Brexit, il mercato sottovaluta la possibilità di un crash out

A cura di Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management

Da inizio 2019 il focus della Brexit si è spostato dal processo di negoziazione tra UE e UK alle dinamiche interne della politica britannica. L’accordo raggiunto tra il governo e l’UE non ha trovato finora un supporto parlamentare sufficiente a garantirne la ratifica. Tanto da aver indotto il Consiglio europeo a concedere una proroga tecnica della scadenza fino al 12 aprile, affinché la questione possa essere ricomposta.

 

Scenari alternativi

Nel frattempo, anche il rischio di scenari alternativi, secondo l’analisi di Pictet AM, diventa più rilevante. Riteniamo infatti del tutto insufficiente un periodo di due settimane per sciogliere i nodi interni a un Parlamento diviso e incapace di funzionare correttamente a cui peraltro verrà riproposto un accordo, già rigettato due volte, senza che esso abbia subito modifiche né sostanziali né formali. L’ipotesi della revoca dell’art. 50 da parte del parlamento inglese diventa uno scenario possibile in assenza dell’approvazione dell’accordo “sponsorizzato” dal primo ministro inglese. Il rischio di crash-out, a sua volta, aumenta di probabilità nel caso l’impopolare revoca dell’art. 50 non trovi il supporto del parlamento. Infine, lo scenario dell’”estensione lunga” resta sul tavolo ma gravida di complicazioni non ultima la necessità di un’approvazione all’unanimità da parte dei paesi membri dell’Unione Europea. Sono peraltro molteplici gli scenari (sia in caso di approvazione dell’accordo che in caso contrario) che porterebbero alla necessità di indire elezioni generali. I mercati si troveranno a quel punto nella necessità di valutare non solo le implicazioni della permanenza o dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ma anche la probabilità di un cambiamento di governo (dai conservatori ai laburisti) le cui implicazioni in materia politica economica e fiscale sarebbero sostanziali.

 

Theresa May e le opposizioni

Il primo ministro Theresa May si trova a dover fronteggiare non solo l’opposizione laburista, che punta più alle elezioni generali per andare al governo che alla risoluzione dell’impasse legata a Brexit, ma anche le fazioni interne al proprio partito che difendono l’idea di una Brexit più dura di quella prevista dall’accordo negoziato con l’UE. Se a questo si aggiunge la crescente mobilitazione da parte dei partiti che chiedono un nuovo referendum che rimetta in discussione l’intero processo di uscita dall’UE, tra cui il gruppo parlamentare scozzese a Westminster, è facile comprendere come si sia passati attraverso una serie di tentativi (falliti) di sfiduciare la Premier May fino ad arrivare alle sue spettacolari sconfitte sia nel “voto rilevante” di gennaio, in cui l’accordo da lei proposto è stato bocciato con 432 voti contrari, tra cui almeno 200 del suo stesso partito, sia in quello del 12 marzo, con un margine negativo di 149 voti.

La partita si gioca ora, nei tempi brevi imposti dalle imminenti elezioni europee, tra le 3 alternative sopra indicate: 1) approvazione in extremis dell’accordo proposto dal primo ministro, 2) ritiro (in assenza di tale approvazione) dell’art. 50 e 3) estensione lunga (1 anno e più) concessa dall’UE; quest’ultima però (a differenza delle prime due opzioni) non è una scelta nelle mani degli inglesi e, come detto, richiede l’approvazione all’unanimità dai paesi membri.

 

Impatti sui cambi

Vediamo dunque il possibile impatto sul cambio sterlina/dollaro – che in questo momento quota intorno a 1,32 ed è un indicatore abbastanza affidabile della forza competitiva dell’economia britannica – di tali scenari alternativi.

  • Soft Brexit. Come accennato, il Consiglio europeo ha concesso al Regno Unito un’estensione tecnica, dal 29 marzo al 12 aprile, perché il Parlamento inglese approvi il deal superando le divergenze di politiche interna. In seno all’Europa è al momento prevalsa la linea tedesca di Angela Merkel, favorevole a un’uscita ordinata, rispetto alla linea intransigente contraria ad ulteriori estensioni sponsorizzata, fra gli altri, dalla Francia di Emmanuel Macron. Se Teresa May riuscisse nell’intento di ottenere la ratifica dell’accordo da parte dei “Commons” – ipotesi che per Pictet AM ha una probabilità di verificarsi, a questo punto, non superiore al 20% – il Paese avrebbe dunque tempo fino al 22 maggio per emanare i regolamenti attuativi ed eseguire un’uscita ordinata. Questo scenario potrebbe vedere un recupero del cambio sterlina/dollaro verso quota 1,40. Di fatto, tuttavia, questa possibilità è, molto probabilmente, legata alla disponibilità del partito laburista di garantire il proprio appoggio a tale accordo: la contropartita da parte della May potrebbero essere nuove elezioni generali le cui implicazioni sulla sterlina non tarderebbero a farsi sentire riducendo (anche sostanzialmente) il potenziale al rialzo della valuta inglese.
  • Ritiro dell’art. 50 o estensione condizionata. Il ritiro dell’articolo 50 – ma anche un’estensione lunga “condizionata” concessa dall’Ue – potrebbero generare scenari diversi. L’apprezzamento del mercato rispetto alla rimozione – almeno temporanea – della Brexit potrebbe essere di breve durata nell’ipotesi di una simultanea crisi politica che implichi elezioni generali anticipate. A tale scenario i gestori di Pictet AM attribuiscono ora una probabilità vicina al 40% e vedono un iniziale rialzo della sterlina in area 1,42. La possibilità, invece, che dallo scenario di ritiro dell’art. 50 o di estensione condizionata si sviluppino le condizioni per un nuovo referendum sono limitate a non più del 10%. Il potenziale di apprezzamento della sterlina in questo scenario sarebbe ben superiore – 1,50 – ferme restando le implicazioni negative di eventuali elezioni generali abbinate a tale scenario che verrebbero successivamente (o anche contestualmente) prezzate.
  • Crash out. Questo scenario, considerato un rischio estremo ma altamente improbabile dai mercati, secondo i gestori di Pictet AM va valutato con più attenzione. Nello scenario di prevedibile mancata approvazione della proposta del primo ministro inglese, l’opzione successiva del ritiro dell’art. 50 potrebbe trovare, nel parlamento inglese, resistenze tali da non poter essere superate nel brevissimo tempo a disposizione prima della scadenza del 12 aprile. La valutazione del rischio di crash out non sembra adeguatamente prezzata dalla Sterlina ai corsi attuali. In tale scenario estremo, a cui i gestori di Pictet AM attribuiscono una probabilità del 30%, la sterlina subirebbe un deprezzamento sostanziale contro il dollaro americano con un obbiettivo non lontano da 1,10. Le implicazioni negative delle inevitabili elezioni generali in questo scenario lascerebbero presagire scenari ancor più negativi per la valuta inglese.

 

Dove va la sterlina

La sterlina quota oggi contro dollaro intorno a 1,32, sopra il fair value di 1,28: non sembra quindi non prezzare in maniera adeguata il rischio in aumento di un crash out e le implicazioni di eventuali elezioni generali che sembrano essere incrementalmente probabili in questo contesto di crisi politica inglese. Inoltre, sul mercato della volatilità, il movimento implicito della Sterlina nella giornata del 12 aprile è pari al 3%, probabilmente corretto nel caso di un esito positivo ma decisamente modesto nel caso di un Crash Out.

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