare forti rimbalzi dopo i periodi di crisi. Ciò sembra essersi ripetuto durante il primo semestre dell’anno, quando l’azionario emergente ha messo a segno un rally in risposta al crescente ottimismo sul possibile contenimento del Covid-19.

Non è facile dire se questo ottimismo continuerà, e molti epidemiologi prevedono un aumento dei nuovi casi di coronavirus in concomitanza con la ripartenza delle economie. Ciononostante riteniamo che l’andamento del primo semestre del 2020 rinforzi la nostra tesi per cui gli emergenti spesso, sul lungo periodo, ripetono lo stesso pattern in risposta alle crisi. In questo commento esaminiamo questo pattern e spieghiamo come i cambiamenti economici nei Paesi in via di sviluppo siano positivi per i loro mercati azionari.

I mercati emergenti in rally dopo un calo drammatico

L’indice MSCI dei mercati emergenti ha subìto un calo drammatico di circa il 33,9% dal 17 gennaio al 23 marzo in risposta ai timori circa la previsione di una recessione globale in conseguenza della pandemia. Sebbene questo declino sia stato simile a quello dello S&P 500 e del MSCI EAFE (Europa, Australia ed Estremo Oriente, o indice dei mercati sviluppati esclusi gli USA), diversi Paesi emergenti hanno fatto registrare cali ancora più bruschi, superiori al 50% in Brasile e in Russia. Dopo aver toccato nuovi minimi negli ultimi giorni di marzo, l’indice è rimbalzato del 31,2% al 30 giugno. Con il virus ancora in espansione in molti Paesi in via di sviluppo (in particolare il Brasile e l’India) – anche se sembra perdere vigore negli USA e in altri Paesi sviluppati – gli indici S&P 500 e il MSCI EAFE hanno superato gli emergenti, generando rendimenti che al 30 giugno, rispettivamente, erano del 38.5% e del 31.5%.

Comprendere i cicli di mercato

Il ciclo dove i titoli emergenti risalgono più bruscamente degli USA e degli altri Paesi sviluppati dopo una crisi di grande portata non è insolito. Dal punto di vista degli emergenti, una crisi può spingere gli investitori a cercare rifugio nel dollaro USA, nei treasuries e in altri safe havens, come il franco svizzero. Durante questa fuga disordinata, alcuni asset emergenti – le azioni, il debito e le valute – possono vedere ridursi la propria liquidità, esacerbando così il declino dei prezzi. Inoltre, molte economie in via di sviluppo sono legate alla crescita globale e ai flussi del commercio, oltre ad essere dipendenti dai finanziamenti esteri e dagli investimenti diretti. Questi fattori, a loro volta, possono rinforzare le notizie negative sulla crescita globale ed altri fattori, il che alimenta un loop di feedback negativi.

Nonostante questi timori, la maggior parte dei quali è stata aggravata da deficienze strutturali e problemi contingenti ma anche più di lungo termine, è nella natura umana indugiare nella vendita eccessiva di azioni emergenti. Questa reazione crea opportunità Pertanto, gli emergenti hanno storicamente sovraperformato gli USA e gli altri mercati sviluppati durante i 12 o i 18 mesi successivi all’apice delle crisi. Consideriamo questi fattori:

  • Durante l’epidemia di SARS all’inizio del 2003, le azioni dei Paesi più colpiti sottoperformarono, ma nei 12 mesi successivi generarono forti performance sia in assoluto che in relativo. Durante questa crisi la Cina, Taiwan e la Corea del Sud soffrirono l’impatto maggiore, come indicato dal declino, in dollari, degli indici MSCI pari rispettivamente al 15,3%, al 19% e al 31,3%: scendendo dai picchi di dicembre 2002 e gennaio 2003 ai minimi di marzo e aprile 2003. Per contro, negli USA, lo S&P 500 perse il 14% dal 14 gennaio al 5 marzo del 2003. Con il nuovo picco dei casi di SARS, i mercati di Cina, Taiwan e Corea del Sud iniziarono a riprendersi. Nei 12 mesi seguenti, mentre i livelli delle azioni raggiunsero un picco in tutti e quattro i Paesi ad inizio marzo 2004, questi furono i guadagni: MSCI Cina, 106,1%; MSCI Taiwan 77,9%; e MSCI Corea, 95,4%. Il rendimento dello S&P500 dal minimo del 2003 al 4 marzo 2004 fu del 44,5%.
  • Durante la crisi finanziaria globale, le azioni dei Paesi emergenti raggiunsero i minimi ad ottobre 2008, quando l’indice MSCI dei mercati emergenti fece registrare una perdita del 66,1% rispetto all’anno precedente. I mercati sviluppati fecero invece registrare perdite più contenute ma comunque significative, con l’indice MSCI EAFE e lo S&P 500 che persero rispettivamente il 61,8% e il 56,5% dal picco al minimo. Per controbilanciare l’impatto della crisi finanziaria, il governo cinese annunciò un programma di stimoli la cui portata si stima che fu di oltre il 10% del PIL nazionale. Alla fine i mercati risposero con una sovraperformance degli emergenti rispetto ai Paesi sviluppati. Dal minimo del 27 ottobre 2008 al 4 novembre 2010 l’indice MSCI dei mercati emergenti risalì del 153,4% mentre gli indici MSCI EAFE e S&P 500 guadagnarono rispettivamente l’83,8% e il 79,5% dai minimi del 9 marzo 2009.

Uno sguardo ai mercati di oggi

La principale differenza con le fasi precedenti è che la crisi attuale colpisce virtualmente tutto il pianeta e i Paesi ne sono impattati in modo molto diverso quanto a tassi di infezione, crescita dei contagi, misure di protezione e restrizioni, così come in termini di rispetto delle misure contenitive. In quest’ambito, molti Paesi sono rimasti indietro rispetto alla Cina, alla Corea, all’Europa e agli USA. Mentre la Cina registrava il picco dei contagi, il mercato azionario cinese iniziava il rimbalzo. Ora la Cina emerge come uno dei Paesi con le performance migliori da inizio anno. Riteniamo che altri Paesi la seguiranno, man mano che il tasso dei nuovi casi rallenterà o si invertirà. Inoltre, mentre alcuni Paesi revocano le misure di lockdown, dovremo monitorare i segnali di aumento dei nuovi casi di coronavirus, che potrebbero mandare temporaneamente in corto circuito i rimbalzi del mercato azionario.

Le azioni degli emergenti traggono le loro valutazioni da superiori tassi di crescita degli utili. In aggregato, l’indice MSCI dei mercati emergenti potrebbe generare alfa rispetto al mercato USA quando una combinazione di crescita degli utili, valutazioni e flussi di reddito favoriscono i Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, negli anni recenti, l’assenza di questa superiore crescita degli utili e di questa visibilità su di essa, ha portato a una relativa sottoperformance rispetto agli USA.

La natura mutevole dei mercati emergenti

La crescita degli utili e le valutazioni dipendono largamente dalla composizione dell’indice MSCI dei mercati emergenti. Tale composizione varia nel tempo ed è un’eredità dei cicli precedenti, dello stadio dello sviluppo economico e dell’attività dei mercati di capitale, fra cui il passaggio delle aziende dalla proprietà pubblica al settore privato e le OPA di aziende del mondo della new economy o delle imprese (si vedano i grafici 1 e 2). Dopo il primo decennio del Duemila, che ha visto la crescita esplosiva della Cina e la conseguente impennata della spesa cinese in infrastrutture per compensare la crisi finanziaria del 2008, i produttori di materie prime, l’industria di base e i produttori di beni durevoli sono stati chiaramente i beneficiari. Tuttavia quando l’eccesso di spesa in infrastrutture ha iniziato a ridimensionarsi, nella prima parte del decennio successivo, la composizione dell’indice MSCI dei mercati emergenti venne riorientata verso le materie prime e l’industria di base. Inoltre, molti Paesi hanno sfruttato il contesto di mercato, vivace fino al 2008, per privatizzare banche pubbliche o quasi pubbliche, aziende dell’industria di base e le utilities, con la Cina alla testa di questo processo. Di conseguenza, all’inizio del 2010 l’indice MSCI dei mercati emergenti fu orientato con decisione verso le materie prime, con il settore Energia e Commodities che rappresenta   il 57% del benchmark, come illustrato dai grafici 1 e 2.

MSCI Emerging Markets Index Select Sector Exposure (%)

MSCI Emerging Markets Index Top 5 Country Exposure (%)

Infine, mentre la maggior parte dei governi si è astenuta dall’aggiungere obbligazioni di debito dopo la crisi finanziaria, il debito del settore non finanziario/non pubblico si è espanso notevolmente, così come il debito a livello di governo locale e provinciale nel caso della Cina. Il risultato netto è stato un periodo di consolidamento del debito e una crescita del PIL più lenta su base tendenziale, che dapprima si è manifestata nei Paesi sviluppati dopo la crisi finanziaria e dopo è proseguita nei Paesi in via di sviluppo in diverse fasi nella decade 2010-2020.

Questa combinazione di crescita più lenta delle aspettative in Cina e nel resto del mondo e di un forte peso delle materie prima nel benchmark degli emergenti si è tradotta in un decennio perso per gli emergenti in aggregato. Ciononostante, in un universo vasto vi erano gemme fra i singoli titoli.

Representative Top Index Performers

Guardando avanti

Riteniamo che la maggior ponderazione dei settori che hanno società in crescita nell’indice MSCI dei mercati emergenti, combinata con dati storici che mostrano una ripresa delle azioni in concomitanza con la risoluzione delle crisi, implichi che gli emergenti possano rappresentare un’opportunità potenzialmente attraente per gli investitori che cercano una crescita del capitale nel lungo termine. Come nel caso dei cicli di mercato passati, tuttavia, è improbabile che la marea montante del miglioramento del sentiment degli investitori “sollevi tutte le imbarcazioni” allo stesso modo. A tal fine, crediamo che gli investitori potrebbero togliersi delle soddisfazioni adottando una strategia basata sullo studio alla ricerca di gemme di alta qualità con fondamentali forti che potrebbero sovraperformare.

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