Brexit: a che punto siamo e cosa dovrebbero aspettarsi gli investitori?

A cura di Amundi

A che punto siamo e possibili scenari futuri: nonostante l’approvazione da parte della UE dell’accordo Brexit, si prevede una fase difficile fino al voto del Parlamento britannico a dicembre. La ratifica parlamentare dell’accordo non sarà facile e probabilmente porterà nuovi episodi di stress sui mercati, ma riteniamo che lo scenario più probabile sia che l’accordo verrà ratificato (probabilmente non al primo tentativo). Qualunque cosa accada, l’incertezza sui mercati rimarrà probabilmente fino a fine marzo quando il Regno Unito abbandonerà l’Unione Europea.

Economia del Regno Unito: anche se l’incertezza legata alla Brexit sta pesando sulla fiducia degli investitori, riteniamo che nel caso di un accordo con l’UE (il nostro scenario di base) l’economia del Regno Unito dovrebbe registrare una leggera accelerazione nel 2019 e nel 2020. Inoltre, il mercato del lavoro è in buono stato e i salari reali, che sono di nuovo positivi, dovrebbero sostenere i consumi.

Implicazioni sugli investimenti: nel mercato del reddito fisso, abbiamo un orientamento relativamente neutrale sui Gilts (titoli di stato), diventando più costruttivi in caso di “no-deal” e più ribassisti nel caso opposto. Nel mercato azionario rimaniamo cauti sulle azioni quotate nel Regno Unito, in particolare sulle azioni britanniche esposte alla crescita interna. Guardiamo con più favore i titoli e i settori più focalizzati a livello internazionale con la maggioranza degli utili all’estero o in valuta diversa dalla sterlina. Riguardo alla valuta: gli sviluppi e il trading della Sterlina Inglese (GBP) stanno diventando sempre più binari: il nostro scenario di base è che alla fine ci sarà un accordo su Brexit con un potenziale apprezzamento del GBP, anche se ci aspettiamo che la valuta mostri un andamento molto irregolare. Pertanto, le scelte in termini di posizionamento e di gestione del rischio saranno della massima importanza per gli investitori che intendono esporsi alla sterlina.

Paesi europei: chi beneficerà e chi no della Brexit?

Data la necessità di cooperazione su scala europea riguardo alle questioni economiche e politiche e in considerazione del rischio che la Brexit incoraggi le forze politiche anti-sistema in altre aree d’Europa, non è chiaro chi ne trarrà davvero vantaggio. Al massimo, si potrebbe sostenere che l’Irlanda potrebbe utilizzare proficuamente la sua posizione geografica come porta di accesso tra il Regno Unito e l’UE, anche se è più esposta di altri paesi a potenziali problemi economici nel Regno Unito. Alcune attività ad alto valore aggiunto continueranno a trasferirsi nelle principali città europee, ma finora questo spostamento, sebbene significativo, non è stato eclatante. In termini di flussi commerciali, dopo l’Irlanda, ci sono il Belgio e i Paesi Bassi dove le esportazioni verso il Regno Unito rappresentano la quota maggiore del PIL (beni e servizi) ma, a causa della complessità delle catene del valore integrate europee, gli effetti negativi potrebbero essere più estesi in molti paesi di quanto non sembri. In caso di Brexit “no-deal”, ci sarebbe un danno economico per tutta l’Europa (sebbene molto di più per il Regno Unito rispetto al resto d’Europa) attraverso i canali finanziari, commerciali e di fiducia, nonché problematiche politiche poiché l’UE dovrebbe gestire questa sfida (compresa la grande incertezza su ciò che potrebbe accadere con l’Irlanda) in un contesto interno già complicato dalla situazione italiana e dall’aumento generale di movimenti politici avversi.

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