Banche centrali, i costi nascosti delle politiche di stimolo

A cura di Tad Rivelle, Chief Investment Officer Fixed Income di TCW

In tempi recenti i banchieri centrali – essenzialmente politici con un dottorato – hanno promosso il mito che alzando o abbassando un’unica ‘manopola’, vale a dire il tasso di interesse, possa essere raggiunto un triplice obiettivo: crescita stabile, un’inflazione contenuta e mercati finanziari ‘equilibrati’. Sembra incredibile, ma immagino che agli occhi di chi brandisce il ‘martello’ dei tassi di interesse, ogni problema economico possa apparire come un ‘chiodo’. D’altro canto, definire una certa politica ‘stimolativa’ non la rende necessariamente tale, né chiarisce cosa esattamente si stia stimolando. L’economia nel complesso non è una macchina e gli esseri umani che sono l’anima del sistema non sempre reagiscono in base allo schema prefissato da un certo piano macroeconomico.

Nel 1981 ho ricevuto un corso accelerato sulla forza degli incentivi nel mondo reale da parte di un ingegnere, cresciuto in una fattoria in Oklahoma. Il tema era quello dei limiti sui prezzi per il commercio interstatale di gas naturale, allora di recente aboliti. Mi spiegò che i redditi della sua famiglia derivavano per la maggior parte dall’estrazione del gas più che dalla coltivazione del grano. In quel periodo il gas poteva essere venduto solo al prezzo artificialmente basso imposto a livello federale. Sebbene l’estrazione fosse comunque redditizia, le valvole furono chiuse e gli agricoltori decisero di aspettare che finisse il periodo dei prezzi prefissati.

Un accademico potrebbe scandalizzarsi. Poiché il ricavo marginale dalla vendita del gas era comunque superiore al costo marginale di estrazione, nessuno avrebbe dovuto arrestare la produzione. E tuttavia, la produzione fu interrotta. Ciò mette in evidenza il punto fondamentale: anche se un economista ritiene di poter creare un modello di qualcosa, descriverlo e categorizzarlo, non significa che sia in grado di comprenderne la natura o di fare delle previsioni. Se si muove una certa ‘manopola’ si otterrà un certo insieme di reazioni dirette. Tali reazioni produrranno una seconda ondata di reazioni indirette, e così via.

Ciò che è ovvio per la famiglia di agricoltori è fastidiosamente confuso per la Fed e per la sua controparte europea. Essi sostengono che i tassi di interesse siano meri strumenti da mettere al servizio dell’ottimizzazione dei risultati economici. Ma i tassi di interesse sono innanzitutto dei prezzi. Quando la Fed riduce artificialmente il prezzo del credito, l’equilibrio naturale tra le esigenze di chi prende e di chi dà in prestito viene turbato. Forse è per questo che l’etichetta preferita dai banchieri centrali per descrivere le politiche sui tassi è ‘stimolativo’. Nessuno può lamentarsi di una politica ‘stimolativa’! Ma si può dire che i risultati di tutti siano equamente ‘stimolati’?

Forse, quando la Fed si accorge che la produzione di credito sta rallentando in maniera organica, dovrebbe considerare la possibilità che il rallentamento sia per una buona ragione. Tuttavia, piuttosto che lasciare la decisione ai veri esperti, i banchieri centrali reputano ogni rallentamento del credito come problematico.

Vi è modo di misurare quali siano stati finora i risultati dello stimolo? Il Grafico 1 può fornire qualche indicazione.

Grafico 1: Impatto dello stimolo su crescita economica, prezzi degli asset e leva finanziaria.
Source: Citi, BIS, national central banks StatCan, WFE, Savills.
The horizontal axis is time; the vertical axes are the total value of equities and real-estate in trillions of local currency. US and China are at constant 2009 $ and RMB, others are nominal. Uses household holdings of real estate as proxy where no direct market cap available.

Occorre chiedersi: il credito in questo ciclo è stato usato in modo produttivo? In base ai ricavi generati – misurati attraverso i dati sul Pil – non mi sembra affatto! Evidentemente, troppo credito è stato utilizzato per ‘stimolare’ i prezzi degli asset. Purtroppo, se vi fosse una correzione di tali prezzi, una grande quantità di debito dovrebbe essere svalutato e ciò che era ritenuto ‘stimolo’ verrà riclassificato come cattivo investimento.

Né le famiglie né le imprese possono permettersi di continuare all’infinito ad aumentare il rapporto debito/reddito, e questo vale anche per la società nel complesso. Uno stimolo sempre maggiore – vale a dire una leva sempre maggiore – è una strada che non porta da nessuna parte. Gli investitori farebbero bene a ricordarsi la saggezza contadina della legge di Stein: se qualcosa non può andare avanti per sempre, non lo farà.

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