Cina, l’ingresso delle A-shares negli indici Msci attirerà nuovi investitori

A cura di Raiffeisen Capital Management

La banca centrale riduce i tassi delle riserve minime, ma la politica monetaria resta invariata I recenti dati economici provenienti dalla Cina sono stati perlopiù in linea con o superiori alle attese, soprattutto le esportazioni e le importazioni hanno sorpreso positivamente, mentre gli aumenti dei prezzi sono stati leggermente più bassi di quanto generalmente atteso. A metà aprile la banca centrale ha ridotto il tasso delle riserve minime per la maggior parte delle banche commerciali di un intero punto percentuale. La portata di questa misura è relativamente modesta, e sosterrà soprattutto l’approvvigionamento di liquidità delle piccole imprese. Inoltre, dovrebbe aiutare a mitigare l’impatto della riduzione della concessione dei crediti all’economia.

Non si può, tuttavia, parlare di un vero allentamento della politica monetaria. È possibile che anche la controversia commerciale che si protrae con gli USA abbia giocato un ruolo. Invece di muoversi l’uno verso l’altro, il presidente Trump ha sorpreso con nuove richieste quasi comiche. Chiede a Pechino niente di meno che di abbandonare gli obiettivi e le strategie centrali in materia di economia. L’interpretazione più positiva dei mercati di tutto ciò è che Trump chiede di più per ottenere un compromesso migliore per gli USA. È però più probabile che il nuovo catalogo di richieste serva a rendere impossibile un rapido accordo, per poter sfruttare il tema sul piano della politica interna possibilmente fino in autunno. Perché i repubblicani rischiano di perdere le loro maggioranze nella Camera dei rappresentanti e nel Senato alle elezioni di mid-term che si terranno a novembre.

A giugno MSCI inizia a inserire le azioni A cinesi in alcuni degli indici più importanti Molti investitori attendono con ansia l’inizio di giugno, perché MSCI inserirà per la prima volta ben 230 azioni cinesi quotate sul continente (azioni A) nel suo indice globale degli Emerging Markets e nel suo indice mondiale.  Ciò potrebbe dare luogo a ulteriori flussi di capitali verso queste azioni da parte di investitori stranieri che orientano molto i propri portafogli in base a questi indici. MSCI in ogni caso inserirà le azioni cinesi in maniera limitata, per poi aumentarne gradualmente il peso in futuro. Entro la fine dell’anno le azioni A dovrebbero rappresentare lo 0,7% dell’indice MSCI EM; fino alla fine del processo la loro quota potrebbe aumentare al 18% circa. Insieme alle azioni H (le azioni cinesi scambiate a Hong Kong) già rappresentate nell’indice, le società cinesi potrebbero costituire infine oltre il 40% dell’intero indice MSCI nell’arco dei prossimi anni.

Questo è dunque uno sviluppo molto significativo che, da un lato, dovrebbe far aumentare notevolmente l’interesse degli investitori per le azioni cinesi e, dall’altro, potrebbe contribuire a promuovere lo sviluppo dei mercati finanziari cinesi e liberalizzare e facilitare la circolazione dei capitali. In fondo, sono state anche le severe restrizioni alla circolazione dei capitali a scoraggiare MSCI a inserire prima le azioni A cinesi nell’indice.  Allo stesso tempo MSCI ha avvertito gli investitori delle sfide persistenti legate a questa asset class, come ad esempio, le forti oscillazioni e i rischi in materia di corporate governance.

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