Brexit, e se fosse un “cavallo di Troia” per l’Ue? L’analisi di Bmo

A cura di Steven Bell, Chief Economist di Bmo Global Asset Management

L’uscita del Regno Unito dall’Ue è ufficiale, ma la prossima scadenza è fissata per la fine dell’anno. Non vi è alcuna ragione pratica per cui un accordo di libero commercio non possa essere negoziato quest’anno, dato che l’Unione Europea aveva già in programma un’offerta di questo tipo nel caso di un’uscita senza accordo del Regno Unito. La Gran Bretagna lascerebbe l’Unione doganale e sarebbe libera di concordare le proprie tariffe.

Il problema nasce dal fatto che in tal caso, poiché non verrebbe più applicata la tariffa comunitaria definita dall’Ue per le merci importate dai paesi non membri, il Regno Unito potrebbe fungere da “Cavallo di Troia” andando a minare la stessa Ue. Per evitare che ciò accada, gli esportatori britannici dovranno dimostrare l’origine dei beni, garantendo che una determina quota percentuale di ogni bene sia stata prodotta nel Regno Unito. Un accordo per la definizione di queste percentuali e dei tecnicismi legati all’accumulazione bilaterale e diagonale delle stesse dovrebbe essere negoziato per migliaia di prodotti. Si tratterebbe di un’impresa enorme, ma fattibile. Anche perché il Regno Unito ha un enorme deficit commerciale con l’Ue sul fronte delle merci. I negoziati sui servizi saranno soggetti a misure protezionistiche molto maggiori, anche perché il Regno Unito presenta un grande surplus commerciale in questo settore nei confronti dell’Europa.

Qualunque sia l’accordo, le aziende britanniche si troveranno in una posizione più debole per competere in Europa. Ad esempio, la Commissione europea concederà l’equivalenza nei servizi finanziari, ma potrà ritirarla con un preavviso di soli tre mesi. In molti settori dei servizi la fine dell’anno non segnerà un termine ultimo, ci aspettiamo accordi semestrali con possibilità di rinnovo a scadenza e periodi di preavviso più brevi che si estenderanno ben oltre la fine del periodo di transizione ufficiale. Ciò varrà anche per il commercio di beni, dove le complesse questioni relative alle norme sull’origine saranno messe a punto nel corso dei prossimi anni. Molto dipende dallo spirito di cooperazione tra il Regno Unito e l’Ue-27. Per ora i rapporti hanno toni amichevoli e costruttivi, ma è improbabile che restino tali quando si inizierà a scendere nei dettagli delle negoziazioni degli accordi.

I fondamentali del Regno Unito non sono buoni

Tutto il rumore intorno a Brexit ha distratto l’attenzione dai fondamentali del Regno Unito, e questi fondamentali non sono buoni. L’inflazione salariale è in aumento e, con un aumento record del salario minimo in programma per aprile, le pressioni aumenteranno. L’aumento dei salari è ovviamente una buona cosa, ma la produttività sta crescendo al di sotto dell’1%, quindi una crescita dei salari del 4% si traduce in un aumento dei costi del 3% all’anno. Questo non è coerente con un obiettivo di inflazione del 2%. Un elemento dell’equazione deve per forza variare: potrebbe essere la sterlina? Nell’ultimo trimestre dell’anno è stata la valuta più forte del mondo, ma l’enorme deficit delle partite correnti del Regno Unito è un importante vento contrario, che potrebbe trasformarsi in tempesta in un contesto di avversione al rischio.

Non ci sono solo brutte notizie, tuttavia. I tassi sui mutui britannici sono diminuiti negli ultimi cinque anni, nonostante un aumento netto dei tassi della Banca d’Inghilterra, riflettendo pertanto un importante cambiamento nel mercato dei mutui. Questo ha poco a che fare con Brexit, dato che il trend è iniziato ben prima del referendum, ma in conseguenza di ciò il mercato immobiliare si è stabilizzato e i prezzi sembrano destinati ad accelerare questa primavera.

Come si è già detto più volte, Brexit non porterà ad alcun vantaggio per l’economia britannica. Allo stesso modo, tuttavia, non sarà un disastro. La Gran Bretagna rimarrà una nazione altamente istruita, con un mercato del lavoro competente e flessibile e istituzioni eccezionali. L’aspetto politico è un tema a parte, e l’impatto sul Regno Unito potrebbe essere significativo. I sondaggi mostrano che la maggioranza degli scozzesi è a favore dell’indipendenza e che la maggioranza dei cittadini dell’Irlanda del Nord è ora a favore dell’unificazione con il sud. Crediamo che l’unificazione irlandese sia più probabile dell’indipendenza scozzese, ma in entrambi i casi Boris Johnson potrebbe essere l’ultimo Primo Ministro del Regno Unito.

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