Chi teme i dazi su acciaio e alluminio imposti da Trump?

A cura di Morningstar
È ancora presto per parlare di guerra commerciale. Ma la decisione del presidente americano, Donald Trump, di firmare gli annunci ufficiali di introduzione di tariffe del 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% su quelle di alluminio (l’entrata in vigore è prevista per settimana prossima, ma poi ci saranno altri 60 giorni per aggiustare il tiro) qualche tensione sui mercati la sta creando. Sono state previste esenzioni per Canada e Messico (che hanno le maggiori quote di importazione di acciaio) a condizione che si facciano passi avanti nella rinegoziazione del Nafta (l’accordo nordamericano per il libero scambio che l’amministrazione Usa vorrebbe rivedere). Anche l’Australia potrebbe essere esclusa dalle tariffe e Trump ha esortato gli altri partner commerciali ad avanzare eventuali richieste di esenzione.
Al momento c’è quindi una notevole confusione sul perimetro delle tariffe, sia per paesi che per prodotto. E mentre il governo americano si spacca sui dazi (ci sono state anche le dimissioni di Gary Cohn, consigliere economico di Trump), l’Unione europea si prepara a rappresaglie. L’Ue potrebbe rispondere con contro-dazi del 25% su beni importati dagli Usa che vanno dalle motociclette, al whisky e ai jeans. Anche altri paesi stanno preparando controffensive: il Canada per esempio ha già detto che “dazi Usa non sarebbero utili” ai fini della negoziazione sulla revisione del Nafta.
Il mercato, comunque, da mesi era pronto a una decisione del genere. L’indice Morningstar Metals nel 2017 (in dollari) ha guadagnato il 13,3%.
Indice Morningstar Metals
metalli
La decisione di Trump potrebbe avere effetti non soltanto sulle aziende siderurgiche, ma anche su quelle che ne utilizzano i metalli per le loro lavorazioni”, spiega uno studio firmato da Keith Schoonmaker, responsabile delle analisi sul settore industriale di Morningstar. “Per quanto riguarda i prezzi dei due materiali, potrebbe esserci un aumento delle quotazioni nel breve periodo, con un progressivo abbassamento nel medio e lungo termine dovuto a una diminuzione del consumo da parte della Cina e a un eccesso di produzione a livello globale”.
Chi ci guadagna?
Più complesso il discorso per quanto riguarda le società che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con questi materiali. “I nuovi dazi, ad esempio, avranno un impatto minimo sui produttori asiatici, visto che le loro importazioni negli Usa non arrivano al 10% della produzione totale”. Più direttamente coinvolte sono le società europee, anche quelle che utilizzano acciaio e alluminio per costruire macchinari venduti negli Usa. “In questo caso, però, potrebbero assorbire una parte dei maggiori costi aumentando i prezzi dei loro prodotti“, spiega l’analista. “Una strategia che hanno già utilizzato in passato, quando ci sono stati aumenti dei prezzi dei materiali”.
Gli operatori stanno anche considerando l’effetto che la scelta di Trump avrà sulle aziende Usa. E non soltanto quelle siderurgiche (per un analisi dei titoli del settore leggi qui). Ad esempio, il colosso aerospaziale Boeing. “Per quanto riguarda l’uso di materiali, l’impatto potrebbe essere minimo, visto che utilizza principalmente metalli americani e può comunque scaricare sui clienti eventuali aumenti dei prezzi”, spiega Schoonmaker. “C’è però il rischio di rappresaglie commerciali da parte di altri paesi. La Cina, ad esempio, potrebbe decidere di bloccare i suoi ordinativi di aerei. Sarebbe un problema visto che, da solo, il paese asiatico ha comprato il 25% dell’intera produzione di velivoli del 2017”. Anche i produttori auto hanno dovuto drizzare le antenne. “Utilizzano principalmente metalli domestici, sia per le vetture che per la componentistica”, spiega l’analista. “Ma bisognerà vedere come prenderanno le decisioni della Casa Bianca i paesi in cui esportano”.

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