Carige fa pace con Apollo sulle assicurazioni

Nonostante l’opposizione dei sindacati che sono contrari ad ogni ipotesi di mutamento del business model che comporti centinaia di esuberi e chiusure di filiali, il fondo Apollo sembra al momento restare l’unico soggetto interessato ad acquisire Banca Carige.

Intanto uno degli ostacoli ad un’eventuale intesa è caduto

I commissari strarordinari di Banca Carige avrebbero infatti trovato un accordo con Amissima per chiudere la vertenza che riguarda la cessione della compagnia di assicurazione al fondo Apollo nel 2015, accettando di pagare al fondo americano 29 milioni.

Con questo accordo le due parti chiudono in anticipo, rispetto al 2020, la controversa vicenda della cessione delle attività assicurative di Banca Carige ad Apollo, anche se resta in piedi la causa per la richiesta danni per 1,25 miliardi, da parte dell’istituto ligure verso Apollo e gli ex vertici di Carige (l’ex presidente Cesare Castelbarco e l’ex amministratore delegato Piero Montani).

Causa che potrebbe essere lasciata cadere se si arrivasse a un accordo per l’acquisizione di Banca Carige da parte di Apollo. Un’ipotesi che però incontra due ulteriori ostacoli: la resistenza dei sindacati, che come già con BlackRock temono che l’istituto sia destinato a ridursi a una “boutique finanziaria” con la chiusura o cessione della gran parte della rete retail e relativi esuberi (già ora il piano dei commissari prevede 100 filiali e 1.050 dipendenti in meno) e la contrarietà delle altre banche italiane.

Queste ultime attraverso lo schema volontario del Fitd hanno già versato 320 milioni di euro per sottoscrivere un bond Tier 2 che rischia di venire svalutato a zero se l’istituto finisse in liquidazione e pertanto non vogliono rischiare altro capitale. Ma neppure vorrebbero che una “nuova” Banca Carige, alleggerita di costi fissi, facesse loro concorrenza in un mercato ad alta marginalità come quello del private banking e per questo sembrano fare il tifo per un salvataggio pubblico.

Banca Carige pare dunque ad un bivio: per una ricapitalizzazione di mercato oltre ad un “cavaliere bianco”

Sia esso un fondo estero o una banca italiana, occorrerebbe ottenere comunque il consenso degli attuali azionisti (in particolare del gruppo Malacalza). Per una ricapitalizzazione precauzionale come fu per Mps o ad altre misure in grado di agevolare l’aggregazione della banca con un altro soggetto serve invece il via libera delle autorità europee.

Solo quando sarà chiaro le modalità della ricapitalizzazione, il suo ammontare e i soggetti partecipanti all’operzione, nonché le prospettive per l’istituto, sarà possibile esprimere un giudizio sul titolo, che resta sospeso in Borsa con una capitalizzazione teorica di 84 milioni di euro a 0,15 centesimi per azione. Prezzo che è con tutta probabilità destiato comunque ad avvicinarsi a zero a fronte del prospettato aumento.

Se per ipotesi l’aumento fosse di 630 milioni di euro come ipotizzato nel piano dei commissari, i soci che non partecipassero subirebbero una ulteriore iper-diluizione attorno al 90%. Come dire che anziché 0,15 centesimi le azioni esistenti potrebbero valere meno di 0,02 centesimi l’una. O che dopo eventuale raggruppamento nel rapporto di 1 azione raggruppata ogni 100 azioni ante raggruppamento, i titoli varrebbero meno di 2 centesimi l’uno.

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