Black Friday: ecco le occasioni più o meno allettanti

A cura del team Retail Fixed Income di M&G Investment
Il Black Friday e il Cyber Monday si stanno trasformando in un nuovo Natale. Quello che era iniziato come un fenomeno tipicamente americano si è ora esteso al Regno Unito, dove il livello delle vendite al dettaglio di novembre ha superato quelle di dicembre. Questo gap è iniziato a ridursi nel 2012 e si è ora invertito. A fronte di dieci anni di austerità e di aziende che cercano di proteggere i propri margini per sopravvivere, i consumatori sono inclini ad andare in cerca di offerte, più dal loro pc che in negozi fisici situati in strade fredde e piovose.
Grafico 1:

Presto conosceremo i dati commerciali dei prossimi giorni: gli esperti vi presteranno particolare attenzione perché le vendite al dettaglio sono un buon segnale del sentiment di un’economia. Le vendite al dettaglio e la crescita economica vanno infatti di pari passo.
Grafico 2:

Non sono solo i consumatori a fare shopping in questo fine settimana e in occasione del Cyber Monday: anche gli investitori value sono a caccia di occasioni, soprattutto dopo il recente sell-off visto sui mercati. Ecco alcune idee su ciò che appare più o meno allettante nei mercati finanziari:
1: Mercato azionario: tendenze al ribasso sotto controllo. Dopo oltre due anni in cui le azioni USA scambiavano sopra la media a 200 giorni, ed in gli investitori ottimisti la facevano da padrone, il sell-off di novembre (innescato da un crollo dei prezzi del petrolio, dall’aumento dei tassi e da particolari vicende aziendali come General Electric), ha invertito la situazione: come si può notare dal grafico 3, l’indice S&P 500 scambia ora sotto la media a 200 giorni, il che mette gli investitori più pessimisti in una posizione di controllo. Tuttavia, il predominio del pessimismo non significa che il mercato risulta conveniente, ma piuttosto che la volatilità è in aumento, e ciò tende a creare volatilità, che gli investitori value attivi possono utilizzare per fare affari.
Grafico 3:

2: Obbligazioni in vendita – ma ricordatevi che prezzo non vuol dire valore. A novembre abbiamo assistito a crolli improvvisi: le obbligazioni di General Electric, per esempio, sono precipitate del 26% a causa delle preoccupazioni legate al fabbisogno di capitale della società; British American Tobacco, invece, potrebbe dover affrontare nuove regolamentazioni relative ai suoi prodotti più diffusi. Anche alcuni titoli italiani sono stati colpiti gradualmente, soprattutto dopo le elezioni di maggio, quando una coalizione di partiti populisti ha preso il controllo. Il Paese sta ancora discutendo con Bruxelles in merito al bilancio. La riluttanza dell’Italia ad accettare l’austerità ha colpito imprese di infrastrutture come la Cooperativa Muratori & Cementisti, che sta soffrendo per le difficoltà strutturali del settore, compresi i tagli alla spesa pubblica. Alcune di queste aziende potrebbero essere state oggetto di svendite eccessive a fronte di una reazione esagerata dei mercati, ma altre forse sono ora a buon mercato, per un motivo. Come i clienti nei negozi, anche gli investitori devono valutare se prezzo e valore corrispondono. 
 
Grafico 4:

 

  1. US Investment Grade – a buon mercato rispetto all’High Yield statunitense? La differenza di spread tra le obbligazioni Investment Grade (IG) statunitensi (BBB-rated) e l’High Yield (HY, BB-rated) si è notevolmente ridotta, suggerendo che l’IG potrebbe offrire un valore aggiunto in termini di rischio/rendimento, in quanto gli investitori in HY non sono compensati molto di più per il rischio assunto investendo in società con rating inferiore. Al contrario, gli investitori in IG vengono remunerati ad un livello non troppo lontano dall’HY, seppur puntando su società (in linea di principio) con un rischio di default inferiore.

 
Il livello dell’offerta è una delle ragioni di questo piccolo divario tra IG e HY: nell’ultimo decennio le società Investment Grade sono state grandi emittenti di obbligazioni (la capitalizzazione di mercato del segmento IG statunitense è più che raddoppiata), attratte da tassi bassi, anche per finanziare la loro ondata di fusioni e acquisizioni. D’altro canto, abbiamo visto poca offerta proveniente dalle società del segmento HY, soprattutto di recente, dato che le aziende hanno optato per il mercato dei leveraged loan, che è una fonte di finanziamento più economica rispetto alle obbligazioni. Tali prestiti sono diventati interessanti per gli investitori, data la fase attuale del ciclo, poiché offrono un tasso variabile.
 
Grafico 5:
 

  1. US TIPS: L’inflazione è sottovalutata? Il calo dei prezzi del petrolio ha ridotto le aspettative di inflazione a livello globale. Tuttavia, l’abbassamento dei prezzi delle fonti energetiche ha un effetto a breve termine (che svanisce nel giro di un anno con la scomparsa dell’effetto di base), per cui alcuni investitori si chiedono perché questo fenomeno inflazionistico a breve termine dovrebbe realmente stimolare le aspettative di inflazione a lungo termine. Come si può osservare nel grafico 6, le aspettative di inflazione a cinque anni negli Stati Uniti stanno fissando l’inflazione al di sotto dell’obiettivo del 2% previsto dalla Fed. Questo potrebbe non essere coerente con le pressioni inflazionistiche che probabilmente emergeranno da un mercato del lavoro statunitense molto in salute – non dimentichiamo che la disoccupazione americana è al minimo storico da 50 anni. Se l’inflazione fosse effettivamente sottovalutata, lo sarebbero anche i Titoli protetti dall’Inflazione del Tesoro statunitensi, noti come TIPS, che offrirebbero maggiori profitti se l’inflazione aumentasse, per proteggere gli investitori.

Grafico 6:

 
5: Le valute dei mercati emergenti: torna il sereno dopo la tempesta estiva? Le valute dei mercati emergenti sono crollate contro il dollaro USA, soprattutto durante l’estate, quando il peggioramento dell’economia in Turchia e in Argentina ha causato un generale sell-off sugli emergenti. Secondo le stime della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), anche nota come la banca delle banche centrali, i recenti movimenti hanno trascinato verso il basso i tassi di cambio effettivi di alcune valute emergenti, portando alcuni investitori a credere che abbiano guadagnato del valore. Inoltre, la valuta turca e quella argentina vantano le valutazioni migliori. Però non tutte le valute sono convenienti: sempre secondo la BRI, il sol peruviano è sopravvalutato, forse in considerazione dei fondamentali del Paese, la cui economia sta crescendo a un ritmo annualizzato del 2,3%, mentre il disavanzo delle partite correnti si attesta a un moderato 1,4% del PIL. Anche l’inflazione, al 1,3%, è modesta. Forte esportatore di rame, come il vicino Cile, il Perù ha segnato una crescita degli investimenti per otto mesi consecutivi.
 
Grafico 7:

 
Tuttavia, la qualità non è l’unico aspetto a cui prestano attenzione gli investitori e i consumatori. Come sempre, la domanda che rimane da porsi è: a che prezzo?

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