Azionario Usa, le ragioni del successo dei FAANG+M

“Uno dei fenomeni destinati a segnare la storia dei mercati finanziari degli ultimi anni è la performance enormemente positiva di sei titoli, le cui quotazioni sono salite talmente tanto da trascinare al rialzo un indice importante come l’S&P 500 (grafico 1, ndr) e che hanno visto il proprio peso in tale indice triplicare fino a quasi il 21%, nei sette anni fra il 2013 e il 2020 (grafico 2, ndr). I titoli sono Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google, i famosi FAANG, a cui si è aggiunta Microsoft: FAANG+M”. E’ quanto evidenzia Luca Tobagi, Cfa – Investment Strategist, Product Director di Invesco. Di seguito la sua analisi sui sei titoli che hanno trainato i mercati azionari statunitensi.

Questi titoli sono diventati anche cari: Facebook scambia a circa 30 volte gli utili attesi per i prossimi 12 mesi, Google a 33, Netflix a 64, Amazon a 132. Apple e Microsoft sono più a buon mercato, rispettivamente con un rapporto prezzo/utili di 27 e 31. Come la performance, anche l’aumento delle valutazioni di questi titoli ha trascinato quella dell’S&P 500 a livelli che si collocano nella fascia alta delle valutazioni storiche. Grazie al grafico 3 possiamo notare tuttavia che anche “gli altri 494” titoli, che negli ultimi 7 anni sono saliti “soltanto” del 73%, hanno in aggregato un multiplo di valutazione prezzo/utili di 19,6 volte, superiore alla media storica dell’S&P 500 di 17,7x. Non a caso molti investitori e osservatori del mercato hanno espresso preoccupazioni per un rischio di bolla speculativa sui FAANG e per l’intero mercato statunitense.

Questa però è solo una parte della storia. Credo che un’opinione informata richieda qualche elemento in più, relativo a un fattore molto importante: la crescita.

Come si vede dal grafico 4, il fatturato e gli utili per azione (Eps) dei FAANG + M, a partire dal 2011, sono cresciuti molto rapidamente. In realtà molto più rapidamente non soltanto dell’intero S&P 500, ma addirittura dell’inarrestabile Nasdaq 100, l’indice dei 100 titoli maggiori del Nasdaq, che comprende quindi il meglio del meglio in termini di performance recenti1. Si noti che per S&P 500 e Nasdaq 100 consideriamo l’intero indice, che include quindi il contributo degli stessi FAANG + M – un contributo rilevante, dato il loro peso: oggi 21% nell’S&P 500 e 47% nel Nasdaq 100.

La differenza è impressionante: dal 2011, anno in cui tutte le sei società avevano utili da riportare, i FAANG + M sono cresciuti circa il 70% in più o il doppio del Nasdaq 100, rispettivamente per fatturato e utili, e circa il quadruplo dell’S&P 500 su entrambe le metriche.

Il tema della crescita è molto importante, più di quanto si possa pensare. Innanzitutto per una ragione aritmetica: come mostra il grafico 5, la relazione positiva fra crescita e valutazioni non è lineare. Significa che se si cresce più velocemente, la valutazione può espandersi ancora più velocemente, a parità di altre condizioni, come il costo del capitale e la percentuale di utili distribuiti agli azionisti come dividendi3.

In secondo luogo per una ragione storica. A pochi sfuggirà che il periodo seguito alla Grande Crisi Finanziaria sia stato caratterizzato da una crescita dell’economia mondiale tendenzialmente inferiore ai cicli precedenti, in alcuni casi molto inferiore (grafico 6). Non è sorprendente, quindi, che molti investitori siano stati disposti a pagare un valore elevato per una crescita rapida e sostenibile (almeno negli anni scorsi lo è stata). E tanto più elevato quanto più il contesto è stato tale da rendere la crescita una risorsa scarsa, perciò ancora più preziosa. In pratica, al valore matematicamente dovuto alla crescita potrebbe verosimilmente essersi aggiunto un valore legato alla scarsità.

Tutte queste considerazioni non rappresentano una razionalizzazione a posteriori di quanto accaduto sui mercati – sarebbe un errore grave – né una rassicurazione sul fatto che la crescita di questi titoli possa proseguire nel futuro a ritmo sostenuto, o che la disponibilità degli investitori a pagare un premio di valutazione per alcune società rispetto ad altre, in parte probabilmente influenzata dall’azione delle banche centrali, rimarrà quella degli ultimi anni.

Sappiamo che le bolle speculative di tanto in tanto si verificano: si gonfiano e poi scoppiano, la psicologia degli investitori a volte tende ad assecondare e alimentare eccessi. Per questo credo che sia giusto osservare ogni fenomeno da diverse angolazioni, per averne una prospettiva il più possibile completa. Anche chi investe in azioni ha bisogno di convinzioni, di qualcosa in cui credere. Meglio, quindi, informarsi bene prima di scegliere.

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