Brexit, cosa aspettarsi a 12 mesi dall’addio all’UE

Di Mark Phelps, CIO, Global Concentrated Equity di AllianceBernstein

Mancano solo 12 mesi all’addio ufficiale della Gran Bretagna all’Unione Europea e il percorso è ancora avvolto dalla nebbia. L’attuale accordo di transizione, che impegna Londra ad ubbidire alle regole europee vigenti senza aver più voce in capito nei processi decisionali, sottolinea in maniera ancora più evidente come finora non si siano fatti particolari progressi. Per aziende e investitori con prospettive di lungo termine, dunque, non c’è visibilità su quali potranno essere i termini finali e, soprattutto, su come questi potrebbero influenzare le loro attività.

Nel frattempo, le prospettive per l’economia de Regno Unito, ad oggi, si sono dimostrate poco chiare. Da un lato molte aziende esportatrici hanno visto salire gli ordini dopo il deprezzamento della sterlina del 2016, ma questo trend sta ormai perdendo la sua forza. Molteplici realtà internazionali hanno continuato poi ad investire in Gran Bretagna, nonostante le preoccupazioni circa la futura esclusione dal mercato europeo. Questo si è verificato, in particolare, nell’area dell’information technology, ad opera di operatori come Google, Facebook e Booking.com.

Tuttavia, il settore manifatturiero appare più sofferente, con i produttori di automobili che stanno ridimensionando i propri investimenti in attesa di avere maggiori delucidazioni sulla posizione commerciale del Regno Unito post Brexit. In maniera simile, il trend del settore finanziario è andato spostandosi verso altri hub come Dublino, Lussemburgo e Francoforte, anche se i numeri in questo caso non sono così elevati. Sembra che le società siano impegnate a non scoprire le proprie carte, sperando nel meglio, ma preparandosi al peggio.

Guardando oltre l’attualità, crediamo che uno schema hard Brexit si rivelerà negativo per la sterlina, condizione non per forza avversa all’economia britannica. Ci aspettiamo anche un rallentamento della crescita economica domestica rispetto ai principali competitor principalmente a causa del fattore incertezza e del fragile contesto commerciale che punta dritto verso maggiori dazi e guerre commerciali. Essere un piccolo Paese, escluso da uno dei più grandi blocchi commerciali mondiali, potrebbe non essere esattamente la posizione migliore dalla quale negoziare.

Detto ciò, l’incertezza non deve essere un motivo per evitare di investire in società britanniche o in aziende europee con una forte esposizione al mercato UK. Come spesso accade, quando ci si trova davanti a forti incognite, la cosa migliore è cercare di identificare quei nomi in grado di trascendere gli scenari politici per poter così trarre vantaggio nel lungo termine. La chiave è trovare società con ricavi solidi e una posizione competitiva dominante che può essere applicata in diversi mercati. Il tutto senza trascurare il ruolo del management, che deve essere in grado di guardare avanti e di adattarsi ad un contesto in forte cambiamento.

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