Cambio di prospettiva

A cura di CA Indosuez
Spesso non è semplicissimo identificare il dato economico oppure l’avvenimento alla base del cambio di direzione del mercato. Anche se al momento è decisamente prematuro affermare che le negatività affiorate nel mese di agosto siano effettivamente accantonate, l’elemento da considerare è che gli investitori hanno mutato, almeno in parte, la loro percezione sui mercati. Mentre gli indici americani, dopo una brevissima fase laterale, hanno ripreso il loro trend positivo, i mercati europei stanno iniziando una complicata fase d’inversione di tendenza, accompagnati dal tentativo di normalizzazione delle economie emergenti.
In realtà i dati sul mercato del lavoro americano, pubblicati il 7 settembre, hanno provocato una reazione non positiva. Il tasso di disoccupazione viene confermato al 3,9%, vicino ai minimi del 1969. Se da un lato però i 201.000 nuovi addetti nel settore non-agricolo rappresentano uno dei miglior dati dalla fine della recessione, dall’altro l’inaspettata accelerazione dei salari (0,4% m/m e 2,9% a/a) ha aperto a scenari negativi, simili a quelli registrati a gennaio con la pubblicazione dei dati di dicembre. Il pericolo di una correzione, dovuta alle difficoltà delle società americane di far fronte alla spinta inflazionistica da costo del lavoro, resa più grave da una situazione internazionale complessa (dazi) e soprattutto accompagnata dalla conferma di due probabili aumenti del costo del denaro entro la fine dell’anno, era oggettivamente motivato.
Uno degli elementi che ha influito sull’andamento degli indici è stato sicuramente il tentativo da parte di importanti società tecnologiche americane, come Cisco System Inc. e Hewlett-Packard Enterprise Co., di convincere il Presidente Trump a modificare la politica dei dazi e l’imminente imposizione di ulteriori tariffe pari al 25% su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi. L’appello  tariffario è stato inviato al rappresentante commerciale degli Stati Uniti Robert Lighthizer, sollecitando l’amministrazione ad evitare di imporre più tariffe, definendole come controproducenti in quanto andrebbero ad incidere sui costi, soffocando l’innovazione.
Pur essendo ancora lontani dall’apertura di una fase negoziale con la Cina, questo documento ha sicuramente lasciato il segno. Le tensioni si sono temporaneamente allentate e probabilmente le pressioni sull’amministrazione sono state tali da forzare Trump ad annunciare comunque  l’imposizione di nuovi dazi, ma imponendo una tariffa del 10% contro il 25% precedentemente dichiarato. La partita risulta ancora aperta.
Sui mercati europei la tensione è sicuramente venuta meno dopo le dichiarazioni rassicuranti del Ministro dell’Economia italiano, che hanno prodotto un restringimento dello spread con conseguente recupero delle banche ed in generale dell’indice, avviando una fase di recupero nell’intero panorama europeo, rinfrancato per il possibile ridimensionamento del rischio periferia. Nella sostanza il Ministro ha specificato che il deficit 2019 dovrà essere all’1,6% del prodotto interno lordo. Tale percentuale permetterebbe di erodere parte del deficit «strutturale», lo zoccolo duro della posizione di bilancio, garantendo un calo sostanziale del debito totale, senza però imporre una vera stretta finanziaria in una fase economica di rallentamento.

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