Azioni europee: è giunta l’ora di mettere in secondo piano gli Usa?

A cura di Nick Sheridan, Portfolio Manager di Janus Henderson Investors

All’inizio dell’anno, la maggior parte dei commentatori di mercato si aspettava che l’aumento dei tassi di interesse e della liquidità negli Stati Uniti venissero spazzati via dal sistema a causa dell’operato della Federal Reserve (Fed) statunitense e, molto probabilmente, anche della Banca Centrale Europea (BCE). A gennaio la Fed ha cavalcato l’onda di queste aspettative di ulteriori rialzi dei tassi, ma soprattutto ha tolto il pilota automatico al suo inasprimento quantitativo (la continua riduzione del portafoglio di asset della Fed accumulatosi nel corso della, e in seguito alla, crisi finanziaria globale). Dunque, sono venute meno le aspettative che prevedevano che 400 miliardi di dollari di liquidità sarebbero di lì a poco stati drenati dal sistema finanziario. Anche se è difficile da quantificare, la maggior parte dei commentatori concorda sul fatto che l’allentamento del credito stimoli i mercati azionari mentre la stretta creditizia faccia il contrario.

A marzo, la BCE si è unita alla Fed nel mitigare i timori circa un inasprimento del credito, annunciando misure per stimolare le economie europee, tra cui un nuovo ciclo di prestiti ad hoc per le banche. L’Europa ha dovuto fare i conti con un dilemma sul tema della stretta quantitativa sotto forma delle operazioni di rifinanziamento mirate a più lungo termine (TLTRO), a cui si è ricorsi per rifinanziare le banche europee in difficoltà per oltre 700 miliardi di euro, un terzo dei quali è stato prestato alle banche italiane (i cui termini di rimborso erano originariamente previsti per il 2020 e il 2021). Purtroppo, queste misure sono state motivate da un significativo taglio, da parte della BCE, delle aspettative di crescita e di inflazione.

C’è una sottopartecipazione azionaria nei titoli europei?

A nostro avviso, sebbene i dati economici in Europa siano eterogenei, ciò non giustifica l’attuale basso livello di esposizione degli investitori. Il rallentamento della crescita non è solo un problema europeo, ma sembra piuttosto un fenomeno globale. Alcuni dati europei, come gli indici dei responsabili degli acquisti (PMI), indicano una certa debolezza, ma l’attività nel ramo dei servizi, ad esempio, è aumentata. Questo non ha trovato riscontro di afflussi di capitali da parte degli investitori. Il sentiment verso l’Europa ha perso terreno rispetto ad altre regioni, mentre la rotazione in contanti ha toccato il suo livello più alto da gennaio 2009. L’Europa ha assistito a continui deflussi di capitale proprio da più di un anno – la tendenza più lunga da un decennio.

I titoli più sensibili dal punto di vista economico e le società esposte ai mercati emergenti sono stati i più colpiti dai deflussi negli ultimi 12 mesi (fino al 30 aprile 2019), anche se, nel 2019, la tenuta dell’attuale mercato rialzista ha colto molti di sorpresa. A livello settoriale, le banche e l’industria automobilistica e dei pezzi di ricambio per auto hanno perso terreno. Al contrario, i settori delle utility e dell’assistenza sanitaria hanno dato prova di resilienza.

Al di là dei guadagni di inizio 2019, nel 2018, il 90% delle attività incluse nel campione ha registrato un rendimento totale negativo in dollari, superando il precedente picco dell’84% del 1920 (fonti: Deutsche Bank, Bloomberg Financial, GFD). Sul fronte della disponibilità di moneta, i dati rimangono deboli, e suggeriscono che siamo prossimi a toccare il fondo, lasciando intendere che potremmo iniziare ad assistere a una risalita economica nella seconda metà del 2019. Ciò è particolarmente significativo per la Cina, un partner commerciale importante per l’Europa. Una ripresa degli ordini di sottoscrizioni in Cina non si è ancora riflessa nei PMI dell’Eurozona.

La questione della guerra commerciale di Trump

I recenti sviluppi della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina rappresentano un rischio potenziale da questo punto di vista. A inizio maggio, i mercati azionari globali hanno perso terreno, quando la Cina ha reagito alla decisione di Trump di imporre dazi del 25% sui 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi. La Cina ha annunciato nuovi dazi sulle importazioni statunitensi per un valore di 60 miliardi di dollari, compresi i generi alimentari, i macchinari e i beni di consumo. Un esacerbarsi dei toni potrebbe alimentare i timori di una potenziale recessione negli Stati Uniti, dati i segnali storici della curva dei rendimenti, che probabilmente si ripercuoterà in modo più ampio sul sentiment degli investitori.

In sintesi, sebbene riteniamo che l’Eurozona rappresenti attualmente una buona fonte di valore per gli investitori, a breve termine il sentiment sarà dominato dagli strascichi della situazione tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, le valutazioni relative per l’Europa continentale sono attualmente molto più economiche che negli Stati Uniti, con una crescita degli utili per azione (EPS) migliore di quanto previsto sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito – cfr. grafico 1. I rendimenti delle azioni europee rimangono a livelli molto interessanti, visti gli attuali spread rispetto al benchmark del bund tedesco a 10 anni (grafico 2). A un certo punto, riteniamo che ciò sarà sufficientemente interessante per stimolare l’interesse degli investitori, dato il potenziale di utili aggregati a lungo termine.

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